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Lo Spirito Santo esiste davvero

di Giuseppe Savagnone

  Dunque lo Spirito Santo esiste davvero, con buona pace di atei e laicisti accaniti che, alla vigilia di questo conclave, davano ormai per dimostrato il carattere puramente mondano della Chiesa (penso a un triste articolo di Piergiorgio Odifreddi, intitolato appunto «Un conclave senza Spirito Santo», pubblicato sul blog La Repubblica.it), recitando, a riprova della loro tesi, la solita litania delle sue colpe, dei suoi vizi, dei suoi cronici ritardi. Non che queste accuse siano del tutto infondate, anzi! Ma, paradossalmente, è proprio questo che dimostra l’esistenza dello Spirito e la sua misericordiosa assistenza! Proprio le miserie degli uomini di Chiesa rendono più stupefacente sia la sua tenace sopravvivenza nella storia, sia, soprattutto, la sua vitalità in alcune svolte di essa. È come se lo Spirito desse il meglio di sé proprio quando tutto sembra compromesso e perduto, capovolgendo i pronostici e – secondo l’immagine biblica del profeta Ezechiele – ridando vita alle ossa ormai disseccate di un popolo distrutto.

Ora, l’esito del Conclave costituisce decisamente una di queste occasioni. I cardinali sembravano divisi, esposti al rischio di ricatti da parte delle frange più retrive della Curia romana, oppressi sotto il peso di una Chiesa resa meno credibile dagli scandali della pedofilia, dai sospetti sulla gestione dello Ior, dalle fughe di notizie dal Vaticano. Anche le dimissioni di Benedetto XVI erano interpretate da alcuni come una resa di cui prendere atto di fronte a una istituzione irreformabile.

Ebbene, proprio questa istituzione, contro ogni previsione, al di là di ogni logica puramente umana, ha saputo esprimere una figura nuova, diversa dai cliché consolidati, portatrice di una ventata di speranza e di futuro. Una figura che per la prima volta dopo milleduecento anni non viene dall’Europa, dando un contenuto sempre più reale all’espressione “cattolica”, “universale”, che caratterizza la nostra Chiesa. E che già nel nome scelto – Francesco – rompe con le abitudini consolidate e lascia intravedere una prospettiva di attenzione alla povertà della Chiesa e ai poveri troppo spesso trascurata nel passato anche recente. Una rivoluzione! E una rivoluzione fatta al tempo stesso con grande rapidità – già al secondo giorno di votazioni – e senza minimamente intaccare la comunione tra i cardinali, senza strascichi di velenose polemiche, senza rompere la continuità della tradizione.

Per valutare quanto sia stato grande il ruolo dello Spirito in tutto questo, basta fare un confronto tra lo scenario appena delineato e quelli della nostra politica nazionale, impantanata in un gioco di veti incrociati, appesantita da cariatidi inamovibili che non intendono cedere il passo, ravvivata – ma a quale prezzo! – solo da spinte movimentiste che sembrano in grande difficoltà quando devono rientrare nelle logiche istituzionali.

La sproporzione tra i due mondi appare ancora più grande quando si guarda al rapporto tra i responsabili dell’istituzione e la comunità di uomini in carne ed ossa che essi rappresentano. La Chiesa non è una democrazia. In essa l’autorità non viene da un mandato popolare, ma da Dio, per l’imposizione delle mani. Ma, a guardare la folla eterogenea di uomini, donne, giovani, vecchi, italiani, stranieri, che gremiva piazza S. Pietro eccitata e festosa, sotto una pioggia battente, sventolando le bandiere delle rispettive nazioni, si aveva davvero l’impressione di trovarsi non davanti alla massa anonima di certi eventi mediatici, ma ad un popolo unito da un’unica fede. E quando Francesco I è apparso, e ha detto semplicemente «Buonasera», si è capito che si presentava semplicemente come uno di loro. Pronto a benedire, ma anche desideroso di essere a sua volta benedetto attraverso la preghiera dei suoi fratelli e delle sue sorelle.

Nulla a che vedere con una classe politica che, malgrado gli sforzi fatti da qualche partito per riannodare il rapporto con i propri elettori attraverso le primarie, troppo spesso si isola, diventando una casta autoreferenziale e giustificando la diffidenza e il disprezzo della maggioranza della gente.

Insomma, questo conclave ci restituisce l’immagine di una Chiesa che lo Spirito rende giovane, malgrado i limiti degli uomini, consentendoci di esserne ancora fieri, malgrado le dolorose ferite di cui è portatrice. Non è un punto d’arrivo, evidentemente, ma solo di partenza. Che giustifica, però, la speranza.

  

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