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Avanguardie della didattica: “Filosofia coi bambini”

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di Marianna Carrara

Filosofia coi Bambini è una pratica educativa originale che si rivolge ai bambini e alle bambine delle scuole dell’infanzia e primaria, dai 4 ai 10 anni. Il metodo è nato a Pesaro nel 2008 grazie ad un’idea di Carlo Maria Cirino e Cecilia Giampaoli, come Centro di ricerca artistica e filosofica rivolto ai bambini. Dopo tre anni, la sezione filosofica si è specializzata e ha iniziato una sperimentazione, che è diventata, presso l’Università degli studi di Urbino Carlo Bo, un progetto di Dottorato in Scienze della Complessità. Curato da Carlo Maria Cirino sotto la supervisione del professore Vincenzo Fano, ha assunto la denominazione di Filosofiacoibambini. Attualmente Filosofia coi Bambini vanta la presenza di un gruppo di 43 filosofi ed insegnanti in più di 30 istituti scolastici nel territorio nazionale 150 classi e circa 3000 bambini coinvolti, oltre all’impegno nel campo della formazione in numerose città italiane e della divulgazione in occasione di importanti eventi culturali (Salone del Libro, Popsophia, Passaggi Festival…).

Ma come può la filosofia entrare nelle classi, nella vita dei più piccini? Proprio la filosofia che da sempre viene considerata quella materia noiosa che siamo costretti a studiare al liceo ma che nei fatti sembra, ai più, non servire a nulla o a poco. Già il nome del metodo desta perplessità iniziali: Filosofia coi bambini associa un termine come filosofia, che rimanda a concetti teorici spesso molto complessi ai bambini, cioè soggetti che hanno bisogno di sudare, giocare, sporcarsi, insomma di fare esperienze concrete.

Invece è proprio la filosofia che si propone di diventare un nuovo aiuto alla didattica: cosa più della filosofia, d’altronde, ha l’obbligo morale di contribuire a risolvere i problemi della didattica tradizionale?

L’originalità del metodo sta proprio in questo: le attività di filosofia coi bambini mirano a sviluppare e allenare capacità quali l’immaginazione, il pensiero ipotetico, il pensiero divergente e, non da ultimo, a esplorare ricchezze e possibilità del linguaggio. Una filosofia senza i grandi temi classici, spesso portati a scuola in modo preconfezionato e dottrinale, ma che fa leva sul mondo dei bambini, fatto di oggetti, parole e storie. Uno dei suoi punti di forza è la continua ricerca e sperimentazione effettuata ogni giorno in classe: ciò permette di capire come intervenire per accrescere il potenziale dei bambini nel miglior modo possibile e quindi modificare, laddove fosse necessario, il lavoro svolto dai filosofi in classe.

Il progetto si snoda attraverso un percorso laboratoriale – un’ora a settimana nell’ambiente scolastico per un ciclo di dieci o venti incontri – il quale, partendo da pretesti e parole semplici che fanno parte della quotidianità, permette ai bambini di mettere in moto la loro capacità immaginativa, elaborando pensieri e concetti che scavalcano l’evidenza, e di cogliere la complessità della realtà che li circonda. Oltre all’ampliamento del linguaggio, obiettivo centrale di filosofia coi bambini, ci si concentra sul controfattuale: “E se…? Oppure…?”, sono le domande con cui il Filosofo stimola i bambini, alla ricerca di mondi possibili. Il lavoro consiste nel pensare un’assenza: una competenza che tutti i bambini dovrebbero possedere grazie alla loro capacità di giocare simbolicamente. Invece si parla di crisi del gioco simbolico, intendendo una calante capacità dei bambini di immaginare di essere dei cavalli, o di usare una scopa come se fosse un cavallo. Sempre più i bambini fanno uso di modelli riduzionistici come i modellini dei cavalli o peggio si utilizza il tablet dove il cavallo sembra di averlo realmente davanti agli occhi, anche se si tratta di un cavallo virtuale. Allenare i bambini “al facciamo finta che” apre in loro un ventaglio di mondi possibili, sfruttando al meglio una facoltà fisiologicamente propria alla loro età.

Nessuna lezione frontale, né voli pindarici di fantasia; evitando i grandi temi come la vita, la morte, l’amore, la giustizia, l’immaginazione e la plasticità mentale vengono allenate in quanto facoltà centrali dello sviluppo, facendo leva sul gioco simbolico, basandosi sui pretesti dei singoli laboratori (isole, gorilla, sassi, sogni, cucchiai…).

Il filosofo coi bambini non si siede mai dietro una cattedra a discutere circa il senso della vita ma probabilmente si siede per terra, con i bambini in cerchio e con il gioco, gioca con le parole, i suoni, la fantasia. Conduce il laboratorio in modo dinamico, vivo, ritmato. Non dirige il pensiero dei bambini verso una soluzione preconfezionata, non tende verso una classica morale della storia; bensì pungola, diverte, meraviglia i bambini che, del tutto assorbiti e affascinati, provano sincero piacere nel trovare soluzioni sempre nuove e originali in risposta agli stimoli del Filosofo. Lasciamo che siano i bambini ad insegnare qualcosa a noi. Lasciamo che i bambini siano bambini, lasciamogli lo spazio per esprimere se stessi, i bambini pongono domande alle quali non rispondiamo anzi, rigiriamo la domanda a loro stessi per stimolarli nel porsi altre domande ancora.

Esattamente un anno fa tramite un workshop organizzato a Palermo e tenuto direttamente dal dottor Cirino, filosofia coi bambini sbarca finalmente in Sicilia. Dopo un anno di intenso lavoro teorico e pratico (più di 30 ore di tirocini svolti nelle classi di alcune scuole di Palermo, Bagheria, Caccamo e di Trapani monitorati dai filosofi coi bambini Giovanna Ginevra Stella e Daniela Basile) in sei siamo diventate filosofi coi bambini: Maria Anna Carrara, Francesca Lo Buglio, Veronica Cerniglia in provincia di Palermo e Roberta Milicia, Marina Di Giovanni, Doriana Prinzivalli in provincia di Trapani. Tanto è stato l’impegno per portare filosofia coi bambini nella nostra terra, nelle nostre scuole e tante sono le difficoltà che abbiamo incontrato: in primo luogo la diffidenza e anche alle volte la chiusura nei confronti di un progetto nuovo e che sconvolge in un qualche modo il metodo educativo tradizionale ma che non per questo rappresenta un pericolo, al contrario diviene un valido complemento alla didattica tradizionale e una frontiera innovativa in campo educativo e filosofico.

Ma tante sono le soddisfazioni raggiunte: bambini/e, genitori e insegnanti che hanno accolto con fervore il progetto e si sono battuti per realizzarlo in molte scuole nella provincia di Palermo, tanta partecipazione durante i laboratori aperti che abbiamo organizzato in alcune librerie della nostra città e durante il SabirFest tenutosi a Catania dal 13 al 16 Ottobre.

Siamo fermamente convinte che la Sicilia, probabilmente anche più di altre regioni, abbia bisogno di respirare una nuova aria, l’aria del cambiamento, del progresso che deve partire proprio dall’educazione. Dovremmo essere tutti/e stanchi/e di vedere bambini/e che non guardano, chini a completare schede o a colorare secondo uno schema, che non alzano più la testa e che con molta probabilità diverranno degli adulti disillusi, incapaci di pensare che le cose possono cambiare e che possono essere diverse da quelle che sono. Ma sappiamo come Palermo e tutta la Sicilia in particolare abbia bisogno proprio di questa speranza.


 

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