Don Pietro Magro – S. Espedito

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INTERVISTA A DON PIETRO MAGRO

PARROCCHIA DI SANT’ESPEDITO

15.10.2012

 

 

Sant’Espedito è la parrocchia della mia infanzia e conserva per me il calore di un luogo familiare. Don Pietro è impegnatissimo, riesce a ricevermi tra una riunione e un funerale dopo avere meticolosamente pianificato e programmato, insieme con il consiglio pastorale e le numerose commissioni che ha istituito, gli incontri e le attività della parrocchia, che si svolgeranno nel corso dell’anno e che si trovano ampiamente illustrate all’ingresso della Chiesa.

 

Quanto è grande la parrocchia?

Ci sono quasi 12.000 abitanti.

 

Qual è il rapporto tra il numero dei parrocchiani e quello di coloro che frequentano la messa domenicale con una certa costanza?

Non sono in grado di dire il numero preciso, però tutte le messe sono frequentate, mi sento di dire che un’alta percentuale di persone partecipa alla messa, anche se nelterritorio parrocchiale insistono almeno quattro chiese e in ognuna si celebrano due o tre messe.

 

È prevalente il radicamento territoriale o vi sono persone che vengono da zone territoriali diverse?

Vi sono persone che vengono da altre parti della città per i più svariati motivi. Molti vengono dal territorio della parrocchia in cui celebravo prima di venire a Sant’Espedito, altri vengono per il tipo di predicazione che faccio, altri ancora partecipano alla messa della sera per comodità, perché vengono a fare spese e poi si fermano per la messa delle 19.00.

 

Nel territorio parrocchiale, come cercate di raggiungere i non praticanti o non credenti?

Questo è uno dei problemi che certamente dobbiamo affrontare. Da quest’anno ho cominciato la benedizione delle case ogni giovedì e questo mi consente di conoscere meglio le persone e il territorio. Ho anche rivalutato il consiglio pastorale in modo da trovare delle piste pastorali. Il consiglio pastorale non è il luogo in cui il parroco va a dire quello che ha pensato e che gli altri silenziosamente accettano. Bisogna, invece, dividersi in commissioni competenti nei diversi ambiti. Le commissioni si stanno radunando per cercare delle piste pastorali e poi vedremo come attuarle. Proprio adesso ho finito un incontro con la commissione per il mondo missionario e parlavo di come dobbiamo cercare lo specifico dell’essere una Chiesa missionaria, individuando l’identità della nostra comunità anche in questo campo. Quindi siamo alla ricerca di identità da cui poi far scaturire le opere.

 

Ci sono attività di formazione che vanno al di là del catechismo per i bambini e i ragazzini fino alla cresima? I catechisti per la preparazione alla prima comunione e alla cresima vengono preparati, a loro volta? Come? Da chi?

Si ci sono. Proprio ieri hanno fatto una gita a Castelbuono i ragazzi che vanno dalla V elementare alla III media. I ragazzini si incontrano il sabato pomeriggio.

Siamo sempre alla ricerca di catechisti giovani. Ho detto ai catechisti che dobbiamo trovare un nome al gruppo, facendolo proporre da loro stessi. Un nome può aiutare a definire l’identità del gruppo. Il lunedì sera si riuniscono i ragazzi più grandi, che frequentano dalla prima superiore all’università.

Poi c’è il gruppo degli universitari seguiti dal prof. Savagnone. Tutti i gruppi sono tenuti da almeno due catechisti, un uomo e una donna che possano essere figure di riferimento.

Ogni gruppo deve eleggere una messa in cui incontrarsi e da animare, per trovare la completezza del cammino spirituale e formativo. Non è che basta soltanto l’idea; l’idea si deve calare nella realtà dell’incontro.

I momenti formativi sono importanti, ma poi tutto deve tendere all’incontro con il Signore nella messa.

Per questo chiedo che i ragazzi sposino una messa, anche se a volte è difficile, perché ci sono ragazzi che vengono da altre zone richiamati dagli amici o dal nome di Savagnone.

Questo gruppo sta diventando numeroso, forse bisognerebbe riparlare a livello diocesano e dovrebbero sorgere gruppi di questo tipo anche in altre parrocchie.

E’ importante che si formino delle persone che diventino delle guide per i ragazzi, per evitare di legare un gruppo ad una persona, che se poi viene a mancare viene meno anche il gruppo. Invece, la comunità di una parrocchia deve creare quella continuità che vada oltre le persone. Se domani il vescovo mi dice di prendere le valigie, la comunità deve continuare a vivere, noi stiamo facendo un cammino in questo senso. Per questo abbiamo già organizzato un progetto pastorale che appartiene alla comunità e non soltanto al parroco. Io spero di suscitare un interesse per cui si possa diventare una comunità capace di guardarsi intorno per affrontare anche i bisogni che ci sono all’esterno della comunità.

Per quanto riguarda la formazione dei catechisti, prima di tutto c’è il problema che spesso cambiano. Quest’anno se ne sono andati in sette. Dobbiamo prendere persone di buona volontà e ci stiamo impegnando a far si che crescano. Ci sono persone che lo fanno da tanto tempo e hanno seguito dei corsi. Peraltro in parrocchia quest’anno comincia la scuola teologica di base ogni lunedì sera e ho visto che diversi catechisti si sono iscritti. Durante l’anno facciamo anche degli incontri, diamo loro dei sussidi, siamo abbonati a riviste.

 

Qual è la percentuale di ragazzi che continua a frequentare la parrocchia dopo la cresima? C’è un gruppo giovanile permanente? Che età hanno i partecipanti in media?

Non sono molti. L’anno passato abbiamo anticipato la data della cresima a febbraio e dal sabato successivo i ragazzi sono quasi tutti scomparsi. C’è da dire che molti erano di altre parrocchie e questo è un problema.

Io dico, anche per le iscrizioni alla prima comunione, che i bambini devono essere del territorio parrocchiale ed è una lotta continua, perché la gente non ha il senso di appartenenza e va a cercare altre chiese o segue il compagnetto. E’ sbagliato, perché si deve crescere nel proprio ambiente. Non è bene cambiare parrocchia solo per il catechismo, non c’è la ricerca di una identità spazio temporale. Poi realizzata la prima comunione o la cresima è finito tutto.

 

Quali sono i rapporti tra la parrocchia e le associazioni, i gruppi e i movimenti (Azione cattolica, Scout, etc.) – se ce ne sono – che operano al suo interno?

Ci sono gli scout Agesci ed è un bel gruppo, che lavora in accordo con il parroco. Per quel che mi è possibile cerco di essere presente, partecipo al campo scuola e a qualche riunione.

 

Che ruolo hanno i laici?

I laici sono la comunità. La parola laico significa popolo di Dio. Nel popolo di Dio c’entrano tutti: il Papa, i vescovi, i sacerdoti e all’interno del popolo di Dio ognuno ha un ruolo. Anche se poi – e per me è negativo – si cerca di fare una separazione tra il mondo ecclesiale e il mondo laicale. In realtà, per me, appartengono tutti al popolo di Dio. Peraltro il Concilio Vaticano II parla di popolo di Dio, al cui interno ci sono dei ruoli: il ruolo del pastore, del collaboratore. I laici hanno una responsabilità grande all’interno della comunità.

 

Quali sono i tratti essenziali  della esperienza di fede che vi caratterizza (o che è presente in parrocchia)? Vi riconoscete in una spiritualità particolare?

Nella mia visione metto al centro Cristo Salvatore, che si è rivelato a noi come inviato da parte di Dio e ci ha parlato e ci continua a parlate. Questo è il mio punto di riferimento Dio che parla attraverso la Parola; la centralità della Sacra scrittura, la centralità della Parola che è Cristo. La fede, poi, si dipana in tutti i vari aspetti della vita quotidiana.

Per me non esiste celebrazione senza che io parli riferendomi alla Parola e sarebbe bene che anche gli altri preti parlino riferendosi sempre alla Parola. E’ un Dio che continuamente ci parla. Sottolineo anche l’esperienza dei Santi nella predicazione; la santità vissuta dalla persone, per me, è una dimostrazione che Dio esiste e che Gesù si è incarnato nella realtà trasformando le menti e i cuori delle persone.

 

Qual è il gruppo o il cammino spirituale che ritenete più vicino a quello che perseguite?

Non c’è, anche se all’interno della nostra parrocchia ci sono diverse comunità che operano come le suore delle Ancelle, il Boccone del povero, le Teresiane, la comunità Cristo Sapienza. Ognuno ha la sua spiritualità e io desidero che siano presenti perché ognuna ha una valenza fondamentale. Sono rispettoso di tutti i movimenti spirituali o di ordine religioso che ci sono all’interno della comunità parrocchiale.

Qual è l’iniziativa che vorreste realizzare insieme ad altri gruppi e\o parrocchie?

Non c’è. Se prima non creiamo un’unità all’interno della parrocchia, non possiamo organizzare qualcosa con altre parrocchie.

Purtroppo manca una visione unitaria anche tra noi parroci, non c’è un modello di tipo pastorale e questo è un grosso limite. Quando noi abbiamo gli incontri di vicariato noto che ci sono tante visioni sull’organizzazione della chiesa e diverse approcci pastorali.

Nel mio approccio, come diceva papa Giovanni, deve esserci l’uomo. Io devo guardare l’uomo e i suoi bisogni ed entrare in dialogo con lui, Gesù ci ha insegnato non è l’uomo per il sabato, ma il sabato a servizio dell’uomo.

  

Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della città di Palermo?

I problemi sono tanti a cominciare dalla mafia, poi c’è il problema economico e della mancanza del lavoro. La Chiesa deve essere profetica, deve annunciare, deve capire, deve testimoniare, sollecitare. La chiesa deve essere profezia all’interno della città che è una città cattolica.

 

Cosa ritenete urgente per risolvere o affrontare i problemi, se ce ne sono, della Chiesa di Palermo?

Ci sono tantissimi problemi, le forze sono quelle che sono. Io penso che dipende anche dall’ascolto del Vescovo alle denunce che vengono dal basso da parte della Chiesa, insieme del clero e dei laici.

Forse c’è bisogno di una diversa organizzazione pastorale della Chiesa.

Penso che non si può andare avanti senza avere le forze, abbiamo carenze strutturali e mancano i sacerdoti.

 

Intervista di Luciana De Grazia

 

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