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Perché c’è qualcosa di etico nella vita di un vegano

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La redazione pubblica questo contributo inviatoci da Leonardo Stella, in risposta all’articolo “Perché non c’è nulla di etico nella vita di un vegano“, pubblicato recentemente su TheVision e che, avendo ottenuto ampia risonanza, ha suscitato le più varie reazioni. Data l’importanza sociale del tema, è utile stimolare un confronto critico al riguardo. “Tuttavia” è lieto di avere l’occasione di fare la sua parte, e attendiamo ulteriori contributi in merito.


Electric cattle branding and earmarking.jpg
CC BY-SA 3.0, Link

2017. Ho letto con avidità l’articolo di Matteo Lenardon a proposito dellassenza di etica nella vita di un vegano e sono rimasto profondamente sorpreso con quanta facilità il lettore possa essere portato a pensare che le argomentazioni presentate siano effettivamente conformi alla realtà. Soprattutto quando lo scrittore si innalza a intoccabile giudice, sullimpennata di un atteggiamento moralista che ha poco di morale.

I dati, i fatti riportati, gli esempi citati sono accurati fino al dettaglio e fanno luce su problematiche che parzialmente conoscevo. Tematiche che spesso fanno scandalo nelle prime pagine dei giornali e che disgustano lopinione pubblica quanto basta prima di sprofondare nuovamente nel torpore intellettualea cui siamo tutti, chi più chi meno, abituati. Qui vorrei rispondere all’ ‘illuminato’ dettame morale che traspare dallarticolo a cui faccio riferimento. E, per farlo, porterò esempi che contraddicono la tesi in cui, da vegano, non mi rivedo. Perché forse qualcosa di etico nella scelta vegana può esserci.

Intanto, bisogna chiedersi cosa realmente sia letica. Oggi. Estrapolare una frase o una definizione da un contesto specifico, come può essere un libro che mira a fare luci su una realtà spesso poco conosciuta dal mondo, quella dei mattatoi per lappunto, è, a mio parere, pretestuoso. È come estrapolare una frase di Salvini sullimmigrazione in un momento in cui le paure xenofobe attanagliano lopinione pubblica. Ah, no. In quel caso non credo ci sia speranza di venirne fuori. Sarcasmo a parte, che intendiamo per etica? Lasciamo perdere lesplosione di termini e labuso di tali termini per accalappiarsi i favori popolari in tecniche di marketing vecchie di più di un secolo a cui la gente ancora crede come a una religione. Cos’è veramente letica per noi oggi, nel 2017? Ci può essere un’ etica condivisa, dalle propaggini del Sudamerica alla Kamchatka, dallEuropa allAlaska? Io credo di sì.

È dunque davvero non etico il vegano? Il primo esempio per demistificare il veganesimo come scelta etica è l’esempio della quinoa. Pienamente daccordo su come la quinoa abbia un impatto su paesi poverissimi, in particolare vengono citati Perù e Bolivia. La critica maggiore al veganesimo che mi permetto di fare da vegano è proprio di non essere, in rare occasioni, riuscito, come movimento, a spingere al cambiamento per ragioni etiche, quanto per ragioni di convenienza salutista. O almeno, così possono essere definiti molti che fanno la prova per passare a una dieta vegana. Laumento delle vendite dei prodotti del 1500% non è che la punta delliceberg. Molti di questi prodotti, poi, vengono acquistati da nonvegani. Ebbene sì. Chi si lascia infatuare dalle pubblicità dei benefici di questo tipo di dieta altro non è che un onnivoro disposto ad acquistare questi prodotti come aggiunte. Prova ne sono i ristoranti ricercati di altissima qualità dove non esiste un piatto vegano ma che arricchiscono i loro menu di pietanze esotiche con nomi affascinanti per colpire limmaginario collettivo. La quinoa è uno di questi.

Nellarticolo si cita la deforestazione per la soia, avocado e altri prodotti ‘vegani’. Vogliamo parlare veramente di ambiente e deforestazione o ci facciamo abbagliare da questi dati poco realistici? Basta vedere ‘Cowspiracy’ e leggere qualunque articolo a proposito delle fattorie bovine per avere i dati alla mano: solo in America, le mucche che vengono usate per carne e latte producono più gas serra di 22 milioni di macchine allanno e consumano tra il 60% e l’80% dei prodotti come soia e frumento; le agricolture animali sono le prime responsabili di estinzione, zone morte negli oceani, inquinamento delle acque e distruzione degli habitat naturali; un terzo della terra diventa deserto per la produzione di carne e latticini; una fattoria con 2500 capi di bestiame produce rifiuti come una città di 411 000 persone; 1.5 acri di terreno coltivati producono circa 17 000 chili di cibo plant-basedo 170 chili di carne; mezzo chilo di carne consuma circa 2500 litri dacqua (660 galloni), equivalente a 2 mesi di docce. Potrei continuare a snocciolare dati fino a diventare noioso, cosa da cui mi astengo. Lascio al lettore la possibilità di vedere il documentario sopra citato (facilmente reperibile su Netflix), e consiglio ancheEarthlingsfacilmente reperibile online gratuitamente (YouTube).

Mi limito a citare solo il caso del cacao, di cui poco tempo fa sono state esposte alla berlina le più grandi e famose multinazionali, prime tra tutte la Lindt. Anche i più etici consumatori di carne biologica e uova da allevamento a terra probabilmente non sapranno che il cioccolato che compriamo (anche quello vegano di tipo fondente, non necessariamente al latte) viene principalmente dai paesi del Sudafrica. Qui, i governi locali, corrotti dai facili guadagni in combutta con le multinazionali, hanno instaurato un regime mafioso in cui lo sfruttamento dei campi e dei lavoratori, la distruzione della biodiversità sono pratiche comuni dettate da leggi di mercato. Leggi per cui le fave di cacao portano guadagni che solo i potenti si spartiscono tra di loro, con regimi militari che schiavizzano le popolazioni locali. Ma questi stessi leader non hanno che briciole rispetto agli introiti delle multinazionali che vendono le barrette ai cittadini europei. È forse il cioccolato una prerogativa vegana? Non credo, eppure non si parla di questi scandali. Come mai? Perché fa comodo lasciare tutto nellimmobile crudeltà che sovvenziona i nostri mercati.

Quegli stessi mercati che danno ai consumatori onnivori, amanti degli animali e dellambiente, una speranza, una luce in fondo al tunnel. E quindi vediamo il diffondersi di queste confezioni di latte biologico. E queste mucche, biologiche, imbottite di medicinali (l80% dei medicinali usati in America viene usato su capi di bestiame) vivono 4-6 anni invece dei 20-25 che è il loro naturale arco di vita. E cosa succede dopo? Ci immaginiamo che vivano una vita serena, libere di correre nei pascoli. Ma letica di mercato è ben più cinica. Infatti vengono macellate, senza che si reggano in piedi, per carne a basso costo che finisce nei fast food. Cosa succede invece ai vitelli e alle giovenche? Queste ultime prenderanno il posto delle madri. I maschi vengono uccisi dopo qualche settimana. Tutto allinsegna del biologico. Ecco perché essere vegetariani non basta.

E in queste confezioni biologiche, fatte di carta riciclata ci viene detto che le mucche sviluppano la mastite? Ma cosè la mastite? Uninfiammazione delle mammelle le cui cellule finiscono nel latte che beviamo. Quelle stesse cellule che noi, parlando di noi stessi chiamiamo ‘pus’. Ma verrà filtrato adeguatamente il latte, no? No. Viene solo portato ad alte temperature in un procedimento standard che mira a uccidere i batteri presenti e queste cellule. Che, tuttavia, rimangono nel latte stesso. E pensiamo che sia etico prendere il latte di una mucca sottoposta a continue gravidanze, alla decornazione, al marchiamento a fuoco, tutto senza anestesia nella maggior parte dei casi.

Hens in battery cages

Quindi qual è la scelta etica? Il digiuno, come ho potuto leggere? Io credo che la vera scelta etica parta dalleducazione e dalla cultura. Non intesa nelle sue accezioni più specialistiche, come può essere la mia nel campo ingegneristico o quella di un chirurgo in campo medico. Ma una cultura che vada oltre le etichette, una cultura che insegni a ragionare e a mettere in pratica le norme basilari, quelle agrapta nomina(leggi non scritte) per cui tutti preferiamo tagliare un ramo a un albero che un dito a un bambino. Così, quando mi verrà detto che lunica scelta etica è il digiuno, io risponderò che lunica etica è la cultura. Così, se in passato il cannibalismo era una pratica diffusa in molte popolazioni e ora la guardiamo come un crimine, un giorno ci renderemo conto che quegli individui, sia che si tratti di popolazioni sfruttate e usate come schiavi, sia che si tratti di maiali o mucche, sono essere viventi e meritano la nostra compassione. E larma più forte che abbiamo per combattere quegli abusi è il sapere. Sapere da dove viene quello che mangiamo o con cui ci vestiamo.

E scegliere. Verso una evoluzione dei costumi e delle leggi morali in direzione di un mondo più cosciente e compassionevole. Con meno contadini sfruttati per gli anacardi e meno tacchini uccisi per tradizioni in feste che hanno una componente barbara discutibile. Scegliere è la vera etica che ci porta ad essere complici o a tirarci fuori. Per quanto possibile.

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