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Pasquale Scimeca, regista alla ricerca di Dio

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di Fernanda Di Monte

         

 

 

Il primo incontro con Fratel Biagio Conte, il 12 Settembre 2013 è alla Missione Speranza e Carità. Chi scrive è con Pasquale Scimeca e Linda di Dio, rispettivamente regista e produttrice della casa cinematografica Arbash. L’appuntamento, concordato con don Pino Vitrano, sacerdote e braccio destro di Fratel Biagio, era fissato da tempo.

Nell’attesa che Biagio arrivi, sostiamo in cappella. Una frase campeggia all’ingresso: “Le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli”…

Giriamo in silenzio, assorti nei pensieri e in una certa emozione. Biagio ci accoglie cordialmente, ci presentiamo e iniziamo a parlare. Ciò che colpisce subito di quest’uomo, dalla barba lunga, sono il sorriso e gli occhi di un celeste cielo. Le domande si susseguono, ci racconta dell’importanza dell’opera “Speranza e carità” che ospita oltre 800 persone provenienti da contesti difficili.

Nell’ex caserma dell’aeronautica, in via Decollati, nel quartiere popolare a ridosso della stazione, da vent’anni trovano rifugio i senza fissa dimora, soprattutto extracomunitari. 

Gli chiediamo della sua scelta, della sua vita, si crea una comprensione reciproca. Pasquale Scimeca, esprime il suo intento di fare un film sul suo cammino, sulla sua ricerca spirituale. Biagio si mette a ridere e dice di no, insiste delicatamente e ci spiazza: “Se Dio vuole, lo farete”. 

Inizia così l’avventura di Pasquale Scimeca, regista, laico, con fra Biagio Conte.

Scimeca, siciliano di Aliminusa, piccolo paese in provincia di Palermo, dopo il liceo si trasferisce a Firenze. Si laurea in Lettere con specializzazione in storia contemporanea. Lavora come insegnante di letteratura e storia. Nel 1989, fonda con alcuni amici, la cooperativa di produzione cinematografica Arbash Film. Scrive e dirige il primo lungometraggio in 16 mm, La donzelletta.

Di lui, un critico scrive: “Pasquale Scimeca è la dimostrazione più alta che il cinema può essere una continuazione della letteratura. Creatore di un suo personale ciclo dei vinti, quasi seguendo gli stessi passi del suo scrittore preferito, il grande Giovanni Verga, coniuga nei suoi film coscienza politica e atemporalità del mito, morsicando i film del grande maestro Francesco Rosi o quelli del mitico Michael Cimino, ma rifacendosi a quell’intellettualità pasoliniana purtroppo accantonata dopo la sua morte”. Le sue inquadrature e piani larghi disegnano “eccellenti lavori figurativi, con il piacere di mischiare attori e non attori professionisti, lavorando fortemente sul messaggio didascalico per informare, educare e narrare”.                                                                

Ma perché un film su un frate vivente, Biagio, che si occupa di poveri? I precedenti film realizzati da Pasquale: Placido Rizzotto (2000), La passione di Gesù l’ebreo (2005), Rosso Malpelo (2007), Malavoglia (2010),  solo per citare gli ultimi, sono un percorso artistico ma ancor di più spirituale. “Inconsciamente dice il regista inserivo elementi di religiosità. Tanto che qualcuno iniziò a scrivere di una ‘cristologia’ dei miei film, in particolare in Placido Rizzotto, sindacalista, ucciso dalla mafia nel 1946, per la sua lotta di giustizia e il suo essere- donare la vita, proprio per la sua gente”.                                                  

Riscopre così, Scimeca, la presenzadel Cristo, il suo rileggere il Vangelo, lasciato all’età di quindici anni, dopo una esperienza negativa, l’essere stato dimesso dal seminario di Cefalù, dove “volevo diventare  missionario, non prete”.

Esperienza che lo segnò profondamente e che lo spinse a cercare il senso della sua vita.  La scoperta poi, dopo un convegno sugli ebrei in Sicilia, delle sue origini ebraiche lo condurranno alla realizzazione de La passione di Giosuè l’ebreo, a studiare la storia, a capire il tempo di Gesù.

Mi rendo conto, a distanza di tempoche rifiutavo la chiesa, mi sono perso e poi pian piano, è riemerso nel mio intimo Gesù”.

Il film su fra Biagio, il cammino che fa, lasciando tutto, è emblematico della ricerca interiore del regista e di ogni persona che cerca. Un film in cui il contatto con la natura, il silenzio, il cammino fino ad Assisi, il suo ritorno tra i fratelli bisognosi di Palermo, fanno dire a Biagio: “Prima avevo tutto e non ero mai contento. Ora non ho niente e sono sereno”.

Un desiderio? Pasquale, risponde “avere il dono della fede e poter fare un film su Gesù”. 

 

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