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Papa Francesco e il munus petrino – Tra contestazioni tradizionaliste e profumo di denaro

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Nell’arco di poco più di vent’anni la Santa Sede ha ritenuto opportuno emanare una nuova Costituzione in sostituzione di quella del 26 novembre 2000.

Foto di Ágatha Depiné su Unsplash

Il nuovo intervento contiene alcune novità che sono state indicate da Papa Francesco e che riguardano la composizione dei membri della Pontifica Commissione per lo Stato del Vaticano cui faranno parte laiche e laici, quella che regolamenta il bilancio preventivo e consuntivo con l’osservanza dell’equilibrio tra entrate e uscite ispirandosi ai principi di chiarezza, trasparenza e concretezza.

Il documento è preceduto da un Preambolo che sancisce il principio secondo cui il Papa (al momento Papa Francesco) è «chiamato ad esercitare, in forza del munus petrino, poteri sovrani anche sullo Stato della Città del Vaticano”. Ancora più specifico l’art 1 che recita: «Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza della potestà di governo, che comprende il potere legislativo, esecutivo e giudiziario».

Il munus petrino, così come formulato sia nel Preambolo che nell’art.1, è stato oggetto di censure relative all’esercito fattuale di questo potere.

In un intervento di recente pubblicato sulla rivista Il Mulino lo storico A. Melloni, nel commentare la nuova Costituzione dello Stato della Città del Vaticano, ha definito questo documento “solitamente decorativo” disapprovando l’esercizio del munse petrino.

Ma se al successore di Pietro è da riconoscere la funzione di pastore universale della Chiesa, scrive lo storico bolognese, risulta azzardato concedergli anche una facoltà che “nemmeno i più tenaci difensori del potere temporale hanno mai sostenuto”. E con una pungente frecciata si domanda chi mai sia stato quel “canonista spericolato “che ha sottoposto alla firma del Papa quel documento.

Sottolinea anche, nel richiamare il can. 331, che la potestà papale non è assoluta ma, come scriveva Giuseppe Dalla Torre, il Papa è soggetto alla supremazia del diritto divino naturale e positivo.

Più articolati due interventi della canonista Geraldina Boni, ordinaria di diritto canonico e storia del diritto canonico presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università Alma Mater studiorum di Bologna.

Sono scritti che tendono a dimostrare l’esclusione della arbitrarietà del potere papale pur riconoscendogli la plenitudo potestatis. Tanto desumibile dal principio secondo cui la necessitas ecclesiae, pur rimessa alla discrezionalità insindacabile del Papa, non può dar luogo a un  “ipotetico discrezionale capriccio” dal momento che quel principio è squisitamente giuridico e quindi vincolante per il Papa ( argomento ex can. 333 par. §2).

Ci si può domandare quali siano stati i motivi che hanno indotto gli studiosi a richiamare il munus petrino, argomento che interessa solo alcuni addetti ai lavori e non certamente la stragrande maggioranza dei fedeli laici, oggi in considerevole diminuzione.

La potestà del Romano Pontefice è conferita con l’ufficio primaziale ricevuto direttamente da Cristo (argomento dommatico) e può e comunque essere esercitata anche in circostanze straordinarie; è suprema ed anche piena nel senso di comprendere tutti gli aspetti della potestà: la legislativa, la giudiziale, quella amministrativa e penale (G. Ghirlanda in Civ.Catt.,2013, I,550).

Papa Francesco, avvalendosi dell’incontestato e ampiamente riconosciuto munus petrino, ha adottato, motu proprio, alcuni provvedimenti che hanno fatto arricciare il naso ai difensori di un tipo di legalismo oggi largamente incompreso. Lo spunto è nato da alcune misure cautelari, che Papa Francesco ha adottato nei confronti di due potenti cardinali: Raymond Leo Burke e Giovanni Angelo Becciu.

Sono due eminenze il primo dei quali per avere preso posizioni duramente critiche nei confronti del magistero ordinario del Papa, e il secondo perché accusato di peculato e di malversazione per avere amministrato illecitamente fondi della Segreteria di Stato.

Nel 2016 il Burke, in una lettera indirizzata al Papa e sottoscritta da altri tre cardinali, chiedeva chiarimenti riguardanti alcuni punti della dottrina cattolica presenti nell’esornazione Amoris laetitia.

Recentemente, in data 10 luglio 2023, firmava un’altra lettera sottoscritta da altri quattro cardinali (età media del quintetto: di poco superiore agli 84 anni!) in cui si chiedeva di chiarire alcune questioni quali la benedizione delle unioni tra persone dello stesso sesso, la sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, l’ordinazione delle donne e la paventata abolizione del celibato ecclesiastico.

Non contento delle risposte date dal Papa, il Burke ha scritto una prefazione al libro curato da José Antonio Ureta e da Julio Loredo e pubblicato dall’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà – omologo a Dio Patria Famiglia – dal titolo Processo sinodale: Un Vaso di Pandora. 100 domande e 100 risposte. Vi si legge: « La sinodalità e il suo aggettivo, sinodale, sono diventati slogan dietro i quali è all’opera una rivoluzione per cambiare radicalmente l’autocomprensione della Chiesa, in accordo con un’ideologia contemporanea che nega gran parte di ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato.

Il processo sinodale è un vaso di Pandora e un grido d’allarme. Scopri perché i fedeli cattolici hanno il dovere morale di resistere e resistere alla normalizzazione del peccato innaturale, all’ordinazione delle donne, alla ricezione della Santa Comunione da parte dei divorziati adulteri “risposati” e al livellamento democratico egualitario all’interno della Chiesa cattolica. Se ami la Chiesa cattolica e la sua forma gerarchica di governo stabilita per sempre da Nostro Signore Gesù Cristo, questo libro è per te».

In data 29 dicembre 2023 il quotidiano Il giornale dava notizia che Papa Francesco, ricevuto il cardinale Raymond Leo Burke, lo aveva privato di usufruire dell’abitazione finora goduta in Vaticano annullando anche il  piatto cardinalizio (lo stipendio da cardinale) oltre a qualsiasi  altro incarico di peso in Curia.

Di tutt’altro genere e di natura più prosaica la vicenda che ha investito il card. Becciu, già sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato – sezione che gestiva le risorse finanziarie – e prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, quest’ultimo un prestigioso incarico che gli poteva consentire, solo se lo avesse voluto, farsi ispirare dalle virtù eroiche dei candidati alla santità. Nei suoi confronti Papa Francesco, sicuramente ben informato delle accuse mossegli, in attesa del giudizio ha adottato due misure cautelari privandolo dell’incarico di Prefetto e il diritto di votare in Conclave

Sui fatti succintamente esposti si impongono alcune riflessioni.

Le obiezioni all’operato di Papa Francesco, nei due specifici casi, investono non la legittimità del munus regendi, acquisito a pieno titolo al momento della elezione al soglio pontificio, quanto il contenuto. A un attento esame e in relazione agli atti ritenuti riprovevoli, è da escludere l’arbitrarietà degli adottati provvedimenti. Papa Francesco ha agito in forza del suo riconosciuto potere di gestione

L’art 15 del Motu Proprio Vos estis lux mundi, con il titolo “Misure cautelari”, recita: «Qualora i fatti o le circostanze lo richiedano, il Metropolita propone al Dicastero competente l’adozione di provvedimenti o di misure cautelari appropriate nei confronti dell’indagato», una disposizione che ripete quanto previsto dal canone 1722 CIC. La norma, a mio parere, è estensibile anche a quei casi in cui è necessario provvedere. Se il Metropolita ha questi poteri, a maggior ragione il Papa al quale,  in forza del munus regendi, ne può disporre.

Nel merito i provvedimenti adottati nei confronti del card. Becciu sono risultati opportuni e acclarati dalla sentenza di condanna emanata dal tribunale vaticano. Quello del Papa è da ricomprendere negli atti cautelari e nel caso specifico, legittimo.

Più complesso e delicato il caso del card. Burke, un contestatore papale non secondo a nessuno perché vanta una invidiabile carriera di criticone. Definito da M.S. Winters “ figura tragicomica della Chiesa di oggi, avvolto in vesti  di seta  annacquata e  una nostalgia malinconica per una Chiesa che non è mai esistita al di fuori della sua immaginazione“ le domande rivolte a  Papa Francesco vertono su temi  che esulano dagli articoli di fede  che la Chiesa solennemente e indefettibilmente professa e che invita a credere. I primi cinque dubia furono sottoposti all’attenzione del Papa nel settembre del 2016 dai card. Walter Brandmüller, Raymond L. Burke,Carlo Caffarra e Joachim Meisner. avendo avuto come bersaglio le indicazioni dell’esortazione Amoris laetitia.

Successivamente nel luglio del 2023 furono sottoposti all’attenzione del Papa altri cinque dubia : firmatari l’ultranovantenne Brandmuller, i novantenni Juan Sandoval Iniguez, e J Zen-Ze-Kiun  e i più giovani  R. Sarah che ha tagliato il settantottesimo anno  e  il settantacinquenne L. Burke.

La capziosità dei dubia sta nelle domande che vengono poste nella speranza di ottenere una risposta in linea con le proprie posizioni. Di tutte ne cito soltanto tre: la teologia della chiesa è cambiata e, conseguentemente alle donne si può conferire l’ordinazione sacerdotale?  la sinodalità è dimensione costitutiva della chiesa e quindi, per sua natura, sarebbe sinodale? l’affermazione e la diffusa pratica della benedizione delle unioni dello stesso sesso concorda con la Rivelazione e il Magistero?

Nel settembre del 2015, in visita negli USA, in un discorso rivolto ai vescovi, il Papa li esortò a convertirsi all’umiltà, alla mitezza e a non chiudersi nel recinto delle paure. Li esortò, anche, ad aprirsi al dialogo e abbandonare il linguaggio aspro e bellicoso perché resta convincente “il fascino della bontà e dell’amore”. Ma di queste esortazioni gli eminentissimi non hanno inteso accogliere l’invito facendo, come volgarmente si suol dire” orecchi da mercante”. Le critiche e le prese di posizione nei confronti del Papa hanno radici e motivazioni differenti. Se si vuole negare, limitare o addirittura annullare il munus regendi, si deve ridiscutere il principio dommatico su cui si basa e, all’esito, o mantenere tutta una tradizione plurisecolare che lo ha sostenuto e difeso, magari con alcune modifiche, o rigettarla.

Le bastonature subite dai cardd. Becciu e Burke hanno diverse origini.

 Sul primo pesa una condanna inflitta dal tribunale vaticano, ignominiosa per un uomo di chiesa, suscettibile di revisione in caso di impugnazione. ma indicativa perché ancora una volta viene alla luce uno stile di governo dei beni della Chiesa o superficiale o dettato da interessi personali. Di tutt’altro genere il caso del card. Burke (cocciuto contestatore, spalleggiato da ben altre  quattro eminenze) che  è quello di volere difendere, proteggere e  mantenere una linea pastorale rigida e severa. Ma è possibile che non abbia letto il severo ammonimento di Gesù:« Guai voi dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza: voi non siete entrati , e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito ( Lc 11,52) ?» Questi contestatori sono coscienti del pericolo di non essere più ascoltati e, anche egoisticamente, perdere quel prestigio che la funzione  loro garantisce? Il nostro momento storico è caratterizzato dalla globalizzazione.

Questa nuova età comporta per la Chiesa, se vuole essere e mantenersi credibile e universale, un aprirsi alle novità che via via emergono. Bisogna por mano a elaborare, presentare e proporre soluzioni non uniformi, di ricalco della tradizionale dottrina (sia  liturgica che morale), ma un cristianesimo globale in grado di evitare il severo ammonimento di Gesù «  Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode …Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito?… Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?» (Mc 8, 15.18).

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