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I prodigi della Parola – Mc 16, 15-20

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Introduzione alla lectio divina su Mc 16, 15-20

17 maggio 2015 – Ascensione del Signore (Anno B)

 [15] Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e annunciate il vangelo ad ogni creatura. [16] Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. [17] E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, [18] prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. [19] Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. [20] Allora essi partirono e annunciarono dappertutto, mentre il Signore cooperava e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.

 

 

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Ascensione di Gesù, Giotto,  Cappella degli Scrovegni, Padova

 

Il vangelo di Marco termina con la scoperta del sepolcro vuoto da parte delle donne che, pur avendo avuta annunciata da un angelo la resurrezione di Gesù, scappano terrorizzate (16, 1-8). Il brano di questa settimana, che molto probabilmente è di un autore diverso rispetto al resto del vangelo di Marco, costituisce un epilogo “canonico”, in quanto sebbene manchi nei manoscritti più antichi è stato dichiarato ispirato dalla Chiesa e fa parte integrante delle Scritture. Si tratta di una serie di racconti pasquali, una serie di apparizioni, composte a fini catechetici che, al di là delle ricostruzioni filologiche, va letto per quello che è il suo significato: una interpretazione della comunità post-pasquale che riflette sulla sua esperienza di fede e sul suo mandato alla luce dell’evento della Resurrezione, di cui l’Ascensione di cui si parla è il compimento.

E che la fede nell’evento della Resurrezione e il vivere la testimonianza nella compagnia degli uomini diventano la cifra interpretativa del brano, è dato anche dal fatto che nel contesto immediatamente precedente (v. 14), Gesù appare agli Undici, rimproverandoli per la loro incredulità nei confronti di coloro che erano stati i primi testimoni nel vederlo risorto (la Maddalena, i due discepoli che camminano in campagna 16, 9-13), mettendo in evidenza come la fede in Gesù passi attraverso una adesione a chi ce la testimonia.

Nonostante la debolezza dell’uomo, che si manifesta attraverso l’incredulità, e della Chiesa “incompleta” – in quanto undici senza il traditore – Gesù affida ad essi la missione di annunciare il Vangelo in tutto il mondo. Gesù, dunque, non solo accoglie la debolezza dell’uomo  e della sua Chiesa, ma non pone confini e steccati all’annuncio della salvezza.

La doppia possibilità della fede e dell’incredulità (14-16) rimane lo spazio di libertà dell’uomo all’annuncio che, se ascoltato e testimoniato, non è meno pregnante, dato che lo stesso incontro diretto con il Risorto non era stato motivo sufficiente per credere.

L’accoglienza della Parola annunciata a tutti diventa il discrimen tra la salvezza e la condanna, non perché contenga in sé elementi di giudizio ma perché permette all’uomo di leggersi in profondità e rivelarsi a se stesso.

Alla proclamazione del Vangelo si accompagnano alcuni segni, frutto dell’efficacia della Parola annunciata e testimoniata: cacciare i demoni, parlare lingue nuove (At. 2, 1-11), maneggiare serpenti e veleni senza danno (At 28, 3-6), imporre le mani ai malati. Tutte azioni di liberazione del male che la Parola proclamata agisce in chi l’ascolta: una liberazione da ciò che di disumanizzante abita in noi, una possibilità di comunicare in modo autentico con gli altri, di vivere immersi nel mondo senza lasciarsi sopraffare dalle logiche “velenose” che in esso possono esservi, sperimentare una guarigione anche esistenziale.

Non si tratta di miracoli che s’impongono con la forza dell’impossibile, ma di segni che rivelano la forza dell’amore di Dio in mezzo agli uomini.

Differentemente dai versetti immediatamente precedenti, in cui il rimprovero per l’incredulità, fotografa e fissa in una dimensione di chiusura e di staticità la comunità della Chiesa nascente, questa parte del brano è mossa da un dinamismo che viene impresso da quell’ “andate e annunciate” con cui si apre il brano.

È proprio l’invito di Gesù a spingere i discepoli in questo dinamismo missionario rivolto verso tutti senza distinzioni. Grazie alla testimonianza della Chiesa, la Parola può raggiungere ogni uomo e permettere così a chi l’ascolta di potersi salvare.

Gesù nel momento del compimento ultimo della sua vita terrena nell’Ascensione non lascia soli i suoi discepoli nella testimonianza ma “coopera” con loro. Attraverso la presenza del suo Spirito, Gesù opera con insieme ai suoi discepoli e così la stessa Ascensione, manifestazione della natura divina di quel Gesù storico che ha percorso le strade del mondo nella compagnia degli uomini, diventa il punto di partenza della vita della Chiesa e ci comunica il destino ultimo che Gesù ha aperto ad ogni credente: la comunione con il Padre nella sua gloria.

L’Ascensione però non chiede ai cristiani di rivolgere staticamente lo sguardo verso il cielo (“Uomini di Galilea, perché state a guardare in cielo?” At. 1, 11) in una fuga dal mondo, ma li spinge dinamicamente verso il mondo, nella responsabilità di assumersi nella storia la testimonianza della salvezza  tra  e  con gli uomini.

 

Luisa Amenta

(Comunità Kairòs)

 

 

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