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Le tentazioni di Gesù

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Introduzione alla lectio divina sul brano di Lc 4,1-13 –

 

I domenica del tempo di quaresima

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane”. 4Gesù gli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo”.

5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: “Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo”. 8Gesù gli rispose: “Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”.

9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; 10sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo

affinché essi ti custodiscano;

11e anche:

Essi ti porteranno sulle loro mani

perché il tuo piede non inciampi in una pietra”.

12Gesù gli rispose: “È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”.

13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

            

Duccio di Buoninsegna, La tentazione di Cristo sul monte, predella (verso) della Maestà del Duomo di Siena, tempera su tavola, 1308-11, Frik Collection di New York.

 

Il periodo della Quaresima è tempo prezioso per la riflessione cristiana.

I quaranta giorni che ci separano dalla Pasqua ripropongono liturgicamente, anno dopo anno, i 40 anni vissuti dal popolo d’Israele nel deserto, nella solitudine e nel dubbio, quando il bisogno di sopravvivenza e di autoaffermazione rischiava di essere più forte del bisogno di Dio.

E’ in questi momenti di crisi che si profila l’occasione per fare verità su stessi, non attraverso un percorso psicologico solitario, bensì nella preghiera, luogo dell’ascolto della Parola, e nel digiuno, ovvero nella libera e consapevole astensione da ciò che non è vitale per noi, né essenziale, e da cui ci si allontana anche se per un tempo breve e determinato.

In questo percorso di discernimento profondo dentro la solitudine del cuore – il nostro deserto – seguiamo le orme di Gesù che, pieno di Spirito santo, di ritorno dal Giordano dove ha ricevuto il battesimo, nello Spirito fu condotto al deserto. Sotto la guida dello Spirito, non senza di esso, si può entrare infatti nel deserto e affrontare la prova, come già Israele durante l’Esodo, come Mosè prima di ricevere le tavole della Legge. Anche allora il deserto fu per gli ebrei un luogo di prova e, nel contempo, di intimità con Dio: «ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto … per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti» (Dt 8,2).

Il deserto, i 40 giorni e la tentazione ritornano nel brano evangelico di Gesù, il quale è chiamato a rivivere l’esperienza d’Israele, ma riesce, al contrario del popolo eletto, a superare il momento della prova ed a rivelare la sua fedeltà al Padre e la sua obbedienza fino al momento della croce.

La tentazione, la “prova” (in greco, peirasmos), attraversata da Gesù nel deserto e nel digiuno durante tutti i 40 giorni, tocca il culmine al termine di questi giorni, proprio allora Egli ebbe fame. E’ a questo punto, nel momento del bisogno primario, che si insinuano una per volta le tre prove del demone: trasformare la pietra in pane; possedere la potenza e raggiungere la gloria nel mondo; la richiesta di un miracolo che salvi la vita. Le tre tentazioni mirano a coinvolgere distinti livelli dell’uomo, a partire dal corpo e dalla dimensione fisica, quella del bisogno e delle sue regole, fino al livello intellettuale e psichico della sete di potere e, in ultimo, fino alla prova della stessa fede in Dio.

Il confronto tra Gesù e satana avviene sullo sfondo della Parola di Dio. Il demone parla citando le Sacre Scritture. Il suo si rivela, però, un antievangelo quale può divenire ai nostri orecchi la parola di Dio tutte le volte che si è tentati di distorcerla e piegarla a proprio uso e consumo; di chiamarla a dare forza ad un discorso di potenza, di gloria o semplicemente di affermazione personale. Tutte le volte che ci si accosta alle Scritture per leggervi una conferma al proprio tentativo di auto-salvezza. E senza ascoltare ciò che la Parola dice, vedendo riflesso, come in uno specchio, soltanto il proprio volto.

La tentazione ci illude nella crisi che guardare solo a se stessi equivalga a vedere il volto di Dio. E’ questa la seduzione profonda: scambiare il pane o il reddito, il potere e la gloria per la vita piena in Dio. Il passo successivo è che, se si ha tutto questo, sei figlio di Dio, puoi farcela da solo; potrai persino invocare l’aiuto divino con uno schiocco di dita per salvarti da un pericolo mortale. Si è, in ultimo, tentati di tentare Dio stesso per provarne l’esistenza e la potenza attraverso un segno spettacolare, un miracolo che lo costringa al ricatto di chi interpreta la propria fede come una sorta di polizza assicurativa per il (proprio) futuro. Perché, in fondo, del male e della morte l’uomo ha paura e ad essa soccombe del tutto nel tentativo di stornarla con il cibo, con il potere e il dominio, infine con una fede miracolistica di piccolo cabotaggio in un Dio mago.

A tutto questo Gesù risponde con la forza di una Parola che richiama l’autonomia dell’uomo rispetto al mondo e ai suoi bisogni, riaffermando la signoria di Dio che è l’unico a dare la vita e la salvezza, che è Lui stesso principio di vita, di verità e di amore. Al Padre Gesù conferma la propria adesione profonda di Figlio e a Lui ci invita a guardare, tenendo fermi lo sguardo e l’orecchio in compagnia dello Spirito, nella preghiera quotidiana, forte baluardo contro le continue sollecitazioni a distogliere l’attenzione altrove, a salire sul pinnacolo del tempio per l’ebbrezza di un istante.

Non siamo, però, uomini per un istante. La nostra chiamata è ad essere uomini nel tempo in compagnia di Dio.

La quaresima ci invita a farne memoria e a persistere nella lotta lucida contro gli idoli che ci allontanano dal Signore, “confessando con la bocca e con il cuore” che nulla potrà separarci dall’amore di Dio: «Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?..In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore» (Rm 8,35-39).

 

 Lorenzo Jannelli

 

 

 

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