Senza categoria

Accanto, senza conoscersi

Loading

Introduzione alla lectio divina su Gv 1, 29-34

19 gennaio 2014 – II domenica del tempo ordinario

 

29 Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30 Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31 Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele”. 32 Giovanni testimoniò dicendo: “Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34 E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio”.

 

 

Caravaggio, San Giovanni sdraiato, 1602?, Collezione privata Monaco di Baviera

 

Accade a volte di vivere anche una vita intera accanto a una persona e poi di sorprendersi un giorno, nel bene o nel male, nello scoprirla totalmente diversa da come la si pensava. “Pensavo di conoscerla, e invece…”.

Questo paradosso vibra forte nelle parole di Giovanni Battista.

Io non lo conoscevo, ma… Lo dice due volte Giovanni.

Non lo conoscevo, ma sono venuto per farvi vedere chi è lui, in base a quello che ho visto e capito io stesso. Non lo conoscevo, ma ora posso mostrarvi chi è.

Bella e importante questa ammissione di ignoranza. Non è vero infatti che Giovanni “non conoscesse” Gesù, con cui anzi era imparentato. Le mamme erano, infatti, cugine e i due bambini dovettero nascere a pochi mesi l’uno dall’altro. Peraltro, stando al vangelo di Luca, Elisabetta, ricevendo al sesto mese di gravidanza la visita della cugina, le si rivolge chiamandola “la madre del mio Signore” (Lc 1,43), affermando anche che il piccolo Giovanni avrebbe esultato di gioia nel proprio grembo sentendo la voce di Maria. Evidentemente, secondo l’evangelo di oggi, il Battista, crescendo, doveva aver stentato a riconoscere in quel cugino il suo Signore, tanto da affermare, appunto “Io non lo conoscevo”. Nel tempo, si era creata anzi quasi una sorta di rivalità tra i discepoli dei due rabbi, tanto che i seguaci di Giovanni un giorno gli riferiscono: “Rabbi, colui che era con te al di là del Giordano, al quale tu hai reso testimonianza, ecco, egli battezza, e tutti vengono a lui” (Gv 1,26); e ancora “Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni” (Gv 4,1).

Tuttavia, e questo è il secondo paradosso, Giovanni arriva a definire Gesù colui che, pur essendo dietro di lui, è avanti a lui, perché “prima” di lui. Sembra un gioco di parole, ma vale la pena soffermarvisi. Oggi molti teologi affermano che Gesù dovette essere inizialmente discepolo del Battista, o che comunque, come ha scritto anche Ratzinger nel suo “Gesù di Nazaret”, abbia condiviso con lui l’appartenenza alla comunità degli Esseni. L’iniziale discepolato di Gesù potrebbe spiegare l’espressione Dietro di me viene uno che è avanti a me. Il termine usato è infatti “opiso mu”, che significa “dietro” oltre che “dopo” (è la stessa espressione che Gesù rivolge a Pietro quando, apostrofandolo come “Satana” gli dice “Vieni dietro a me” in Mc 8,33 e Mt 16,23, riconducendolo appunto al suo ruolo di discepolo).

Dunque Giovanni Battista “al culmine del suo successo, della sua notorietà e dell’accettazione della sua missione, dice che in mezzo a loro c’è uno che non conoscono, ma che lui conosce. Dicendo che questo personaggio presente ma non ancora conosciuto è più grande di lui stesso, il Battista attiva il desiderio di conoscerlo” (Ugo Vanni).

Riguardo all’immagine dell’agnello di Dio, il richiamo è chiaramente all’AT: ogni giorno infatti veniva offerto nel tempio un agnello sacrificale per chiedere perdono dei peccati, così come a Pasqua il sangue dell’agnello sulle porte garantiva e difendeva dal male. Sulla stessa linea, Gesù è anch’egli un agnello che ristabilisce la pace con Dio, ma è anzi proprio “l’agnello divino che realizzerà le prerogative dell’agnello del tempio e dell’esodo in maniera infinitamente superiore” (U. Vanni). E se Giovanni immergeva, quasi tuffandoli, i peccatori nell’acqua, Gesù li tuffa nel dinamismo dello Spirito, che innesca una vita totalmente nuova.

Non sappiamo cosa abbia realmente visto Giovanni (cfr. vv. 29.33.34), ma sappiamo cosa ha compreso, perché ce lo ha appunto testimoniato.

Il suo percorso è stato quello del conoscere, disconoscere e poi finalmente Ri-conoscere.

Somiglia, in effetti, a tanti nostri percorsi di fede: all’inizio conosciamo Dio con la nostra fede bambina. Un Dio familiare, fatto di preghiere e devozioni che ci vengono impartite con l’educazione, in famiglia o al catechismo. Crescendo spesso questa immagine di Dio va in frantumi, entra in crisi. Dal conoscere passiamo al disconoscere, al sentirci estraneo e ormai stretto quel Dio moralista e giudicante che sovente ci è stato cucito addosso.

Infine, se la fede supera questa crisi, arriviamo al riconoscere nuovamente Dio, che ha assunto fattezze ormai diverse da quelle che conoscevamo da bambini.

E se lo riconosciamo realmente, curvo su di noi a fasciare le nostre ferite di una vita, allora non possiamo non testimoniarlo per come lo abbiamo visto. Come l’amico, e il Signore, ritrovato da Giovanni.

 

 

Valentina Chinnici

 

CLICCA QUI PER SCARICARE IN PDF

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *