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“Il popolo è il fine dell’azione politica”. Intervista a Francesco Occhetta

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L’impatto della pandemia sulla politica

Oltre a mettere a dura prova il sistema sanitario e la capacità produttiva del nostro Paese, la pandemia da Covid-19 rischia di alimentare pulsioni populiste, antidemocratiche e antieuropeiste. Alla luce di ciò, proprio in un momento di crisi come quello che attraversiamo, urge una riflessione sui limiti e sulle possibilità di riforma della politica italiana. Di tale questione discutiamo con Francesco Occhetta.

Gesuita, giornalista professionista, consulente spirituale dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi), Occhetta è direttore scientifico del corso in Dottrina sociale della Chiesa della Fondazione Centesimus annus pro Pontifice e docente invitato alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale sezione San Luigi a Napoli. Per le edizioni San Paolo è appena uscito il suo ultimo volume intitolato Le politiche del popolo. Volti, competenze e metodo.

 – Nel suo ultimo libro, lei afferma che la politica italiana – tanto a livello nazionale quanto sul versante locale – necessita di una vera e propria spiritualità capace di generare uno sguardo contemplativo e una nuova attitudine al discernimento della realtà. Ciò pare ancora più vero in questo periodo emergenziale. Perché tali dimensioni sono fondamentali per la politica?

La vita spirituale è la bussola della vita, ci aiuta a camminare e ci permette di vivere l’arte del discernimento; immaginare il futuro; imparare a dialogare. Nella fede cristiana la politica è vocazione e visione, è una forma di carità e di servizio – come ricordava Paolo VI –, è servizio al popolo che diventa il fine dell’azione politica, non lo strumento o il mezzo per compierla. Dei politici cattolici – legittimamente collocati in tutte le forze politiche – conta la testimonianza della fede più dell’ostentazione dei simboli. È la parola di Dio a ispirare l’agire politico del credente con pagine luminose.

Nel primo libro dei Re è raccontato il celebre dialogo, avvenuto nel sogno, tra Dio e Salomone quando era a Gàbaon. Alla domanda di Dio – «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda» – il re Salomone, il più grande Re d’Israele, gli risponde: «Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male» (1Re 3,9).

Il discernimento in politica è come una bussola che orienta il cammino di un popolo, è l’arte di vagliare, setacciare, distinguere princìpi, dati scientifici: il “sentire” storico di una cultura per prendere una decisione. È proprio del discernimento portare il politico alla soglia di alcune fondamentali domande: chi sono chiamato a essere? Quale decisione è utile prendere per il bene di tutti? Come evitare il male sociale e costruire il bene comune?

– Proprio nei frangenti di crisi, oltre ad affrontare l’emergenza, occorre guardare al futuro con speranza. Il Novecento italiano ci ha lasciato una straordinaria eredità circa il contributo che i cattolici hanno dato alla politica. Sarà importante riprendere tale lezione per costruire il futuro?

Il personalismo e il comunitarismo di Emmanuel Mounier e l’umanesimo di Maritain hanno permesso di arginare i totalitarismi del Novecento considerando la persona “costitutivamente” relazione. La persona per la politica non basta a se stessa, può essere tale solo in società, in quanto portatrice di diritti innati e indisponibili che si possono solo riconoscere. Il valore della società nella Costituzione rappresenta un atto di rottura sia col regime fascista sia, in maniera esplicita, con l’ideologia liberale. Pensi se non avessimo avuto ospedali pubblici, come avremmo dovuto gestire l’epidemia?

Per questo molti politici cristiani hanno difeso con la vita questa scelta, siamo stati quelli che più di ogni altra cultura ha pagato la coerenza delle scelte compiute, con il sacrificio della vita di alcuni suoi componenti: prima Moro nel 1978, poi Vittorio Bachelet e Piersanti Mattarella nel 1980.

Occorre ripartire dai testimoni, da chi ha fatto la resistenza ed è in prima linea rischiando la vita. Per ripartire bisognerà restituire la parola e la responsabilità pubblica a chi in questi giorni ci sta salvando.

– Per molti osservatori, oltre ad una rinnovata classe dirigente non tanto nei volti quanto nei metodi, nel nostro Paese la politica ha bisogno di riattivare tutti quei processi utili alla maturazione di un senso attivo e responsabile di cittadinanza. A suo parere, è così? Perché, in democrazia, è insostituibile il ruolo dei cittadini?

Per la Chiesa la democrazia è un bene fragile da custodire ed è il luogo di ricomposizione degli interessi attraverso il radicamento territoriale, la rappresentatività sociale, l’elaborazione culturale e la partecipazione attiva. Per quale motivo il popolo è contrario alla democrazia? Il cittadino chiede alla politica il riconoscimento del proprio diritto individuale ma sente di non essere rappresentato perché la gestione della politica si è oligopolizzata, mediatizzata, tecnicizzata con governi di esperti, istituzioni internazionali, centri decisionali in mano a funzionari sconosciuti. Ecco allora il disegno dei populisti di costruire un sistema di diritti (percepiti) senza democrazia e il sogno di costruire una democrazia senza diritti.

Io credo che occorra ritornare a una stagione di formazione seria, basata sulle competenze, i diritti e i doveri, e al bilanciamento tra sicurezza e libertà. Solo così le folle diventano cittadini responsabili.

– In merito al destino dell’Unione Europea, nel suo volume lei riprende la lezione di Havel, già presidente della repubblica Ceca, per il quale gli europei devono riappropriarsi del “potere delle proprie decisioni”. Che vuol dire?

Havel, dopo la caduta del Muro di Berlino, invita gli europei a riappropriarsi «del potere delle proprie decisioni», partecipando attivamente a un processo culturale comune, dove in gioco c’è l’interesse generale e la propria identità di persone e di popolo. Per farlo fonda la polis parallela, una sorta di «minoranze profetiche», costituite come «comunità pensanti» che nascono dal basso, per dare ossigeno culturale e politico ai corpi intermedi e a tutte le presenze sociali, capaci di dilatare lo spazio di libertà e della «civitas». Per arginare lo statalismo aveva intuito che la vita democratica è anzitutto fiducia nei legami sociali, partecipazione alla cittadinanza attiva, imprenditorialità sociale e mutualismo.

– Il libro Le politiche del popolo. Volti, competenze e metodo è uno dei frutti della comunità di Connessioni. Di che si tratta?

È il frutto di una comunità che a partire dalla vita spirituale ha analizzato molti temi urgenti dell’agenda politica che ci toccano tutti da vicino: dalle parole che si usano nello spazio pubblico, alle politiche dell’abitare, dai nuovi lavori alla privacy dei dati, dall’amministrazione della giustizia ai beni comuni, dalle riforme possibili fino a ai principi della fisica quantistica per capire cosa fare quando un sistema (politico) implode.

L’obiettivo del volume, con Prefazione del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, è quello di promuovere un nuovo modello di sviluppo umano integrale, che sta a cuore alla Chiesa, come alternativa a un sistema destinato a collassare. Il volume offre anche un metodo di formazione che ha ormai 11 anni, frutto dell’esperienza di Connessioni in cui sono passati circa un migliaio di giovani per la formazione alla politica. È questo il senso del sottotitolo: volti, competenze e metodo. Ricostruendosi si pongono le premesse per ricostruire umanamente il tessuto sociale. Potete seguirci anche nel sito https://comunitadiconnessioni.org/ lo abbiamo pensato come “chiostro sulla città” e come spazio relazionale per far diventare le nostre diversità un valore aggiunto. Comunità di Connessioni è una Associazione impegnata ad approfondire i temi della vita sociale e politica alla luce della Dottrina sociale della Chiesa e dei princìpi della Costituzione, che fondano e promuovono la dignità della persona. Siamo una Associazione apartitica, plurale, di persone che fanno del dialogo e del confronto i loro strumenti relazionali e di lavoro.

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