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Rosario Giué su Balducci

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Rosario Giuè pubblica questo libro vent’anni dopo la morte di Ernesto Balducci, sacerdote scolapio e nel cinquantesimo anniversario del Vaticano II, con una prefazione del libro scritta da Raniero la Valle, “prezioso testimone del Concilio e amico di Padre Balducci” (p. 198).

L’autore è andato al cuore della identità e sapienza sacerdotale di Balducci, rivedendo le omelie che il sacerdote tenne ininterrottamente la domenica nell’abbazia Fiesolana dal 1974 alla Pasqua del 1992, sei giorni prima della sua morte. Per questo lavoro Giuè consulta i dieci volumi delle omelie di Balducci che comprendono la raccolta di tre libri ciascuno dal titolo “Il Mandorlo e il Fuoco”, “Il Vangelo della Pace”, “Gli ultimi Tempi” ed esamina anche il decimo volume “Il Tempo di Dio” che contiene le omelie dall’Avvento 1991 alla Pasqua 1992.

Il libro si propone di essere una sorta di introduzione alle omelie di Balducci. Nei primi tre capitoli, Giué racconta come queste omelie nascessero in rapporto alla comunità della Badia fiesolana. Nei successivi sei capitoli, vengono rivisitati alcuni temi sviluppati da Balducci specialmente nel tempo di Avvento e di Pasqua, offrendo ai lettori spunti di meditazione.

 

In Firenze sono gli anni del sindaco Giorgio La Pira, che trova in Ernesto Balducci un grande collaboratore intellettuale e spirituale. Loro due, insieme ad alcuni intellettuali che vivono vicino ai poveri e agli sfrattati pensano di iniziare il gruppo “Il Cenacolo” e la rivista “Testimonianze”. Le loro attività vengono considerate poco ortodosse dalla curia romana prima e poi dal Cardinale di Firenze Florit, così Balducci da Firenze viene trasferito al quartiere di Monte Mario in Roma nel 1959 e poi a Fiesole nel 1965.

Con l’avvento del Vaticano II, Balducci era passato da una visione teologica e sociale del prete “come uomo del sacro, che ha il momento specifico nel culto, a una concezione del prete che ha il suo momento specifico nella Parola” (p.23). L’omelia non era per lui un discorso o una conferenza, ma un “evento”. L’omelia pronunciata nell’assemblea liturgica non era “sua”, perché la tensione corale in cui egli si immergeva, lo rendeva recettivo di quanto ferve nel cuore degli altri che ascoltano.

Le omelie di Balducci vanno, dunque, colte all’interno dell’assemblea che cammina con fiducia nella storia verso “l’adempimento” della promessa di Dio che libererà il popolo credente. Esse spingono l’assemblea ecclesiale a interrogarsi su “come vivere oggi la fede in Cristo, come rendere ragione all’uomo d’oggi della nostra speranza” (p. 43) e contengono una doppia prospettiva: di essere presenti alle vicende storiche dell’oggi e di non smarrire lo sguardo escatologico in una dimensione mistica della storia.

Nelle omelie di Balducci è continuo il tema della “memoria passionis”, espressione del teologo tedesco Johann Baptist Metz: la memoria di Gesù di Nazaret, vittima di un conflitto con il potere politico-religioso del suo tempo.

Rosario Giuè trova nel pensiero di Balducci una grande sensibilità per la teologia della liberazione ed asserisce: “non credo di esagerare se dico che Balducci sia stato, nel contesto europeo, uno tra i più significativi teologi della liberazione” (p.51).

Balducci legge la Parola nella storia: “E la storia che permette…di scoprire il senso della Parola”. Lo stile di Balducci è sgombro di ogni residuo devozionale e spiritualistico.

Nell’omelia della prima domenica d’Avvento, Balducci c’invita a svegliarci dal sonno collettivo ed a camminare dentro la storia senza pensare che scendendo le tenebre venga la notte perché “la luce si accende dentro come la lampada delle vergini sagge di cui parla Matteo.”(p.77). La verità per Balducci si trova nel nesso profondo tra il rapporto con il disegno di Dio e con la fatica storica dell’uomo. Il modo di vivere questo nesso è mutato e muta ancora. Bisogna rispettare le forme umane, talvolta semplici di rappresentare questo nesso. Per esempio le rappresentazioni di Maria, la madre di Gesù sono un prodotto dell’uomo. Bisogna avere la consapevolezza del loro limite ma anche un senso di rispetto per esse.

Riguardo al sacramento del Battesimo, Balducci parla di “investitura messianica”: chi viene battezzato, come Gesù, entra nella dinamica dell’assunzione di una responsabilità di competenza messianica e riceve il diritto e la responsabilità di contestare i violenti e gli oppressori. Il cristiano che spera è colui che aspetta non “a mani giunte o guardando in alto, ma compromettendosi, come Giovanni Battista” (p.90).

Prendendo lo spunto dal quarantennale della “Carta universale dei diritti dell’uomo” (10 dicembre 1948) Balducci constata che quei principi per milioni di uomini e donne sono soltanto sulla carta e anche nel Vangelo del Signore “solo se assumiamo l’uomo nella sua concretezza come punto di riferimento che trascende le comprensioni religiose e ideologiche” (p.108). Il segreto del Natale per Balducci è che “non c’è nessun luogo in cui il Dio del Vangelo possa nascere, se non quello che sta fuori le mura” (p.109).

Se l’uomo non spera, non è più uomo e la vera speranza è “la misura della nostra dignità” (p.118). Per Balducci il nostro mistero è l’uomo che si nasconde a Dio e perciò a se stesso. “Se avessimo meno egoismo, se fossimo meno imprigionati nella nostra cultura inibita, piena di assiomi, di dogmi, scopriremmo meraviglie con gli occhi dei bambini”(p.129).

Ci nascondiamo a Dio e a noi stessi anche nella Chiesa, nella Messa, usando”macchine simboliche”(p. 121) Maria di Nazaret è la donna che si abbandona alla volontà di Dio con purezza, facendo di sé ciò che vuole il Signore da lei. Perciò con il suo abbandono trova il senso di tutte le cose ed entra nel cuore del mondo.

La Chiesa per essere credibile della risurrezione di Gesù deve introdurre il cristiano alla fede nella potenza di Dio che chiama le cose che non sono e le fa essere. Il cristiano, come uomo di fede deve impegnarsi a dare una testimonianza di fraternità che incide e modifica le strutture che riguardano la Chiesa. “Si vive da cristiani quando dentro di noi convivono il momento dello smarrimento, della sconfitta totale della croce e il momento della risurrezione” (p.150).

Siamo nella Pasqua dell’80 e Balducci nella sua omelia menziona la marcia della pace che ha luogo quel giorno a Roma, mentre a Comiso c’è una manifestazione contro l’installazione dei missili atomici. “Le liturgie civiche sono liturgie che si legano allo stesso filo della nostra speranza – osserva Balducci – se si crede alla Risurrezione bisogna militare contro il potere di morte…se non abbiamo questo lievito buono che fa stupore e scandalo noi non possiamo entrare nella Pasqua” (p.157).

Per Balducci, i primi cristiani fecero vero apostolato non proselitismo. Loro con i loro valori di fraternità attraevano le folle. I cristiani veri vogliono costruire una città, una città per tutti, una città “liberata dai critieri dei costruttori di questo mondo”(p.176).

Alla fine del libro, Rosario Giuè include l’ultima omelia di Balducci della Pasqua 1992. In essa come nelle altre ribadisce il significato di essere cristiani, di celebrare la Risurrezione con “azzimi di sincerità e di verità” (p.191) e liberare concretamente i trenta milioni di poveri che nel 1992 nell’Europa bene vivevano sotto il livello minimo di vita

I territori del dubbio propri del pensiero Balducciano non bloccano, ma aprono orizzonti alla speranza cristiana e all’esercizio di sottoporre a verifica il proprio operato e quello della Chiesa.

Balducci, Davide Maria Turoldo, don Milani, don Primo Mazzolari, per manzionarne alcuni, avevano aderito con entusiasmo alle aspettative del Concilio Vaticano II. Essi rappresentano per il vissuto di ogni uomo, cristiano e non cristiano, dei punti di riferimento. Questi uomini hanno percorso il sentiero che li ha portati verso l’altro, verso il povero, verso Cristo.

Il libro di Rosario Giuè ha il pregio di farci rivivere il periodo storico del Concilio Vaticano II, un periodo di speranze ed energia dove molti hanno sperimentato un rinnovato entusiasmo lavorare per il Regno che viene.

 

Rosario Giuè, Ernesto Balducci ed.Figlie di San Paolo, Milano 2012 pp.197,
16.50 Euro

 

Michela Montante

 

 

 

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