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Papa Francesco, i detenuti e le storie che diventano Via Crucis.

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Storie di detenzione che diventano via crucis.

di Babak Farrokhi, da https://www.flickr.com/photos/farrokhi/8581420679

Il 9 marzo papa Francesco, in modo informale, ha inviata una lettera al direttore del Mattino di Padova, perché, attraverso il suo giornale, giungesse alla città di Padova, ai volontari, al mondo ecclesiale il suo pensiero di partecipazione affettuosa e di ringraziamento per tutto il lavoro fatto.

Le attuali dolorose circostanze, scrive tra l’altro il Papa, sono anche “un’occasione per vedere di che cosa sono capaci gli uomini e le donne di buona volontà. Penso a chi, in questi giorni, si sta impegnando oltre il dovuto: il personale medico e paramedico innanzitutto. La buona volontà, sempre unita ad un forte senso di responsabilità e di collaborazione con le apposite autorità competenti, diventa un valore aggiunto di cui il mondo ha estremo bisogno.”

La lettera del pontefice è diretta ad una città che quest’anno 2020 è Capitale Europea del Volontariato. Papa Francesco ringrazia per il motto scelto come filo conduttore delle attività di Padova in questo 2020: “Ricucire insieme l’Italia”.

Un’Italia lacerata da incertezza e panico

Sappiamo tutti cosa stesse diventando il clima sociale dell’Italia in questi ultimi anni. I rapporti CENSIS, anno dopo anno, ci hanno messi di fronte al degrado interiore del cittadino italiano, preda di pulsioni incontrollate, incapace di bene comune, pessimista, impaurito, arrabbiato …

L’insicurezza e la paura, per non diventare panico, cercano un colpevole. In questo clima di degenerazione culturale per molti mesi i migranti sono stati additati come causa dei nostri problemi. Quando la percezione del pericolo è distorta si può diventare vittime di una psicosi collettiva.

L’epidemia da Coronavirus è stata come uno schiaffo dato a chi è in preda al delirio, derivante da una visione errata della realtà, per farlo tornare in sé. Il problema migranti in Italia è, così, scomparso dalle prime pagine dei giornali.

Nel parossismo del picco da contagio non bisognerebbe però dimenticare quello che sta succedendo ai confini tra Grecia e Turchia e nell’isola di Lesbo. Ancora una volta, uomini in fuga diventano pedine di un gioco di potere tra i cosiddetti “grandi” della terra, che trasformano in inferno la condizione di fragilità di chi fugge da un pericolo reale.

Il ritorno della solidarietà e dello spirito comunitario

Lo “schiaffo”, ricevuto in modo inaspettato e in pieno volto, sta avendo un’altra conseguenza: gli italiani riscoprono la solidarietà, si prodigano in iniziative di vario genere, diventano creativi di bene.

“Orgogliosi di essere italiani” viene ripetuto sulle pagine dei giornali e nei programmi di intrattenimento televisivo. L’OMS ci addita ad esempio. Non sentivamo da parecchio tempo l’aggettivo “italiano” attribuito in positivo. Costretti alla distanza di un metro, sentiamo improvvisamente il bisogno di abbracciarci, stringerci la mano.

Dunque “ricuciamo insieme l’Italia”! “Ricucire” è un verbo che per il Papa significa il contrario di “gettare”, “sfasciare”, “scartare”. Atteggiamenti che colpiscono innanzitutto il debole e l’indifeso.

La via Crucis e le storie dei detenuti

Anche il Papa, in nome del Vangelo, ricuce l’Italia come può.

Ai detenuti, alle loro storie, alla loro condizione di sofferenza, che solo se viene accompagnata può diventare cammino di restituzione alla società civile, papa Francesco si rivolge nella lettera al direttore del Mattino, invitandoli a diventare protagonisti. Saranno loro in questa quaresima 2020 a scrivere le stazioni della via crucis (si farà?) con il racconto delle loro storie.

Non solo le loro storie sono richiamate in primo piano, ma le storie di tutti quelli che con i loro volti “compongono il mondo delle carceri”.

Don Marco Pozza cappellano del carcere Due Palazzi di Padova, in un’intervista pubblicata su Avvenire, alla domanda: “chi sono i protagonisti di questa via crucis?”, risponde: “Persone molto diverse. Tra loro ci sono cinque persone detenute, i familiari di una vittima di omicidio, la figlia di un uomo condannato all’ergastolo ostativo, un’educatrice, un magistrato di sorveglianza, la madre di un detenuto, un catechista, un frate volontario, un agente di Polizia penitenziaria, un sacerdote accusato e poi assolto definitivamente dopo otto anni.” (https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/interrogati-dalla-passione-di-ges).

Gli ultimi, gli esclusi dal mondo civile

Il Papa desidera che il “passo” della Via Crucis sia dettato da quegli esclusi dal mondo civile, che il cittadino libero considera spesso scarti messi in sicurezza all’interno di quel “buco nero” che sono le carceri, dove il pericolo e l’insicurezza (persone con nome e cognome) vengono risucchiati e non hanno più diritto a dare notizia di sé.

Scrive il Papa: “Quest’anno ho voluto che fosse la parrocchia della vostra Casa di Reclusione, il Due Palazzi, a proporre al mondo le quattordici stazioni. Ho scelto il carcere, colto nella sua interezza, per fare in modo che, anche stavolta, fossero gli ultimi a dettarci il passo. Assieme a don Marco Pozza, che lei ben conosce, abbiamo pensato le meditazioni come un’opera corale, unendo i vari volti che compongono il mondo delle carceri: la vittima, la persona detenuta, l’agente di Polizia Penitenziaria, il volontario, la famiglia di chi è detenuto, il magistrato di sorveglianza, il funzionario pedagogico, la Chiesa, la persona innocente, a volte, ingiustamente accusata. Il carcere è un caleidoscopio di situazioni ed è sempre forte il rischio di raccontarne un particolare a scapito dell’insieme. La risurrezione di un uomo non è mai opera di un singolo, ma di una comunità che lavora alleandosi assieme.”

Il ruolo dell’istituzione carceraria

Ho scritto altre volte che il carcere è una delle molte istituzioni umanizzanti della nostra comunità politica e sociale. Come tutte le istituzioni il carcere è istituzione complessa, articolata, fatta di volti e di funzioni diverse. Il suo compito è quello della restituzione alla società di chi, in modi diversi, con atti più o meno gravi, ha ferito il consorzio sociale. Papa Francesco coglie bene la complessità del “mondo delle carceri”.

A questo mondo, e non solo ai detenuti, si rivolge. Lo invita a diventare protagonista.

Francesco, dunque, continua, attraverso gesti profetici, il suo magistero di riscoperta delle esigenze del Vangelo e di lotta alla “cultura dello scarto” e alla “globalizzazione della indifferenza”. Recupera altri scartati invitandoli a sentirsi protagonisti nella chiesa e nella società civile.

La lettera di papa Francesco si trova all’indirizzo https://mattinopadova.gelocal.it/regione/2020/03/09/news/la-lettera-del-papa-ai-veneti-conosco-il-vostruo-cuore-grande-restiamo-uniti-contro-il-virus-1.38572190

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