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Schiave bambine a Palermo

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di Serena Termini

 

 

Sono belle, giovanissime e alcune con pochissima consapevolezza del tunnel infernale in cui sono entrate. Sono le oltre 100 ragazze straniere, prevalentemente nigeriane ma in misura minore anche magrebine e romene, che la notte sono costrette a vendere il loro corpo per le strade della nostra città: schiave bambine entrate giovanissime nel circuito della tratta che, una volta in Italia, devono pagare un debito altissimo prima di ritornare forse “libere”. Per loro si fa pochissimo e sembra che il problema non interessi a nessuno. A dirlo sono i volontari che fanno parte dell’unità di strada che assiste le ragazze cercando di dare, oltre ad acqua e cibo, soprattutto un conforto e una possibilità di dialogo.

 

L’unità di strada una volta alla settimana parte con un pulmino da una località del centro storico alle ore 22. Tra i volontari ci sono un frate francescano, un padre salesiano, due donne e una suora comboniana. La prima tappa è all’interno del grande parco della Favorita dove i volontari qualche settimana fa hanno voluto festeggiare il compleanno di una giovanissima ragazza. A riscaldarsi con il fuoco acceso, quella sera, hanno trovato tre ragazze che riconoscendo subito i volontari, li hanno subito salutati con baci ed abbracci. Mancava però la giovane che compiva gli anni.

 

Le ragazze, contente di scambiare qualche parola, hanno chiesto di mettersi in cerchio e di pregare. «Sono vere e proprie bambine – dice la suora comboniana Valeria Gandini da oltre 20 anni impegnata sul tema – che avrebbero ancora voglia di giocare. Quando ci vedono, anche per pochissimo tempo e come se si volessero affidare subito a noi. Nella loro preghiera chiedono di non morire e di allontanare tutti i pericoli della strada».

 

La più disinvolta del gruppo, non prestando attenzione allo squillo continuo del suo telefonino, ha animato in inglese con canti e balli la sua preghiera coinvolgendo anche le sue compagne. Nel frattempo a raggiungere il gruppo è stata anche la festeggiata: una ragazzina che ha detto di compiere 22 anni ma sembrava invece diciassettenne. La giovane, emozionata ed incredula ha accettato volentieri di condividere il dolce e le bibite spegnendo anche una candela.

 

L’unità di strada ha proseguito il suo itinerario fermandosi con altre quattro ragazze, che, diversamente dalle prime, sembravano tutte giovanissime e arrivate in Italia da poco. Hanno pregato anche loro e ringraziato con molto garbo per l’acqua e le merendine ricevute. Tra di loro a non passare indifferente è stata una bellissima piccola donna, forse di 14 o 15 anni, controllata dalle compagne più grandi.

 

«La tenerezza, in questi casi è incredibile – continua suor Valeria Gandini -. C’è anche una forte impotenza mista a rabbia perché non è possibile che non si faccia niente per aiutarle in modo diverso. Certamente noi non bastiamo». «Purtroppo bisogna constatare che in questi anni il numero di vittime della tratta è cresciuto e anche l’età si è notevolmente abbassata. Sono proprio le minorenni, che per fare perdere le loro tracce alle autorità che ricevono le segnalazioni – spiega fra’ Loris D’Alessandro – vengono spostate da una strada all’altra o addirittura trasferite periodicamente in diverse città. Oggi l’obiettivo dovrebbe essere quello di lavorare su più fronti per farle uscire dalla strada perché più ci stanno dentro più si perdono da tutti i punti di vista, rischiando di ammalarsi diventando sieropositive».

 

«E’ un vero dramma ancora purtroppo sottovalutato perchè si fa ancora troppo poco per aiutarle – continua suor Valeria Gandini -. Sono ragazzine letteralmente abbandonate a loro stesse di cui nessuno si prende cura -. Per essercene tante ci sono sicuramente tanti clienti, senza scrupoli disposte a comprarle. Occorrerebbe intervenire anche su di loro. La sensibilizzazione va fatta a più livelli anche con la prevenzione coinvolgendo cittadini e istituzioni ognuno per la sua competenza. L’appello va rivolto a tutti perché dovremmo reagire tutti davanti a questa umiliazione della donna resa schiava in questo modo. Continuiamo a chiederci quanto i politici siano davvero interessati ad intervenire per porre fine a questa schiavitù. Manca ancora la giusta determinazione ad attivarsi per fermare le grosse organizzazioni di trafficanti di esseri umani». «Non c’è una reale volontà politica di cambiare le cose. Alcuni aspetti su cui puntare sono senz’altro la prevenzione nelle scuole e la formazione dei giornalisti che devono scrivere sul tema parlando di vittime della tratta e non di prostitute, senza alimentare pregiudizi e giudizi approssimativi – aggiunge fra’ Loris D’Alessandro -. Inoltre per chi riesce a denunciare le case protette sono ancora pochissime e altrettanto pochi sono i progetti di accompagnamento sociale».  

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