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Melita Cavallo, giudice e paladina Lgbt

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di Dario Cataldo

 

 

   Presidente del Tribunale per i minori di Roma, il giudice Melita Cavallo è a favore delle coppie “arcobaleno”, tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “giudice delle coppie gay” attribuitole dal quotidiano La Repubblica.

 

   Nessuno scandalo, nessuno stupore nelle sue dichiarazioni. I suoi interventi a sostegno delle istanze omosessuali sono innumerevoli, a cominciare dal Disegno di Legge Cirinnà sino alla Stepchild Adoption.

 

   In un’intervista rilasciata all’Unità del 25 Febbraio 2016 ha inoltre negato l’importanza per i figli di avere un padre e una madre, attribuendo alle unioni civili il valore di “rapporti a volte più forti di quelli delle famiglie tradizionali”.

 

   Pioggia di critiche dai colleghi, che giudicano “eversive” le sue sentenze. Dalle pagine del suo libro, “Si fa presto a dire famiglia”, il Giudice si scaglia contro coloro i quali difendono l’Istituto familiare costituito da un uomo e una donna, accusandoli di ipocrisia.

 

   Neanche a dirlo, durante la presentazione del volume, al suo fianco c’era l’instancabile Monica Cirinnà. A seguire, la Cavallo ha già dichiarato che parteciperà al Festival del Giornalismo di Perugia per parlare di questioni Lgbt.

 

   Nulla di strano se non fosse che qualche mese fa, esattamente nel Novembre del 2015, è stata sollevata una polemica in merito alla Sentenza del Consiglio di Stato che ribadiva l’incostituzionalità del matrimonio tra membri dello stesso sesso, in quanto “privo dell’indefettibile condizione della diversità di sesso dei nubendi, che il nostro ordinamento configura quale connotazione ontologica essenziale dell’atto di matrimonio”.

 

   Nella fattispecie, gli attivisti e i membri delle potenti lobby gay si sono scagliati contro Carlo Deodato, uno dei cinque magistrati firmatari della sentenza, reo di essere cattolico.

 

   Insulti a valanga per un uomo prontamente difeso anche da colleghi laici e favorevoli alle unioni omosessuali, da giuristi e professori universitari, oltre che da privati cittadini.

 

   Insomma, una campagna denigratoria senza precedenti per mettere alla gogna un uomo durante l’esercizio delle sue mansioni.

 

   Per Melita Cavallo invece nessuna critica mediatica, nessuna trasmissione televisiva che abbia condotto un approfondimento. Nessuna lamentela o incompatibilità di ruolo per lei. Il pregiudizio è unilaterale e questo è un dato di fatto.

 

 

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