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Un beato per i giorni feriali

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Nell’approssimarsi della memoria liturgica del beato Pino Puglisi (21 ottobre 2016), riproponiamo un articolo di Giuseppe Savagnone, pubblicato su Tuttavia alla vigilia della beatificazione.

 

 

 

Il primo a sorridere – col suo bel sorriso onesto che l’ha accompagnato fin dopo la morte – di tutto questo trambusto intorno alla sua memoria, è sicuramente proprio lui, padre Pino. Non si è mai considerato un eroe, e tanto meno un santo. Ma forse proprio per questo è stato così importante per noi. Perché, lo sappiamo, guai alla terra che ha bisogno di eroi! Gli eroi sono personalità eccezionali, e nessuno è tenuto ad imitarli. Guai alla terra che ha bisogno di eroi, perché corre il pericolo di non avere “normali” cittadini. Ed anche i santi, diciamolo onestamente, rischiano di essere posti sugli altari per levarceli da torno e sottolineare il nostro diritto di non essere come loro. «Non sono un santo», ha detto qualche tempo fa qualcuno che si comportava come una bestia.  

Abbiamo bisogno di uomini. Mi piace pensare che la beatificazione di don Pino Puglisi sia la celebrazione di un prete, di un cristiano, che ha saputo essere un uomo. È quello che spesso manca a noi credenti, preti, laici, vescovi: l’umanità. Lo Spirito Santo ci è stato garantito, ma l’umanità, quella dobbiamo fornirla noi: altrimenti, cosa ci resta da fare? Ebbene, pare impossibile, ma proprio  in questo falliamo spesso. Lo si nota ancora di più in questi mesi, in cui papa Francesco colpisce tutti perché dice «Buonasera», perché si china a raccogliere la borsa della disabile, perché gli piace fare colazione con altre persone, chiacchierando, invece di starsene barricato nei sacri palazzi. Un uomo. 

Puglisi non era papa, ma, da sacerdote, dava anche lui una bella testimonianza di umanità. Condizione essenziale per essere testimone di Cristo, vero Dio, certamente, ma anche vero uomo. E senza l’uomo, ai tempi di Gesù, non si sarebbe mai potuto incontrare Dio. Il problema è identico oggi. Tante personalità rattrappite, ingessate, disordinate,  hanno nascosto e nascondono il mistero di Dio venuto ad abbracciarci attraverso i suoi ministri e i suoi fedeli.  

 Eppure è stato più forte della mafia padrona e, perfino con la sua morte, è stato il vero vincitore.  Nella seconda lettera ai Corinzi Paolo scrive che, mentre stava per scoraggiarsi davanti alla sordità dei raffinati greci, gli apparve il Signore che gli disse: «Non aver paura, io sono con te. Perché è nella tua debolezza che si manifesta la mia potenza».

Si può essere veri uomini e al tempo  stesso  fragili, vulnerabili, lasciando che Dio si manifesti attraverso la propria povertà e accolga, così, tutta la gente povera (magari non economicamente)  che di solito si sente respinta dalla ricchezza (non solo economica) della Chiesa.

 

Di 3P si potrebbero dire tante cose. Io ne voglio dire due che mi colpiscono molto di lui e mi fanno desiderare che, adesso che è beato, non ci si liniti a venerarlo, ma si provi anche ad imitarlo.

La prima è che pregava. È un sacco di tempo che non vedo un prete inginocchiato o seduto in chiesa a pregare. Li vedo correre di qua e di là, organizzare incontri, fare fotocopie, sbrigare l’amministrazione dell’ufficio parrocchiale, tenere discorsi. Pregare, mai. Sarò io sfortunato. Padre Puglisi dedicava molto tempo alla preghiera silenziosa e al contatto con la Parola di Dio. E io lo supplico di mettere nel cuore dei suoi confratelli un grande desiderio di preghiera, che li sostenga nel loro difficilissimo ministero.

La seconda cosa è che amava i libri, li leggeva  e li faceva leggere ai ragazzi che lo venivano a trovare. In certe parrocchie bisogna stare attenti a usare la parola “cultura”, perché il parroco o i “laici impegnati” hanno l’aria di quel gerarca nazista che soleva dire: «Quando sento la parola “intellettuale”, metto mano alla pistola». Quando Pino Puglisi morì, gli inquirenti che ispezionarono la sua modesta casa popolare furono impressionati dalla quantità di libri accatastati un po’ da per tutto. Libri con le righe sottolineate a matita, utilizzati effettivamente., non tenuti per figura.

Come vorrei che in ogni nostra parrocchia ci fosse un piccola biblioteca, per consentire ai giovani di trovarvi libri interessanti, belli, da prendere in prestito, magari su consiglio del parroco o di qualche laico che si è preso la briga di leggerli!

La cultura e l’intelligenza non rendono santi!, obietterà qualcuno con sufficienza.  Questo lo so anch’io. Ma neppure l’ignoranza e la stupidità, altrimenti ce ne sarebbero , di santi, a non finire.  Quello che santifica è l’amore alla verità, la passione per la giustizia, il gusto della bellezza, tutte cose che Pino Puglisi  alimentava con le sue letture e metteva in pratica nel suo ministero attivo. Ai libri non chiedeva solo un godimento narcisistico, chiedeva idee per cambiare la realtà che lo circondava, a Godrano, allo Scaricatore, a Brancaccio.

E ora che, da sabato in poi, lo avremo sugli altari, lo pregheremo di scendere ogni giorno per affiancare i suoi confratelli e tutti i cristiani nella loro fatica quotidiana, con la sua presenza discreta, da santo dei giorni feriali, più a suo agio nello svolgimento ordinario del suo ministero che nella grande festa che gli stiamo preparando, a cui lui parteciperà forse con un po’ di imbarazzo.

 

Giuseppe Savagnone

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