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il compiacimento di Dio

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Introduzione alla lectio divina su Lc 3,15-16.21-22

 

13 gennaio 2013 – Battesimo del Signore

 

15 Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo,16Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

21 Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 22e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.

 

                      

 Battesimo di Gesù (mosaico della basilica di S. Marco a Venezia)

 

 

Il Battesimo di Gesù è, nella tradizione bizantina, l’icona dell’Epifania, la festa della manifestazione pubblica del Cristo nelle acque del Giordano. Alla manifestazione di Dio si accompagna l’illuminazione dell’uomo: il battesimo infatti è chiamato “santa illuminazione”. L’Epifania non è, dunque, la festa dell’arrivo dei Magi, come nelle tradizioni cristiane occidentali. Viene usato nel credo bizantino il plurale “le Sante Teofanie” (ta Hàghia Theophàneia), le Manifestazioni di Dio. Dio si è manifestato nella incarnazione e nascita secondo la carne del Verbo e nel battesimo di Gesù nel fiume Giordano; lì “si è manifestata” la Santa Trinità che “veneriamo”.

L’Apolytìkion bizantino (l’inno della festa del giorno) canta:

 

“Al tuo battesimo nel Giordano, si è manifestata l’adorazione della Trinità; la voce del Padre ti rendeva infatti testimonianza, chiamandoti ‘Figlio diletto’, e lo Spirito in forma di colomba confermava la sicura verità di questa parola, O Cristo Dio che ti sei manifestato, e hai illuminato il mondo, Gloria a te”.

 

Anticamente la festa del Battesimo del Signore era, invece, celebrata dai cattolici d’occidente il giorno dell’ottava dell’Epifania (13 gennaio), ma successivamente prevalse il ricordo dell’Epifania, cosicché oggi nel rito cattolico non è prevista una autonoma festa del Battesimo del Signore, ma si legge ancora questo Vangelo. La domenica del Battesimo di Gesù conclude, infatti, il periodo natalizio dell’anno liturgico ed appare come il momento finale della celebrazione liturgica del mistero della incarnazione.

Le icone che rappresentano questo brano dei sinottici (l’evangelista Giovanni, si sa, non racconta l’evento del battesimo) presentano, in genere, un raggio di luce che scende dall’alto e che si divide in tre, simbolo di una presenza trinitaria nella vita del Cristo, che, immerso nelle acque putride del Giordano, incede eretto (perché venga seguito), nudo (perché umano) e benedicente (perché le acque del fiume, da ricettacolo di morte, diventino lavacro di rigenerazione).

Ai piedi del Battista uno dei simboli che lo caratterizza: la scure, che taglia gli alberi secchi (Mt 3,10); gli angeli sono pronti a ricevere il corpo di Cristo, con le mani coperte in segno di venerazione, per asciugarlo.

Il battesimo è, quindi, l’immersione nel lavacro dei peccati, una implicita ammissione di umanità e fragilità da parte del Figlio di Dio. È “la prima immagine pubblica di Gesù consegnataci dai quattro vangeli: Gesù ha iniziato il suo ministero attraverso questo abisso di svuotamento e di umiliazione (cf. Fil 2,6-8), e ciò è parso scandaloso a tal punto che alcuni cristiani delle più antiche generazioni, pur non potendo ignorare questo evento, hanno cercato di attutirlo o minimizzarlo. Luca, per esempio, evoca appena l’immersione di Gesù, cercando quasi di metterla tra parentesi: «Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera…».

Si tratta invece di accogliere in tutta la sua forza lo scarno dettato del vangelo secondo Marco, quello più antico: «In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni» (Mc 1,9). È inaudito il fatto che Gesù, colui che è «senza peccato» e viene da Dio, si presenti in mezzo ai peccatori e si ponga tra loro per andare a ricevere un’immersione in vista della remissione dei peccati: ma nella storia è accaduto esattamente questo!” (Bianchi).

L’interesse teologico prevalente dell’evangelista è, comunque, diverso dalla sottolineatura del rito battesimale. Luca mette in luce la proclamazione divina di Gesù e la fonte di quella investitura, ossia la preghiera, che genera l’essere figli, che genera il compiacimento da parte di Dio.

L’evangelista dopo aver detto che lo Spirito Santo scese su Gesù in apparenza corporea, come di colomba ricorda anche che “vi fu una voce dal cielo” (Lc. 3, 22b). Siccome Luca parla di “tutto il popolo” che fu battezzato e di Gesù che “stava in preghiera” (cf. Lc. 3, 21), si può legittimamente pensare che la voce celeste sia in pari tempo una risposta al desiderio di conversione di “tutto il popolo” ed alla prolungata preghiera di Gesù.

La preghiera non è solo luogo di discernimento della propria vocazione e missione (come sicuramente lo è stato fino a quel momento per Gesù), ma diventa anche il motore di questa manifestazione corale di Dio.

E la preghiera riecheggia continuamente di sollecitazioni scritturistiche: le parole della Scrittura contenute nella Voce di Dio, indirizzano l’identità e la missione di Gesù sulla via messianica (Sal 2), verso un cammino di sofferenza e morte (Gen 22) sulla scia del Servo del Signore annunciato da Isaia (Is 42) (Manicardi).

 

Lorenzo Jannelli

 

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