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Papa Francesco e l’esigenza di una Chiesa Povera

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  di Dario Cataldo

Instancabile e diretto, come sua consuetudine, Papa Francesco continua nella sua opera di rinnovamento delle Istituzioni Ecclesiastiche. Dopo l’invito alle suore ad essere “più madri e meno zitelle”, adesso è il turno dello Ior e di ciò che ne consegue a livello mediatico. Senza peli sulla lingua, il Vescovo di Roma non usa mezze misure è punta dritto all’obiettivo: “San Pietro non aveva un conto in banca e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro il pesce”.

Parole che non lasciano adito a equivoci o fraintendimenti; parole che non permettono di vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Nient’altro che un monito pesante come un macigno, destinato a far scrivere fiumi d’inchiostro sullo storico quesito: Chiesa povera sì o Chiesa povera no? Al di là dei dibattiti e dei titoli di giornali fini a se stessi, il Santo Padre utilizza il suo consolidato pragmatismo e traccia la strada maestra, che abbia fissa una sola direzione: la sequela di Cristo e del Vangelo. Proprio come la primitiva Chiesa delle origini, il cui senso di comunanza, di comunità vicendevole e caritatevole tra i fratelli, era il collante che, insieme agli insegnamenti del Maestro, cementava i suoi primi passi verso la storia, così la Chiesa contemporanea, deve abbandonare le logiche dell’imprenditorialità, in quanto: “una Chiesa ricca invecchia perché non ha vita”.

 

Al contrario, l’esigenza di un ritorno alla povertà, alla condivisione – sulla scorta dei primi testimoni della fede, come Barnaba, che ha venduto tutto per provvedere alle esigenze della comunità – è un auspicio che fa eco alle parole di Gesù: “Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture”. L’esortazione ha una duplice veste: quella di non appesantire lo spirito con le zavorre del secolo e, contestualmente, della compartecipazione, della fratellanza. L’annunzio neotestamentario è di un’attualità disarmante, intento ieri come oggi a suscitare un rinnovamento profondo.

Papa Bergoglio, proprio come Francesco, il poverello di Assisi, interiorizza il messaggio cristiano e lo amplifica con il megafono della Fede, della Carità e della Speranza. “Questa povertà ci salva dal diventare organizzatori e imprenditori. Si devono portare avanti le opere della Chiesa – afferma il Santo Padre – e alcune sono un po’ complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore”. Continuando nella sua catechesi, il Vescovo romano chiosa dicendo che il popolo di Dio “è un’altra cosa, più importante, e nasce dalla gratuità, ricevuta e annunziata”. L’esigenza di guardare al passato, alle origini per non invecchiare è il messaggio poco velato che Papa Francesco indirizza non solo alle Istituzioni ecclesiastiche, bensì a tutti i fedeli, perché è soltanto con l’amore vicendevole che i periodi di crisi economia e sociale – come quello attuale – possono essere superati, fagocitati da un sentimento più grande quale è la carità.

La chiesa siciliana di recente ha goduto di un esempio fervido e lucente, testimone di buona speranza contro il puzzo della criminalità, di ciò che allontana dalla grazia di Dio. Da quel 15 Settembre del 1993, donando la propria vita a favore della Testimonianza cristiana, il Beato Pino Puglisi, con la sua umiltà e la sua perseveranza, ha disarmato le mani dei suoi aguzzini con quell’amore imperituro che non muore mai. Con gli stessi propositi, il Papa esorta al cambiamento, per una Chiesa più povera e fraterna.

 

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