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Immaginare e realizzare un mondo diverso. Recensione a “Quel mondo diverso” di Fabrizio Barca e Enrico Giovannini

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F. Barca – E. Giovannini, Quel mondo diverso. Da immaginare, per cui battersi, che si può realizzare,

Laterza 2020, pp. 125, 15,00 euro.

Ormai sembra chiaro a tutti che la pandemia da Covid-19 abbia svelato i limiti del modello di sviluppo economico, politico e culturale dell’Occidente. Infatti, la crisi ci mostra come i valori su cui si fonda il nostro sistema – libertà e giustizia sociale – non erano garantiti a tutti i cittadini ben prima della diffusione del virus. In modo quasi improvviso e sbalordito ci siamo accorti di quante mancanze abbiano le istituzioni scolastiche, le strutture ospedaliere e sanitarie, gli enti locali, tutti chiamati – secondo la costituzione italiana – a garantire uguale possibilità di sviluppo ad ogni uomo attraverso l’esercizio della libertà e la concretizzazione della giustizia sociale. Così, l’attuale momento storico – oltre che per piangere i lutti e per confortare le famiglie, le imprese e i territori maggiormente colpiti – potrebbe configurarsi come un’occasione finalizzata a ripensare dalle fondamenta la nostra organizzazione sociale. Non si tratta di distruggere l’esistente in cambio di visioni calate dall’alto e destinate a divenire altri mostri, bensì di rinnovare alla luce di una prospettiva capace di garantire tanto la dignità umana quanto la tutela dell’ambiente. Di questi temi discutono Fabrizio Barca e Enrico Giovannini nel recente volume Quel mondo diverso. Da immaginare, per cui battersi, che si può realizzare (Laterza 2020) che si presenta come un intenso e appassionato dibattito a due voci sul futuro dell’umanità. Lungi dal declinare prospettive utopiche, gli autori presentano un ragionamento che dopo aver individuato le falle del nostro sistema possa – attraverso una presa di consapevolezza collettiva – rigenerare la politica e la società alla luce di un equilibrio da ristabilire con l’economia e la finanza.

I limiti di un sistema

Gran parte delle attuali ingiustizie e povertà provengono dalle scelte economiche e politiche effettuate a partire dagli anni Ottanta con le quali si sono imposte nei Paesi sviluppati alcune dinamiche come il culto della privatizzazione, l’ossessione per la creazione della ricchezza, le disparità crescenti fra ricchi e poveri. In tal modo, si è sempre più consolidato uno squilibrio fra sistema economico e organizzazione politica che ha indotto il capitalismo a divenire un meccanismo quasi privo di restrizioni necessarie per la tutela dei più fragili. Questa tendenza ci ha mostrato come il progresso per tutti non avviene attraverso l’esclusiva ricerca del profitto ma tramite opzioni politiche tese a livellare gli squilibri del mercato perché, a parere di Barca, il capitalismo: «tende a portare tutto sul mercato, ovvero a mercificare qualunque aspetto della vita umana: tende a trasformare il valore d’uso in valore di scambio» (p. 4). L’unica possibilità per bloccare questa degenerazione è il sistema democratico il quale deve tornare a essere il primo nell’avanzare e valutare le riforme della politica e non, come ormai da consuetudine, i mercati e la finanza.

Nuovi modelli di benessere e sviluppo

Inoltre, si tratta di ridisegnare i sistemi di misurazione della ricchezza delle nostre società. Così, per Giovannini, bisogna spingere la comunità internazionale a: «ragionare oltre la metrica del PIL, cioè a mettere in discussione il modello basato sulla crescita quantitativa e provare, partendo dai dati, a costruire una nuova visione del mondo» (p. 21). Per gli autori è chiaro che a cominciare dall’Unione Europea, tutte le nazioni sono chiamate ad abbracciare un nuovo paradigma di sviluppo sostenibile che non potrà più garantire soltanto l’aumento del reddito ma anche un’organizzazione sanitaria efficiente, un’istruzione adeguata, un lavoro stabile. Da sole, queste condizioni ci indicano sia che esiste un’alternativa al modello di progresso imposto da decenni a livello internazionale sia che con la crisi dovuta alla pandemia il cambio di passo non è più rinviabile.

Per il primato della politica, e per una politica capace di ascoltare

Secondo gli autori, appare evidente che la politica debba presto riprendersi il ruolo di guida nell’avvio dei processi di cambiamento da troppo tempo affidato alla tecnica e al mercato per via di un neoliberismo incapace di affrontare la situazione odierna. Purtroppo oggi, sostiene Barca, è come se: «non avessero più rilevanza né l’espressione delle preferenze dei cittadini […] né la trasformazione di quelle preferenze che avviene proprio attraverso il processo politico» (p. 12). Il punto è che per molti anni i partiti non hanno considerato i cambiamenti culturali e sociali in atto e, oggi, tutti coloro che desiderano impegnarsi concretamente per la comunità lo fanno in gruppi e associazioni che hanno raccolto le istanze di rinnovamento. Tuttavia, se la cittadinanza attiva non riuscirà a influenzare la politica, difficilmente i processi di rinnovamento potranno trovare accoglienza e promozione nelle istituzioni. Allora, urge la costituzione di una forza politica in grado prima che di sfondare nelle percentuali di consenso, di entrare in sintonia con i diversi movimenti di rinnovamento attivi nella società.

L’attualità della proposta culturale e politica di Fabrizio Barca e Enrico Giovannini è fuori discussione. Pur costruito nella forma del dialogo, il volume sarebbe assai utile per quanti – impegnati nei partiti e indirettamente nella politica – vogliano introdursi ad alcuni temi chiave del nostro tempo. Dal testo emerge che la politica a ogni livello manca di visione. Il volume di Barca e Giovannini ne offre una in grado di costruire i ponti tra presente e futuro.

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