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“In stato di grazia”, lo spettacolo con 20 detenute attrici, va in scena al Pagliarelli

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43304717_1699482820162501_7459061533935403008_nUn coro di lunghi applausi ha accolto la performance teatrale di 20 detenute che hanno recitato per l’opera “In stato di grazia” andata in scena sul palco del teatro dell’istituto penitenziario Antonio Lo Russo Pagliarelli di Palermo. Le donne, attrici non professioniste, hanno recitato guidate dalla regista Claudia Calcagnile. Liberamente ispirato al testo “La lunga vita di Marianna Ucrìa” di Dacia Maraini, “In stato di grazia” è il terzo spettacolo della Compagnia Oltremura che dal 2015 ha come obiettivo quello di rendere il carcere luogo di cultura e di produzione teatrale.

Da oltre tre anni, infatti, l’associazione Mosaico realizza dentro la Casa Circondariale Pagliarelli un laboratorio di teatro permanente con circa settanta donne di diverse nazionalità ed età.

Il teatro di Oltremura sta riscuotendo interesse sempre maggiore da parte della comunità esterna e, in particolare, dell’Università degli Studi di Palermo, per l’efficacia trattamentale che caratterizza questo lavoro.

In particolare, nello spettacolo “In stato di grazia”, inserito nel programma di Palermo Capitale della Cultura, costruito su immagini, non c’è una storia raccontata: il testo che lo ha ispirato è stato scelto sulla base di alcune suggestioni arrivate nel corso del laboratorio. La drammaturgia è frutto di un lavoro collettivo sul concetto di ruolo sociale e sui temi di autenticità, di libertà e sulla condizione umana.

“In stato di grazia” è una riflessione sul tema dell’identità, l’inizio di un viaggio di cui non si conosce la meta, un tentativo di sottrazione al proprio ruolo sociale. Protagonista della narrazione è Marianna, ragazza sordomuta, costretta ad andare in sposa. L’impossibilità di sottrarsi al suo ruolo di “mugghieri” la obbliga a rifugiarsi in un mondo altro, dove la lettura diventa strumento di sovversione tale da ribaltare dogmi e pregiudizi, stereotipi e convenzioni sociali.

La performance, che ha richiesto quasi un anno di lavoro, innesca un capovolgimento di senso: come Marianna stravolge il proprio destino trovando nei libri il luogo di ricerca per la libertà, così le attrici, sottolineato anche da uno dei pensieri forti: “Io appartengo all’essere e non lo so dire” compiono il tentativo di capovolgere la propria posizione cercando quel luogo immaginario in cui demolire il senso comune delle cose.

In alcuni passaggi della pièce teatrale, per rendere ancora più incisivo e profondo il testo due donne hanno recitato in dialetto siciliano e in lingua africana.

“Oggi anche grazie a questa meravigliosa esperienza – racconta, molto emozionata, Angela Porcaro di 32 anni, mamma di sei figli – mi sento una persona molto diversa. Con questo laboratorio ho realizzato un sogno che avevo fin da bambina. Questo periodo in carcere mi sta cambiando molto come persona e in futuro mi piacerebbe continuare a fare teatro”. “Ringrazio tutti coloro che hanno creduto in me – aggiunge anche Elena Rasizzi di 45 anni, mamma di 3 figli – La mia permanenza in carcere è un’esperienza forte che non dimenticherò mai soprattutto per le opportunità di crescita che mi sta dando. Dopo avere sbagliato ho avuto l’opportunità di rinascere a poco a poco per riuscire a diventare una persona nuova. In carcere si vive ogni giorno la sofferenza e la gioia di riuscire a valorizzare le piccole cose che prima fuori non facevamo.”

“Con questa opera c’è la volontà di portare su un palco persone e non personaggi – spiega la curatrice del progetto e regista Claudia Calcagnile –. Credo fortemente nella possibilità che le donne impegnate nei nostri laboratori possano dare un importante contributo al mondo del teatro. Le detenute con le quali lavoriamo non hanno tutte quelle sovrastrutture e tecnicismi degli attori, così portano in scena l’autenticità delle loro vite, complicate e difficili, con una potenza davvero straordinaria. Le protagoniste hanno trovato nel teatro un nuovo modo per esprimere sé stesse e dare un nuovo significato allo spazio che le circonda. La loro capacità di essere completamente sé stesse è per me l’aspetto più interessante del progetto”.

“Nell’opera c’è, infatti, una riflessione sull’identità delle loro persone che spesso viene ostacolata da parecchie convenzioni sociali. Tutta la loro bellezza consiste – dice ancora Claudia Calcagnile – proprio in questa autentica urgenza che hanno di comunicare e di esprimersi con tutta la loro energia. Una strada ‘altra’ che permette loro di fare uscire quella parte di sé stesse nuova e molto diversa dalla loro quotidianità di vita carceraria”. “Il nostro desiderio è adesso quello di portare questo spettacolo in giro, magari in altri istituti penitenziari – dice infine la regista –. Per farlo però ci appelliamo a tutti coloro che volessero sostenere questo nostro progetto artistico”.

La scenografia è stata volutamente realizzata tutta in bianco e all’insegna dell’essenzialità.

“Quando la storia è molto densa – ha detto lo scenografo Giuseppe Accardo – non c’è bisogno di una grande scenografia. In questo caso il bianco è stato scelto per rendere proprio l’annullamento dei suoni, resi quasi ovattati, creando un’atmosfera di silenzio a cui si aggiungono solo i movimenti e le voci delle donne”.

“Sono state molto brave – ha sottolineato anche la direttrice del carcere Francesca Vazzana – soprattutto perché attraverso i gesti e le parole hanno reso molto bene l’idea di come si sta in un carcere. Un luogo in cui c’è una dimensione del tempo molto lenta e anche i minuti riescono ad essere vissuti, a volte, come se fossero lunghissime ore. Oltre alla bellezza di questo lavoro è importante sottolineare tutto il percorso che stanno facendo queste donne. Un grazie particolare va, naturalmente, anche alla regista che sosteniamo nel suo forte impegno sociale sperando che presto possa riuscire ad avere quel sostegno economico fondamentale per proseguire nel migliore dei modi il suo lavoro”.

Per chi volesse sostenerlo, è on-line, sulla piattaforma Produzioni dal basso, la campagna di crowdfunding di raccolta fondi destinata a dare continuità al progetto di teatro in carcere. Il crowdfunding, attivo fino al 31 dicembre, servirà a supportare il percorso della Compagnia Oltremura, interamente autofinanziato dall’associazione Mosaico, e far proseguire l’esperienza dei laboratori anche la prossima stagione. Tutti i sostenitori riceveranno diverse ricompense, dalle stampe inedite del progetto fotografico “Io sono Marianna”, curato da Francesco Paolo Catalano e nato all’interno del laboratorio teatrale, alle esclusive shopping bag serigrafate, a un quaderno in edizione limitata ispirato allo spettacolo “In stato di grazia” realizzato dallo studio Edizioni Precarie. (Ecco il link alla campagna: http://www.produzionidalbasso.com/project/in-stato-di-grazia-teatro-in-carcere/ )

Claudia Calcagnile, regista e presidente dell’associazione Mosaico, realizza da anni attività teatrali in contesti di marginalità. La regista pugliese si è formata nella Scuola di Teatro Sociale e Arti Performative a Firenze e ha proseguito i suoi studi nella scuola di Teatro Fisico di Philip Radice a Torino. Lo scorso anno la compagnia è andata in scena al Teatro Biondo di Palermo con lo spettacolo “Di quel poco e del niente” ispirato a “Donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Estés.

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