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Barocco e Neo-barocco a Palermo

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di Valeria Viola

 

E’ passata un po’ sotto silenzio la giornata di studi organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Palermo, lo scorso 22 gennaio, nella sala Blu Cobalto dei Cantieri Culturali della Zisa. Le curatrici, prof.sse Alessandra Buccheri e Giulia Ingarao, hanno proposto, attraverso una serie di ricchi interventi, un’interessante riflessione sull’attualità del Barocco, visto non solo come periodo artistico tra il XVII ed il XVIII secolo, ma soprattutto come categoria estetica.

Devo premettere che sono stata allertata dell’evento per caso, perché inserita in una delle varie mailing-list circolanti per la città. Sono andata timorosa, in verità, di imbattermi in una delle solite perdite di tempo dove si parla tanto, ma si conclude poco. Ho dovuto ricredermi e mi è dispiaciuto molto non essere potuta rimanere nel pomeriggio. 

 

Il tema della giornata di studi è stato il “neo-barocco”: già utilizzata negli anni ’50 da Gillo Dorfles, la parola ha assunto col semiologo Omar Calabrese (1949-2012) il significato di “gusto per lo spettacolo”, come ebbe a spiegare lui stesso nella serie RAI Immagina del 1987, in cui si esploravano “i segni e i sogni del nostro tempo, dominato dall’immagine” (vedi in: http://www.arte.rai.it/articoli/il-neobarocco-di-omar-calabrese/14042/default.aspx )

 

Durante la mattinata dello scorso 22 gennaio, alcuni storici dell’arte e specialisti, davanti ad un audience composta perlopiù dagli stessi studenti dell’Accademia, hanno trattato il tema da diversi punti di vista, analizzando differenti periodi cronologici: sono stati accostati in un confronto ricco di ispirazione opere diverse come la Cappella Cornaro di G.L. Bernini, la statua ellenistica dell’ermafrodito, le vesti cinquecentesche dei personaggi di Lorenzo Lotto, le immagini pubblicitarie degli anni ’80 e ‘90.

Sono stati di conseguenza evidenziati elementi di continuità nella crisi sistemica, nella complessità decorativa e nel riproporsi di argomenti iconografici come il tema della morte, l’androginia, l’ambiguità estetica e sessuale, l’erotismo. Senza volere scomodare Giambattista Vico ed i suoi corsi e ricorsi o l’alternarsi di apollineo e dionisiaco di Nietzsche, cioè senza voler teorizzare una ripetizione costante della storia, possiamo comunque sostenere che alcuni dati iconografici del passato ritornano sempre; da quanto è stato detto dai relatori emerge con evidenza la considerazione che la nostra epoca guarda con intenzione ad un periodo artistico che le è emotivamente affine.

Ovviamente è stato sottolineato che nonostante le similitudini ci sono anche delle importanti differenze, dato che il linguaggio moderno ha de-sacralizzato i temi dell’iconografia barocca, usandone l’immagine senza il contenuto o facendoli comunque veicolo di un messaggio diverso, spesso effimero e sicuramente più terreno. Ma i punti di contatto tra un’Arte che attingeva a piene mani nella cultura cristiana ed il linguaggio artistico laico contemporaneo sono più di quelli che ci si potrebbe aspettare, spesso con risvolti sorprendenti.

Da questo punto di vista una novità – nel panorama palermitano quanto meno – mi sono sembrati i risultati delle ricerche condotte da due studiosi stranieri, per adesso ospiti dell’Accademia, J. A. Sánchez López dell’Università di Málaga ed A. R. Fernández Paradas dell’Università dell’Andalusia. Il loro intervento ha analizzato con dovizia di esempi non solo la connessione tra la trasgressione a sfondo sessuale propria nell’arte contemporanea e l’iconografia religiosa del passato (seppure nella desacralizzazione dei contenuti), ma anche una imprevedibile coincidenza di intenti nella svolta omosessuale della statuaria religiosa spagnola degli ultimi anni.

A meno che l’intervento, previsto per il pomeriggio,della curatrice di mostre Laura Barreca non avesse intenzione di coinvolgere anche questo aspetto dell’Arte, ci è sembrata inspiegabilmente assente, nella carrellata degli interventi pure interessantissimi, la Storia dell’Architettura: ci è parso che, nonostante il cenno della prof.ssa Buccheri al Bernini come artista completo, si volesse dare un taglio più legato al linguaggio pittorico e scultoreo, che architettonico. D’altra parte, mi pare che non vi fossero in Sala molti architetti, eccetto la sottoscritta.

Sicuramente è stato raggiunto l’intento principale della giornata, ovvero quello di presentare come valida proposta l’uso del termine “neobarocco” quale sintesi estetico-concettuale del contemporaneo, in sostituzione di espressioni di stampo storicistico come “post-moderno”, che si sono rivelate insufficienti. L’unica speranza è che questa chiave di lettura non si profili esclusivamente estetica, tagliata su di un mondo che dà all’immagine un ruolo di enorme importanza ma a volte anche eccessivo, come se il mezzo attraverso cui è inviato il messaggio sia  più importante del messaggio stesso.

Nel dialogo delle “culture” a cui aspiriamo e che speriamo possa contribuire a che l’immagine abbia anche contenuti profondi, lanciamo la proposta di una rete di comunicazione più attiva tra i diversi campi di ricerca. Sembra, infatti, che, nonostante l’alta qualità dei contributi, la notizia della giornata degli studi non sia giunta a molti che lavorano nello stesso ambito.

Persino il portiere dei Cantieri Culturali non era stato avvisato dell’evento e non sapeva neanche dove fosse la Sala Blu Cobalto…. ma forse questa è un’altra storia…

 

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