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“La santità è un processo generativo” – Intervista a don Giuseppe Alcamo

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Vivere la santità nel mondo contemporaneo

Papa Francesco ci ha abituati, ormai, ad un magistero caratterizzato oltre che da documenti anche da gesti, parole, incontri e silenzi capaci di comunicare al mondo la forza e la bellezza dell’annuncio cristiano. Fra i temi principali del suo insegnamento vi è sicuramente quello della santità nel mondo contemporaneo per il quale ha dedicato nel 2018 l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate.

Discutiamo di questo tema con don Giuseppe Alcamo. Presbitero della diocesi di Mazara del Vallo e docente di Catechetica presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, Alcamo ha curato un volume – appena pubblicato dalle Edizioni Paoline – intitolato La vita della Chiesa aurora dell’umanità. Alla luce di Gaudete et exsultate.


 – Al mondo contemporaneo – afflitto da gravi mali economici, sociali, politici e culturali – papa Francesco ricorda che la santità è una questione attuale che, per i credenti, risulta essere un cammino necessario da percorrere nella vita. Perché, a suo parere, il papa ha rilanciato con forza la chiamata alla santità?

Credo che Papa Francesco colga una grande tentazione per la Chiesa, quella di ridursi ad una ONG, senza scopo di lucro, che opera per fini filantropici, trascurando e mettendo in secondo piano il suo essere “Sacramento di salvezza per l’umanità”.

Attenzione, non si vuole sottovalutare o screditare l’opera delle tante ONG che agiscono in favore dell’umanità con tanta generosità e disponibilità, ma ribadire che la Chiesa è un’altra cosa.

Per la Chiesa, l’intimità con Dio è il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni sua scelta e azione. La disavventura più grande che più succedere alla Chiesa è quella di mettere in atto un’azione pastorale che non introduca e accompagni nell’orbita di questa intimità che viene chiamata santità.

Di conseguenza, la tentazione più subdola che può subire un cristiano è quella di vivere fuori dalla prospettiva della santità, riducendo la fede a codice morale o a bagaglio culturale, ad una forma di buona educazione. Papa Francesco vuole affermare la priorità di Dio per la vita della Chiesa e del cristiano.

– Alla luce del messaggio di Francesco, in cosa consiste la santità? È destinata a tutti?

La santità è vivere l’ordinario in modo straordinario, cioè nella gioia e nell’amore. La gioia e l’amore, come frutti dello Spirito, rendono saporita questa vita in tutte le sue espressioni, anche nelle sue realtà non facili e a volte dolorose.

La vera sfida per la Chiesa è indicare e mostrare la santità come processo generativo di pienezza di vita, come forma concreta di realizzazione comunitaria e personale, come compimento di ogni vocazione. La santità è l’esperienza cristiana in quanto tale, in ogni sua espressione e forma.

I cristiani, sin dai primi tempi, sono chiamati e si reputano «i santi», senza per questo millantare, né davanti agli uomini né al cospetto di Dio, una propria rettitudine morale, anzi riconoscendosi pubblicamente e con insistenza deboli e peccatori.

Per comprendere il senso di questo apparente controsenso, possiamo richiamare alla memoria l’icona riferita dal Vangelo di Luca, del fariseo e del pubblicano che si recano al tempio per pregare, e che escono dal tempio il primo con un ulteriore peccato di superbia ed il secondo con il dono del perdono (cfr. Lc 18,9-14). Per Luca, il fariseo formale e legalista, che rivendica la sua giustizia davanti a Dio è l’opposto del santo; mentre, il pubblicano, che prova vergogna per la sua vita infedele e che si mortifica per gli errori commessi, chiedendo perdono e proponendosi di non farlo più, è colui che si incammina decisamente verso la santità, perché da Dio giustificato; non si è autogiustificato, ma si è lasciato giustificare da Dio. La santità della Chiesa è sempre nella linea del “nonostante” il peccato.

La santità, in quest’ottica, è tutta l’esperienza cristiana e quindi ad essa non si sottrae niente di ciò che dell’umano l’esperienza cristiana assume e redime. La santità è la vocazione di tutti, che poi deve realizzarsi nelle diverse vocazioni a cui ciascuno è chiamato, ognuno per la sua via”, dice la Lumen gentium. Santità come pienezza di vita, ma anche come missione da accogliere e portare a compimento. In questa missione, lo Spirito Santo riproduce i lineamenti del volto di Cristo oggi.

Non si diventa santi da soli: il marito e la moglie sono chiamati a diventare santi insieme e ad introdurre i propri figli dentro la loro vita santa; il presbitero è chiamato a diventare santo dentro la comunità che è chiamato a presiedere e non nonostante la comunità, la stessa cosa vale per i religiosi; il vescovo è chiamato a diventare santo dentro il presbiterio che gli è stato affidato e non senza i suoi presbiteri.

Siamo il corpo di Cristo, come Chiesa, perché tutti insieme siamo chiamati a vivere della stessa santità di Cristo. Dentro questa Chiesa, ortodossia ed ortoprassi non sono due cose separabili, si coimplicano e si esplicitano reciprocamente.

– Alle fondamenta della santità vi è la conversione a Cristo Gesù che conduce ad un vero, e radicale, rinnovamento esistenziale. Lungi dal presentare la santità come qualcosa di avulso dalla realtà, il papa afferma che essa conduce ad una pienezza di vita. In cosa consiste questa pienezza?

Il Papa indica la santità per affrontare il male di vivere, il non senso dell’esistenza. Santità in opposizione a superficialità, mediocrità, ad un cristianesimo annacquato, perché potrebbe succedere di cedere alle tentazioni di adulterare la nostra fede per desiderio di approvazione, per non entrare in dispute che ci pongono in minoranza, per moda o per accondiscendere alle esigenze dei nostri contemporanei (cfr. Ge 161).

Santità come forma e stile di una vita all’insegna della fedeltà; come direzione da dare alla totalità della propria vita. Tutto questo però senza credere che la santità sia frutto di una sapienza umana o ubbidienza a tutte le regole. Francesco mette in allarme contro quella sapienza che chiude in se stessi, che fa diventare il centro del mondo e a quella ubbidienza legalista che fa insuperbire giudicando gli altri inferiori a se stessi.

– Le beatitudini di Gesù presenti nei Vangeli rappresentano il manifesto, esigente, della vita cristiana. All’uomo del nostro tempo, con quali metodi è opportuno comunicare e trasmettere la grandezza di questo messaggio?

Papa Francesco individua nelle beatitudini, rilette a partire dal capitolo 5 di Matteo, “la grande regola di comportamento”, la carta di identità del cristiano, che lo pone dentro l’umanità come un segno di contraddizione, come una pietra di inciampo; le beatitudini indicano uno stile di vita alternativo alla logica del mondo.

La santità, alla luce delle beatitudini, ha una doppia dimensione che è inscindibile: contemplare il volto del Signore e contemplare il volto dell’uomo che vive accanto a noi, e, in lui poter contemplare il volto dell’intera umanità.

Il verbo contemplare assume nel discorso di Francesco una duplice valenza: orante ed operativa; preghiera personale e comunitaria, che mette in relazione con Dio, e, servizio concreto e storico, che mette in relazione con Dio tramite il fratello. Nella santità il cristiano trova la via della piena realizzazione personale, ma anche il vero itinerario per evangelizzare il mondo di oggi. La Chiesa non indica ricette per diventare santi, ma uno stile da assumere per permettere alla santità di Dio che prendere il nostro volto e manifestarsi con la nostra vita.

– La santità è un bene che si vive nel seno di un popolo che è la Chiesa. In questa, il credente sperimenta quotidianamente che tale cammino, individuale e comunitario, non è privo di ostacoli. Quali sono – per la chiesa contemporanea – le difficoltà maggiori nel procedere verso la via della santità?

Francesco ribadisce che la santità è a portata di mano per tutti, ma non è una scelta banale, nessuno la può vivere da solo, non nasce da una vita tiepida, accomodata, né da una vita ideale ed inesistente, ma da una vita che conosce cadute e rialzate. Per poterci rialzare, tutte le volte che cadiamo abbiamo «le potenti armi che il Signore ci dà: la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della Messa, l’adorazione eucaristica, la Riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario (Ge 162).

Se guardiamo la santità dalla parte di Dio, è vicinanza e accoglienza della sua stessa vita; se la guardiamo dalla parte dell’uomo, la santità è conversione, discernimento, ascolto, servizio, condivisione; se la guardiamo dalla parte della Chiesa, la santità è comunione sacramentale, è liturgia, lode, ringraziamento, ma anche profezia e martirio; se la guardiamo dalla parte del mondo, la santità è stoltezza che rende felici coloro che la vivono.

Prospettive diverse che permettono di cogliere la globalità della vita santa della Chiesa e del cristiano, dentro un mondo che cammina verso il Signore, che come narra l’Apocalisse, a grandi passi gli viene incontro: «Colui che attesta queste cose dice: “Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti.» (Ap 22, 20-21).

La più grande difficoltà nel procedere verso la via della santità è perdere di vista che stiamo camminando verso il Signore e che il Signore viene incontro a noi. In altri termini, la più grande difficoltà è perdere la speranza che rende “l’oggi” migliore di ieri e domani lo sarà ancora di più, perché questa storia ha un fine che è l’incontro con il Signore.

Vivere di nostalgia con lo sguardo rivolto al passato non è da cristiani. La Chiesa indica sempre ai suoi figli di guardare in modo operoso verso l’orizzonte. La santità è speranza di una relazione d’amore che non finisce.

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