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Per una teologia vivente

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Dal sito stampa.chiesadipalermo.it

Il 19 ottobre scorso, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana – mons. Matteo Maria Zuppi – ha inaugurato l’anno accademico della Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista” con una prolusione intitolata “L’uomo è la via di tutte le religioni”. Nella splendida cornice della Cattedrale di Palermo, Zuppi ha presentato una sorta di manifesto per una teologia vivente che a partire dal magistero di Francesco abbia una rilevanza su questioni come la pace, il dialogo interreligioso, i rapporti fra le culture.

La prospettiva dell’arcivescovo di Bologna è quella di una teologia a servizio sia della Chiesa sia dell’umanità e, quindi, destinata a studiare e proporre un pensiero sulla tradizione e sull’evoluzione nei secoli, sulle debolezze dell’uomo e sui suoi sogni, sulle antiche verità e sui moderni linguaggi umani. Per Zuppi, si tratta di una teologia capace tanto di «ascoltare e comprendere la complessità della nostra vita e del mondo» tanto di mantenere costante e saldo il rapporto con la Chiesa. In tal modo risulta possibile quanto previsto dalla lezione del Concilio Vaticano II ovvero portare il Vangelo dentro la vita degli uomini e condividere fatiche e gioie degli stessi attraverso una teologia che «vive del corpo a corpo con le esistenze umane, con le loro gioie e sconfitte, e con le grandi sfide storiche: la pace e la guerra, la difesa urgente dell’ambiente e la lotta per la giustizia sociale».

Il locus theologicus di simile impostazione è l’umanità riletta alla luce delle categorie cristiche cioè di un umanesimo cristiano aperto alla relazione con Dio e con gli uomini e incessantemente vivificato dalla forza innovatrice del messaggio evangelico. Così, per il presidente della CEI, la teologia è «un’eco delle parole e dei gesti di Gesù, fedelmente e sapientemente riproposti alle donne e agli uomini di oggi». Allora le attività tipiche dello studiare come il silenzio, la meditazione, la riflessione, la ricerca non possono più pensarsi come momenti di allontanamento dal mondo bensì come attività finalizzate a generare un’attenzione alle persone, alla storia, alla vita. Da ciò ne consegue una teologia che, per via del suo radicamento nella carità, sia in grado di produrre cultura, progetti, interpretazioni profondamente connesse alla storia umana.

Inoltre, la teologia vivente delineata da Zuppi rappresenta un tentativo volto a superare alcuni limiti della comunità ecclesiale. In primo luogo quello connesso alla polarizzazione tra cattolico conservatore e progressista. Per il cardinale, infatti, spesso nel dopo Concilio i cristiani «si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre!» tanto da preferire «essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti».

Oltrepassare le polarizzazioni significa impegnarsi a custodire la comunione al fine di divenire “una cosa sola”. Poi, la teologia vivente ha l’impegno di sorpassare la divisione tra saperi e scienze che oltre a marginalizzare la fede ha impoverito la cultura. E, infine, questa declinazione della teologia è chiamata ad avere attenzione alle persone a cominciare dagli studenti delle facoltà teologiche italiane che, invece di essere semplici utenti, devono sempre più divenire protagonisti di una straordinaria avventura che è la ricerca personale, teologica e pastorale che lega la Chiesa al mondo.

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