Senza categoria

Per una cultura della decenza

Loading

 

 

 

di Giuseppe Savagnone 

 

In un editoriale del 3 marzo scorso sul maggiore quotidiano italiano, il «Corriere della Sera», un noto politologo, Galli della Loggia,  si chiedeva: «Qual è la causa profonda della crisi italiana, che ormai sappiamo bene essere una crisi niente affatto congiunturale?».

Proviamo a dare una risposta partendo da una notizia di questi giorni. Uli Hoeness, ex campione di calcio, fino a ieri potentissimo e popolarissimo presidente e manager del Bayern Monaco, la più amata squadra di calcio tedesca, ha deciso di accettare la condanna a tre anni e mezzo di carcere, comminatagli, per frode fiscale, dal tribunale di Monaco, rinunciando a fare ricorso. Sconcertando il suo avvocato e i suoi numerosissimi sostenitori, che lo volevano a tutti i costi libero, il condannato ha detto: «Una sentenza è una sentenza, questa è la mia idea di dignità, decenza, senso di responsabilità. L’evasione fiscale è stato l’errore della mia vita, adesso voglio affrontare le conseguenze di questo errore».

 Il paragone con le vicende di casa nostra è spontaneo. Da anni la vita pubblica italiana ruota intorno ai processi contro uomini politici accusati di frode e di corruzione e alle infinite polemiche, da parte degli indagati,  nei confronti della magistratura, accusata di volerli perseguitare. Fino al punto da invocare quello che, logicamente (ma qui la logica non ha cittadinanza), costituisce un’aggravante – il moltiplicarsi di questi processi – , come una prova  di questa persecuzione.

So che il pensiero di chi legge corre, ovviamente, all’on. Berlusconi. In realtà non è di lui che mi preoccuperei. Gli individui passano, e – fosse solo per motivi anagrafici – anche Berlusconi è ormai prossimo ad uscire di scena. Il problema non  è lui, sono gli italiani. I milioni di italiani che l’hanno ammirato,  invidiato, sostenuto,  e non solo quando le illusioni erano possibili, ma anche dopo le condanne, che  a loro non sono sembrate un buon motivo per smettere di ammirare, invidiare e sostenere un personaggio divenuto, nell’immaginario collettivo, il simbolo vivente del successo in tutti i campi (affari, politica, donne!).

Sono loro, gli italiani, gli elettori, ad avere portato in parlamento, durante questa Seconda Repubblica – sotto le più diverse insegne partitiche – , alcuni dei peggiori uomini politici, forse, della storia repubblicana. Persone  disposte a passare da un estremo all’altro dello schieramento politico da un giorno all’altro, senza fare una piega, magari confessando, a posteriori, di essersi lasciate comprare, materialmente, a suon di euro per operazioni del genere. E pronte a tutto, come categoria, pur di non rinunziare ai propri privilegi, meritandosi così il nome, ormai comune, di “casta”.

Sono loro, gli italiani, che, in questi anni, non hanno fatto mancare a questi indegni rappresentanti la loro fiducia, anche quando erano evidenti le loro responsabilità. E, se qualcuno obiettasse che l’infame legge elettorale denominata “porcellum” impediva loro di scegliere i singoli deputati, si dovrebbe fargli notare che non risulta vi sia stata una reazione popolare  quando le legge è stata varata, così come non ce n’è una neppure ora che la riforma elettorale progettata – il “porcellum” bis – continua a negare agli elettori  il diritto di esprimere le loro preferenze.

Insomma, al di là delle indignate proteste che si sentono nei bar, all’insegna del qualunquistico “sono tutti ladri”, c’è stata e continua ad esserci una sostanziale complicità tra le vittime e i mariuoli che sistematicamente le sfruttano e le derubano.  E non si tratta di ingenuità, ma di una cultura diffusa, che ritiene il bene comune un’utopia e che porta la gente ad avanzare, in nome delle prevaricazioni degli altri, la pretesa di compiere le proprie. In questo clima, i ladri possono essere criticati, ma alla fine ricevono ammirazione e sostegno, magari nella speranza di poter godere di altrettanta impunità.

Ma torniamo ad Hoeness.  Alla luce dei parametri nostrani, il suo comportamento è quello di un marziano. «Roba da idealisti!», dirà qualcuno; «ma con gli ideali non si va avanti nelle cose concrete». Eppure, che strano: oggi ad andare avanti nella cosa più concreta di tutte, l’economia, è proprio la Germania di Hoeness, e andare indietro è l’Italia di Berlusconi & C. Si tratta di un caso, di un errore?

Proviamo a chiederci: se uno ha dei soldi da investire, li investirebbe in un paese dove gli uomini politici di punta vengono condannati per frode e continuano a restare al loro posto, col pieno appoggio del loro elettorato, oppure in uno dove i singoli e l’opinione pubblica sono rigorosamente ligi alle regole della correttezza e della responsabilità?

Perciò, giustamente, Galli della Loggia, individuava la causa del degrado anche economico dell’Italia in «una società con un assai debole «capitale civico», familistica e corporativizzata, complessivamente poco istruita e poco interessata a informarsi, il cui interesse per la libera discussione è scarsissimo, dislocata geograficamente, divisa in interessi particolari accanitamente decisi ad autotutelarsi; dove il privato tende sempre a prevalere su ciò che è pubblico o a piegarlo al proprio servizio».

Se si vuole uscire dalla crisi, in Italia bisogna inaugurare una nuova mentalità e un nuovo stile, a tutti i livelli, privato e pubblico. Insomma, una nuova cultura. Per usare le parole di Hoeness, una cultura della decenza.

 {jcomments on}

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *