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Non ho mai mangiato la pasta Barilla

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 di Giuseppe Savagnone

 

 Riporto testualmente da un sito che ha sostenuto il boicottaggio alla pasta Barilla, dopo una dichiarazione del titolare dell’azienda in cui si escludevano, dalla pubblicità dei suoi prodotti, immagini di famiglie non “tradizionali”:

 

“FAI CIRCOLARE

In una recente intervista Guido Barilla, presidente dell’omonima multinazionale conosciuta in tutto il mondo per la produzione di pasta, afferma che:

“Non metterei mai in una nostra pubblicità una famiglia gay, perché noi siamo per la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono, purché non infastidiscano gli altri”

e aggiunge:

“Noi abbiamo una cultura vagamente differente, per noi il concetto di famiglia sacrale è uno dei valori fondamentali dell’azienda, come la salute e la famiglia, il concetto di famiglia unita. Non lo faremo perché la nostra è una famiglia tradizionale”

Le persone omosessuali, le associazioni che li tutelano e tutte le persone perbene e dotate di un minimo di cervello non ci stanno e così, sui social network, parte il boicottaggio dei prodotti dell’azienda facendo diventare Barilla, di fatto, la pasta più twittata della storia”.

 

 

Sì, è andata proprio così. Ho voluto lasciar parlare i promotori del boicottaggio, volendo evitare il rischio di falsare i fatti. Come risulta dal testo sopra riportato, Barilla non ha insultato nessuno, non ha proposto o promosso atti di violenza. Ha semplicemente espresso una propria opinione, che riguardava l’ambito della sua attività commerciale, e rivendicato il diritto di seguire, nel gestire la pubblicità della sua pasta, la propria  concezione della famiglia. Poi, davanti al pandemonio che si è scatenato contro di lui e la sua azienda, ha dovuto rilasciare una umiliante intervista (che chiunque può ascoltare andando sul sito della Barilla)  in cui si scusava e dichiarava di essersi reso conto di dover «ancora imparare molto sulla evoluzione della famiglia». Anche se, a giudicare dai commenti sul blog, neanche questa pubblica ritrattazione basterà a placare l’ira dei suoi contestatori.

Sono abbastanza vecchio da ricordare scene analoghe durante la cosiddetta “rivoluzione culturale” cinese. Politici, intellettuali, gente comune, con in testa un cappello a punta per derisione, che chiedevano pubblicamente perdono per avere avuto idee che rappresentavano un evidente tradimento del popolo.

Non mangio, di solito, pasta Barilla. Il mio non è dunque, un intervento mosso da interessi gastronomici. E non escludo affatto che, se si indagasse un po’, si scoprirebbe che anche questa multinazionale ha delle magagne. Non lo so e in questo momento non mi interessa. Ma, a quanto pare, non interessa nemmeno ai gay.  Perché ciò per cui l’hanno attaccata non è l’avere sfruttato il lavoro dei bambini di qualche paese del Terzo mondo, come fanno tante; non è l’avere tagliato la produzione di farmaci indispensabili ai poveri, che non li possono pagare, per dedicarsi a quella di preparati inutili o addirittura dannosi ad uso e consumo dei ricchi; ma il fatto che il titolare pensa (e osa pure dire!) che la famiglia tradizionale, composta da un uomo, da una donna e da bambini generati da loro, è quella che lui preferisce.

«Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono, purché non infastidiscano gli altri», aveva aggiunto, ingenuamente, lo sventurato Barilla. Incosciente! Tutti sono liberi, nel mondo, di scatenare guerre, di promuovere il traffico d’armi, di gestire in grande stile il giro della droga e della prostituzione. Tutti sono liberi, in Italia, di utilizzare la televisione per imbarbarire gli italiani, di usare il corpo femminile come un oggetto di consumo, di battersi – con successo –  in nome del principio che  i soldi dei ricchi non si toccano e che le tasse le devono pagare in egual modo tutti (cioè in pratica soprattutto i poveri). Forse per disattenzione, non ho mai sentito di una campagna di boicottaggio che colpisse, che so, Mediaset o di una protesta organizzata perché lo Stato è stato costretto a tagliare ai comuni i fondi per gli asili nido.

Ma qui sono in gioco cose ben più serie, qui viene minacciato il diritti dei gay di non sentirsi dire che la loro è una famiglia “diversa”! Una fandonia simile «tutte le persone perbene e dotate di un minimo di cervello» non la possono sopportare. E allora, boicottiamo la Barilla (che è molto di più che esercitare la libertà, indiscutibile, di non comprarla)! A titolo di monito. Tutti devono sapere che, contrariamente a quanto si era detto tante volte in un recente passato, la libertà dell’individuo ha dei limiti. Non quando si tratta di speculare sulla crisi per pagare di meno i propri dipendenti, non quando si pubblicizza e si favorisce il gioco d’azzardo: queste sono questioni di poco conto.  Ma è vietato, in una società civile, pensare e dire che per formare una famiglia e avere dei figli la via normale è quella “tradizionale”. E chi si azzarderà, da ora in poi, a farlo, negando l’evidente verità che il sesso maschile e quello femminile sono solo invenzioni culturali, è giusto sia additato al pubblico ludibrio. E l’industriale deve ringraziare il cielo che non sia ancora passata la legge che prevede la galera per chi fa discorsi simili. Perché nel nostro Paese di tutto si può discutere, tutti i tabù devono essere sfatati, tranne che la legittimità delle nozze gay.

No, non ho mai mangiato pasta Barilla. Ma domani, forse, ne compro un pacco.

 

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