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La solitudine dei cattolici

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di Giuseppe Savagnone

 

 

Il dato secondo cui il 52% dei cattolici americani ha votato per Donald Trump, contro il 45% di quanti hanno scelto Hillary Clinton, conferma che nel mondo cattolico, a dispetto di quanto va dicendo, dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco, la difesa della vita dell’embrione e quella del matrimonio tra uomo e donna (due dei famosi “valori non negoziabili”, ampiamente misconosciuti dalla Clinton e dai democratici) rimangono ampiamente prioritari rispetto al problema dell’accoglienza dei migranti e in generale dei “diversi” (su cui Trump aveva espresso e ha confermato una decisa chiusura).
Al di là delle percentuali, però, il dato in questione conferma soprattutto l’esistenza di un oggettivo disagio che – non solo in America – spacca i cattolici in due fazioni a cui essi, oggettivamente, sentono di non poter mai pienamente appartenere, perché entrambe estranee al loro DNA.

 

 


La prima, quella che privilegia la battaglia contro l’aborto e i matrimoni gay, può anche apparire, agli occhi di molti, come rappresentativa dei valori cristiani, perché ampiamente pubblicizzata da eventi come l’ultimo Family day e da strumenti di comunicazione cattolici. Ma ha l’evidente limite di non corrispondere al progetto, più volte ribadito dalla Chiesa, di tutelare la vita dal momento del suo concepimento a quello del suo termine naturale (contro l’eutanasia), e non soltanto nel momento del suo concepimento e in quello del suo termine.

 

 


Troppo spesso partiti e ideologie – in America Trump, in Italia la Lega – che si sono presentati come rappresentanti dei valori cristiani, hanno dimenticato che tra l’inizio e la fine c’è un arco di vita che spesso vede penalizzati i più deboli, i più poveri, gli stranieri, e di cui un cristiano non può non farsi carico almeno con la stessa cura con cui si preoccupa dei non nati e dei morenti. I cattolici “arruolati” da questi partiti possono certamente scegliere la via dell’incoerenza e aderirvi senza riserve, come è accaduto anche da noi, ma non c’è pagina del Vangelo che non gridi contro questa cecità e non ne segni la condanna.

 

 


Anche la seconda posizione trova aderenti nel mondo cattolico, di solito in ambienti più colti e più sensibili alle istanze sociali, come sono spesso quelli “di sinistra”, tanto negli Stati Uniti che in Italia. Ma anch’essa, se appena si cerca di uscire dalla logica dagli slogan “progressisti” (in fatto di slogan, la “destra” e la “sinistra” si equivalgono), inneggianti ai diritti, si rivela decisamente inadeguata alla visione evangelica. E non perché troppo “di sinistra” ma perché, paradossalmente, tributaria di un individualismo che appartiene anch’esso, pur se in modo diverso dal populismo di Trump e della Lega, alla tradizione della destra.

 

 


Con la fine del marxismo (di cui peraltro c’è, per molti versi, da rallegrarsi), in realtà, l’Occidente appare diviso tra due forme diverse, ma complementari, della vecchia cultura di destra: quella (tipica delle varie forme di fascismo) che fa leva sulla “pancia” delle masse per scatenare i loro risentimenti verso chiunque minacci il loro benessere e le loro ataviche certezze; e quella (di matrice liberal-borghese), più raffinata, che punta sulla difesa indiscriminata dei diritti individuali, contro tutte le limitazioni che potrebbero derivare da considerazioni di ordine etico, attaccate sistematicamente come “repressioni”. Marx le disprezzava entrambe, ma, soprattutto nei Paesi come il nostro, dove il marxismo era diffuso, gli orfani di questa ideologia sono riusciti a far credere che la seconda forma sia “di sinistra”.

 

 


La verità, difficile da far accettare sia dai cattolici che dagli altri, è che oggi a essere “di sinistra” – intendendo con ciò una attenzione a tutti i poveri della terra, in nome della fraternità e della giustizia, senza discriminazioni – è rimasto solo il cristianesimo. Per questo ai cattolici, quando sono coerenti (il che non accade sempre…), sta “stretta” anche la visione che, se da un lato difende i diritti delle persone già nate e non ancora morenti, dall’altro però interpreta questi diritti nella logica di un individualismo possessivo (della serie “l’utero è mio e ne faccio quello che voglio”) che misconosce il discrimine tra il vero e il falso, il bene e il male, riportando queste alternative a scelte meramente soggettive e insindacabili, di cui la comunità deve solo prendere atto.

 

 


È in nome di questa “libertà” rispetto alla realtà che si pretende di poter decidere quali esseri umani sono persone e quali no – si ricordino le parole di un famoso bioeticista, Tristram Engelhardt: «Non tutti gli esseri umani sono persone. Non tutti gli esseri umani sono autocoscienti, razionali e capaci di concepire la possibilità di biasimare e lodare. I feti, gli infanti, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in coma senza speranza costituiscono esempi di non-persone umane» – e di poter annullare il valore della corporeità, con la sua identità sessuale, come se fosse un accessorio trascurabile.

 

 


I cattolici, così, oggi sono soli. La loro visione delle cose comporta il rispetto per l’essere umano – considerato sempre e comunque immagine di Dio – , che questa immagine risplenda nel volto di un povero rifugiato o si celi in una struttura genetica che non si è ancora esplicitata, ma che porta in sé, già presente, il sigillo del DNA umano. Così come comporta la considerazione integrale dell’essere di questa persona, costituita nella sua realtà spirituale e fisica, che la rende capace di realizzare la relazione sponsale tra l’uomo e la donna. Ma questo sforzo di essere fedeli alla realtà rende i credenti marginali rispetto a forze molto più potenti, le quali o misconoscono il volto dei poveri già nati o negano quello dei non nati e, degli stessi nati, distorce l’identità.

 

 


Resta da chiedersi se da questa infelice situazione sia possibile uscire. Magari realizzando un’alternativa che, anche a livello di proposta politica, riconcili in un unico progetto le due anime di verità presenti nella destra e nella (finta) sinistra, e che comprenda, perciò, la difesa degli esseri umani – profughi, embrioni, poveri, minoranze razziali, malati in stato terminale… – sempre e dovunque. Un’alternativa che probabilmente vedrebbe confluire tante persone che non credono in Dio, ma nell’uomo (maschio e femmina) sì. E che perciò non darebbe luogo a un partito “cattolico”, ma a uno semplicemente umano. Come una volta Einstein, su un modulo necessario per entrare negli Stati Uniti, dove si chiedeva la razza del viaggiatore, scrisse: «Umana».

 

 


 

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