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I pescatori di uomini – Mc 1, 14-20

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Introduzione alla lectio divina su Mc 1, 14-20

        25 gennaio 2015 – III domenica del tempo ordinario (Anno B)

14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. 16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

 

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Domenico Ghirlandaio, Vocazione dei primi apostoli, 1481-1482, affresco

Cappella Sistina, Città del Vaticano

 

La storia di Giovanni è ormai giunta al suo drammatico epilogo e Gesù, dopo l’immersione nel Giordano e l’esperienza del deserto (cfr. Mc 1,9-13), si reca in Galilea per iniziare da qui la sua missione. Una missione che è annuncio di salvezza, annuncio di quella promessa che in Gesù Cristo realizza e compie la volontà di Dio: “Il tempo (kairós) è compiuto” (lett. “stato riempito” peplèrotai).

Una missione itinerante che è ricerca dell’uomo per incontrarlo nei luoghi della sua ordinaria quotidianità e  offrirgli la straordinaria possibilità di rinascere a creatura nuova e ridare senso alla propria esistenza.

Accogliere il senso di tale annuncio richiede una conversione profonda, una metanoia, un cambiamento radicale di mentalità ma in termini diversi rispetto a quanto predicato dal Battista: non si tratta, infatti, di convertirsi per il perdono dei peccati in attesa di un “dopo” in cui  attendere qualcun “altro”  (“Dopo di me viene uno che è più forte di me a cui io non sono degno di chinarmi a sciogliere i legacci dei suoi sandali” – Mc 1,7-), ma un nuovo orizzonte si apre al credente nel qui e ora della propria storia; è la Buona Notizia a cui “affidare” la propria esistenza: “credete (lett. affidatevi) al Vangelo”. Il tempo è ormai “riempito” della figura dell’Emmanuele, del Dio-con-noi, presente nella nostra storia: è il volto del Cristo, volto del Padre.

L’essenzialità del racconto, privo di elementi dialogici, rende ancora più efficace la radicalità del messaggio proposto. La risposta dei discepoli, espressa non a parole ma attraverso il gesto asciutto e immediato del “lasciare” le reti, esprime in maniera eloquente la forza della chiamata.

Il testo è scandito da alcuni verbi che assumono una valenza simbolica importante:  andare, vedere, seguire. Gesù è colui che per primo inizia il suo percorso e il suo cammino alla ricerca dell’uomo su cui Egli posa il suo sguardo (“vide Simone e Andrea….vide sulla barca anche Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello” -vv.16-19-) e a cui rivolge la Sua parola.

All’annuncio segue la promessa: “vi farò diventare pescatori di uomini”. Parola paradossale che apre a un orizzonte nuovo dell’essere; parola radicale che non accetta mediazioni ma assume le forme dell’imperativo: invito, chiamata. Parola/preghiera di Cristo che chiede la compagnia degli uomini.

Affidarsi a questa parola significa seguire Gesù Cristo e convertire se stessi e la propria quotidianità a quanto di più straordinario la fede può compiere nel cuore dell’uomo.

Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni si affidano a questa parola: “fanno” la parola forse ancor prima di averla realmente compresa. Nessuna certezza se non la sensazione di essersi trovati davanti a Colui il quale ha disvelato il desiderio profondo del proprio cuore, desiderio che, mosso dalla promessa, diventa ora percorso, capacità di mettersi in cammino.

Nessuna domanda, nessun “discorrere su”. La “risposta” è immediata  in quanto “non mediata” da strutture di pensiero; è il silenzio del gesto che esprime la radicale adesione al Cristo (“E subito, lasciate le reti, lo seguirono”). Immagine paradossale ma simbolica che Marco ci restituisce per rappresentare la chiamata dei primi discepoli e, con essi, rappresentare lo straordinario evento che l’incontro con Cristo causa in ogni essere umano alla ricerca di Dio.

L’incontro  con Cristo può avvenire in momenti e luoghi diversi da uomo a uomo; può tingersi di sfumature diverse perché ogni uomo è diverso nella sua unicità.

É l’incontro con quella Promessa che, in Gesù Cristo, Dio riserva per l’uomo; una promessa che svela all’uomo il proprio desiderio dal quale nasce, a sua volta, la sequela. Percorso che, giorno dopo giorno, trasforma profondamente il credente e lo porta ad abbandonare le vecchie certezze, a lasciar cadere le proprie resistenze, per intraprendere un cammino lungo strade non note. Ci porti questo lontano o vicino, ribalti la nostra vita o la lasci nella sua ordinaria quotidianità,  esso tuttavia cambia profondamente il nostro essere risignificandolo alla luce del volto di Cristo.

 

Alessandra Colonna Romano

(Comunità Kairós)

 

 

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