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Perché trasmettere la conoscenza artistica?

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di Valeria Viola

Venerdì 20 Marzo si è concluso il convegno italo-francese dal titolo Perché trasmettere la conoscenza artistica? Il contributo dei musei, durante il quale si è sondata l’efficacia della collaborazione già in atto tra le istituzioni della scuola e dei musei al fine di trasmettere i saperi dell’arte.

L’incontro si è svolto nell’aula di San Pier Scheraggio degli Uffizi a Firenze e presso l’Istituto Francese a Palazzo Lenzi, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana, ed è stato organizzato dalla Galleria degli Uffizi, dal Museo del Louvre, dall’Anisa (associazione nazionale degli insegnati di storia dell’arte), dall’Histara (EA 7347/Ecole Pratique des Hautes Etudes), dal Ministere de la Culture, Departement de la politique des publics, Direction generale des Patrimoines e dall’Institut Francais di Firenze.

I nostri lettori saranno lieti di sapere che al convegno era presente anche una delegazione in rappresentanza della Sicilia, nella quale spiccava la presenza della indefessa Maria Antonietta Spadaro, vice-presidente della ANISA.

L’evento ha fatto seguito al convegno Perché insegnare la storia dell’arte? tenutosi nel 2009 sempre a Firenze ed ha quindi evidenziato l’intento di creare un appuntamento cadenzato che consenta un monitoraggio periodico dello stato dell’educazione all’arte in Europa. Nelle tavole rotonde si è discusso dei temi chiave della trasmissione artistica, della situazione dell’insegnamento dell’arte in Francia e in Italia, della responsabilità culturale dello Stato, dell’approccio all’opera d’arte tra sensibilità e ragione, di musei e trasmissione dello stato dell’arte, di altre strade per la trasmissione dell’arte e, infine, del sapere sull’arte tra conoscenza e cultura.

Personalmente, abbiamo notato qualche difficoltà nell’auditorio dovuta all’uso della doppia lingua, dato che è stato limitato a pochi momenti l’intervento di persone che traducevano dall’italiano al francese e viceversa e che con pochi si è potuto avere una conversazione privata in lingua inglese; in ogni caso, l’esperienza di un confronto è stata comunque positiva: sono stati scambiati contatti ed idee ed organizzati incontri futuri attraverso piattaforme educative, se non di presenza.

D’altra parte, in questi contesti risultano interessanti anche i confronti fra esperienze legate a diverse parti della stessa Italia; sorprendente, in questo senso, è stato il confronto tra la realtà fiorentina degli Uffizi e quella napoletana del Museo di Capodimonte: a partire dagli stessi problemi (che, si è visto, sono spesso finanziari) si sono trovate soluzioni differenti per organizzare l’attività di didattica museale.

Tra le buone pratiche mostrate al laboratorio svoltosi parallelamente alla conferenza, interessante è stata l’esperienza di scuola-lavoro presentata dalla prof.ssa Flavia Colonna di Anagni: grazie alla collaborazione della Galleria d’Arte Moderna Nazionale di Roma, alcuni studenti del liceo classico Dante Alighieri non solo hanno potuto comprendere che l’Arte può dare spunti lavorativi, ma hanno vissuto in prima persona le attività del museo, dalla catalogazione all’allestimento, all’incontro con artisti viventi. L’uso delle tecnologie di comunicazione ed informazione nel rapporto con i musei è stato, invece, il nucleo del nostro intervento: sono state socializzate ai colleghi italiani e francesi le attività sulle piattaforme educative (prima fra tutte eTwinning) che alcune classi dell’I.C. Ventimiglia di Belmonte Mezzagno hanno portato avanti negli ultimi anni per approfondire la conoscenza della storia dell’arte e integrare le attività di visita ai musei.

Relativamente alle esperienze sul campo, forse il convegno avrebbe potuto integrare di più la conferenza principale con il laboratorio, per dare più spazio al contributo dal basso. Infatti, l’incontro  sulle “buone pratiche” della scuola si è tenuto separatamente rispetto alla conferenza; tuttavia, si è cercato di colmare questa lacuna con un piccolo sunto finale dei moderatori del laboratorio, tra i quali ricordiamo il contributo di Silvia Mascalchi che ha avuto il merito di selezionare le pratiche più inerenti al tema del convegno.

Nutriamo la speranza che Palermo possa sempre di più gravitare intorno a questi momenti di incontro e che possa essa stessa farsi centro per confronti di carattere internazionale.
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