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Caro diario, quella notte che sul barcone mia madre aveva le doglie (di minori non accompagnati e altre ipocrisie linguistiche)

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di Valentina Chinnici

 

30 ottobre 2013

Del fatto che sia il 30 ottobre non ne sono molto sicura. La gente attorno a me non fa che gridare questa data, chissà perché… Forse sperano che questa sia la data decisiva, la data che segnerà il loro destino: la data che rappresenterà l’inizio di una nuova vita. Io ho perso la cognizione del tempo, mi sembrano millenni quelli passati su questo barcone, lontano dalla mia casa, da mio padre e da mio fratello rimasti sulla mia terra a combattere. Ho fame. Quei due che guidano il barcone ogni tanto ci buttano qualche pezzo di pane e un pò di patate, e ci lasciano azzannare come animali. Io ormai ci ho rinunciato, penso che manchi poco allo sbarco. Che bello, ancora non riesco a crederci: una nuova casa, degli amici, una Scuola… Mi piacerebbe che anche papà e mio fratello si godessero tutto questo. Anche se io parlo come se tutto questo fosse già iniziato. Chi lo sa, forse invece affonderemo. Ma non voglio essere pessimista, perché non ho fatto altro per tutta la mia vita (se vita si poteva definire). Ora smetto di scrivere, forse a mamma si sono rotte le acque.


31 ottobre 2013

Tengo la mia sorellina stretta perché la mamma non ha forze. Il barcone si va sempre più inclinando. C’è tanta acqua attorno a me. Come può della semplice acqua distruggere i sogni di una dodicenne? Forse non ho torto quando dico che essere pessimisti è la miglior cosa; prepararsi al peggio, intendo, così si evitano mille delusioni. Sento che sto per morire, ma ormai non m’importa più… Spero solo che mia sorella riesca a realizzare quello che era il mio sogno, e quello di altre 247 persone.

Margherita B., II media, I.C. Politeama (Archimede).

      

Immagina di essere un migrante e racconta la tua odissea dall’Africa a Lampedusa, tra paure, violenze, sogni e speranze”.

Avevo lasciato questo tema alla mia classe, dopo aver visto insieme la mostra Corpi Migranti, curata dai missionari Comboniani della Parrocchia di Santa Lucia. Una ragazza di 12 anni ha dato così voce a una sua ‘gemella’ migrante che voce non ha avuto. Il centro si è fatto per una volta periferia, direbbe forse papa Francesco. Bambine come quella immaginata da Margherita ne sono morte tante, altre invece sono sbarcate sole, senza la madre, senza il padre, senza nessun adulto che le tenesse per mano.

       Queste bambine e questi bambini sono diventati, nel linguaggio cronachistico dei TG, i Minori non accompagnati. Capita spesso che la nostra lingua si trinceri dietro eufemismi che rendano la realtà più accettabile: così i ciechi, termine molto ricorrente senza giri di parole nella Bibbia, sono diventati da noi ‘non vedenti’, i sordi ‘non udenti’ e i vecchi ‘anziani’. Per non parlare del ‘male incurabile’ o del sempre classico ‘sonno eterno’.

L’espressione ‘minori non accompagnati’ è, in realtà, di matrice giuridica: si rinviene infatti per la prima volta nel cosiddetto decreto Martelli, poi convertito in legge n.39/1990, ma mutuata dai mass media si è trasformata oggi in un refrain martellante, che ha finito per edulcorare e appannare la reale condizione di assoluta solitudine in cui versano questi bambini o ragazzi.

       A confermare come nel linguaggio siamo confusi e approssimativi, basta segnalare che sui siti delle compagnie aeree si legge: “ai minori di età dai 4 ai 14 anni è disponibile il servizio di minori non accompagnati, al costo di Euro 100 per tratta. Il pagamento di tale servizio avviene direttamente in aeroporto. Su richiesta dei genitori possono esserci affidati anche i minori dai 14 ai 18 anni non compiuti. In fase di prenotazione del viaggio è necessario comunicare la propria necessità di far viaggiare un minore non accompagnato, fornendo i seguenti dati: nome, cognome, indirizzo e numero di telefono cellulare delle persone che accompagneranno e riceveranno il minore presso gli scali di partenza e di arrivo”.

Con la stessa espressione, insomma, designiamo i nostri figli che vanno a frequentare a 15 anni il corso di inglese a Oxford, riempiendo di orgoglio i genitori trepidanti che li vedono partire “finalmente soli”. Di ben altro genere è la solitudine dei piccoli migranti, che la notte gridano “Mam” mentre nessuna madre li riscalda.

Come scriveva nel 2007 il Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno, Marcella Lucidi: «I minori stranieri non accompagnati sono tre volte vulnerabili: perché minori, stranieri e soli.(…) Mentre le prime due sono condizioni oggettive su cui non si può intervenire, la terza richiede tutta la nostra attenzione».

Già, tutta la nostra attenzione… Tuttavia, a leggere il recente rapporto di Save the Children, finora l’attenzione dell’Italia è stata buona forse nelle intenzioni, ma caotica, frammenta e del tutto inadeguata nella realtà. I minori non accompagnati diventano spesso “invisibili” per il nostro Stato, tanto che è impossibile dire con certezza quanti siano. Solo da gennaio a settembre 2012, per esempio, se ne sono contati 1272. Per far sì che l’Italia diventi un Paese in grado di accogliere in modo umano, e secondo gli standard internazionali, i piccoli migranti, Save the Children si è fatta promotrice di un disegno di legge, che ha guadagnato l’appoggio di tutti i gruppi parlamentari, tranne la Lega. Vedremo se riusciremo a cogliere almeno questa opportunità di umanizzazione, di dire una parola forte e finalmente non eufemistica, come quella che riecheggia, perentoria, nella Bibbia.

 

“Maledetto chi calpesta il diritto dello straniero, dell’orfano e della vedova!” – E tutto il popolo dirà: “Amen”. (Dt 27,19).

Se, mietendo il tuo campo, vi avrai dimenticato qualche covone, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per l’orfano e per la vedova, affinché il Signore, il tuo Dio, ti benedica in tutta l’opera delle tue mani (Dt 24,19).

Quando scoterai i tuoi ulivi, non tornerai per ripassare i rami. Le olive rimaste saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. (Dt  24,20).

Quando vendemmierai la tua vigna, non ripasserai a coglierne i grappoli rimasti; saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. (Dt 24,21).

 

Si dirà che i minori non accompagnati non sono sempre “orfani” come quelli citati nella Bibbia: è vero, forse hanno ancora i genitori dall’altra parte del mondo. Ma come gli orfani della Bibbia sono infinitamente soli, catapultati in un mondo ostile, che li bolla come clandestini e non li espelle solo perché ‘minori’.

E allora cerchiamo di vederci i volti dei nostri figli dietro quel tecnicismo asettico e fuorviante.

 

“Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive…”.

Italo Calvino, da Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio (Garzanti, 1988).

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