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Lo sport come esperienza religiosa

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 di Marcello Longo

 

Le analogie tra sport e vita, tra prestazione atletica e sentimento religioso, sono davvero tante.

La Chiesa post conciliare non ha mancato di coltivare e promuovere una pastorale “sportiva”, riconoscendo all’attività fisica modalità privilegiate per far emergere virtù umane capaci di rafforzare insieme al corpo anche l’anima.

Così, tanti giovani hanno avuto modo di partecipare ad attività di oratorio, tornei organizzati dalle parrocchie, nel corso dei quali quei ragazzi aggregati sotto il comune denominatore della passione sportiva si sono lasciati trascinare in “allenamenti di vita e di fede”, tracciando percorsi di maturazione spirituale condotti congiuntamente con forme di esercizio fisico.

Non mancano esempi di “campioni” sportivi che non hanno nascosto la propria fede vissuta profondamente e che hanno dichiarato di trarre le proprie risorse “fisiche” in ispirazioni soprannaturali, “testimoni della fede” innamorati di Cristo ed appassionati di sport.

Del resto, lo sport, depurato da agonismi eccessivi ed aggressività nei confronti dell’avversario ha molti princìpi in comune con la fede.

Nello sport come anche nella preghiera occorrono allenamento fisico, concentrazione mentale, impegno, responsabilità, costanza e raccoglimento.

Non vi è mai stato alcun esempio di “performance” sportiva che non fosse supportata da un buon “allenamento”, ed anche nei casi in cui si è parlato di sportivi “talentuosi” ma “sregolati”, la carenza di esercizio è sempre stato un limite alla piena espressione delle proprie “doti”.

Nello sport, l’umiltà è un valore per superare i propri limiti e tendere al miglioramento delle proprie prestazioni fisiche, così nella fede l’atteggiamento più opportuno da adottare è quello di chi riconosce le proprie debolezze e si affida all’aiuto di Dio.

Il confronto con l’altro, poi, porta a ad una sana “gara” anche nello stimarsi a vicenda.

Lo sport è relazione e dialogo, con i compagni di squadra, ma anche con gli avversari; con questi ultimi si interloquisce per raggiungere degli obiettivi e per condurre a buon fine il proprio intento, ma anche per difendere il proprio orgoglio e superare le proprie carenze.

La relazione ed il dialogo, poi, risultano necessari anche nel rapporto tra atleti ed ambiente, laddove gli sportivi sanno che le forze vadano dosate in base alle condizioni circostanti: un caldo torrido, un gelo assiderante, una salita ripida, un terreno insidioso o una pioggia battente.

Nello sport l’atleta è libero, ma pur sempre guidato da alcune regole che servono a temperare le tentazioni di “disordine e caos”; così anche l’uomo di fede è soggetto ad un codice etico prima ancora che al rispetto dei “comandamenti”.

Quanta collaborazione, poi, sui campi da gioco, perché l’unione fa la forza e tale principio vale tanto materialmente che spiritualmente.

La solidarietà, invece, è fondamentale soprattutto nei momenti di difficoltà, in ipotesi di infortunio, nelle sconfitte, mentre la condivisione è importante per vivere in pienezza il raggiungimento di un obiettivo.

Nello sport è fondamentale, inoltre, saper controllare le proprie reazioni e calmierare eventuali frenesie, dosare le proprie forze e riservare le proprie energie, fisiche e mentali, applicando quel dominio di sé necessario anche per diventare uomini e donne maturi nella fede.

Quanti elementi in comune tra sport e fede! Ma ciò che accomuna maggiormente i due ambiti in argomento al punto da potere sostenere che lo sport sia una vera e propria “esperienza religiosa” è il valore del sacrificio, quella capacità di soffrire e superare la tentazione di lasciarsi sopraffare dalla debolezza umana.

L’atleta raggiunge i propri obiettivi esclusivamente versando tanto sudore ed applicando energie fisiche e mentali per superare i momenti di crisi che insidiano l’impresa.

Così, analogamente, il Progetto di Dio su ciascuno di noi può essere compiuto esclusivamente seguendo l’esempio di Cristo il quale “pur avendo natura divina” ha dovuto soffrire (e quanto) fisicamente e moralmente, superando le proprie personali debolezze per raggiungere il traguardo più importante: godere dell’amorevole abbraccio del Padre.

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