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Marchionne e il revanchismo anti-capitalista

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321px-Fiat_Sergio_MarchionneBlaise Pascal diceva che, nella prospettiva della morte, propria e altrui, gli uomini “rinsaviscono”, vedono cioè, improvvisamente, i valori essenziali che l’abitudine quotidiana, e le proprie passioni, hanno tenuto nascosti.
I commenti di pessimo gusto – come il titolo de “Il Manifesto” – sul destino dell’uomo Marchionne, dimostrano tutta la nostra incapacità di mantenere umano lo scontro politico-sociale, e cioè di saper vedere che, dietro le idee e le azioni, per quanto possano apparire ingiuste, non ci sono mai “mostri”, ma sempre persone.
Se, dopo aver duramente – e spesso giustamente – criticato una politica aziendale in nome dei lavoratori, si arriva a esultare per la malattia terminale del responsabile, allora non si è mai fatta una battaglia di umanità nemmeno per i lavoratori. Non possiamo invocare, nelle nostre battaglie sociali, quella stessa umanità che non siamo disposti a mostrare neanche di fonte a una morte imminente.
Il tratto “avvoltoio” dei commenti che circolano in queste ore al capezzale di Marchionne da’ ragione a tutti i sospetti su certo anti-capitalismo, alimentato più da una segreta invidia del capitale che da un desiderio di maggiore giustizia a favore dei lavoratori. Oltre a esprimere una preoccupante impazienza vendicativa, forse sedotti da una sleale e inconscia analogia fra il “non guardare in faccia nessuno” della giustizia e il “non guardare in faccia nessuno” della morte, in cui si attribuisce alla sorte un potere di “fare giustizia” che, di fatto, è solo uno squallido “regolamento dei conti”.

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