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Il futuro dell’Europa

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Il cristianesimo che sogno per il futuro dell’Europa

di Carlo Maria Martini

L’incontro di studio di Camaldoli rappresenta uno dei pochi luoghi e momenti di riflessione del nostro tempo in cui ci si sforza di ripensare in maniera aperta e senza pregiudizi il tema dell’agire politico nel contesto europeo e mondiale con un rigoroso riferimento alla Parola di Dio. Il mio intervento vuole sottolineare appunto una delle premesse fondamentali per questo ripensamento. Esso si riallaccia a un “sogno” che avevo espresso durante il secondo Sinodo dei Vescovi europei: il sogno cioè che attraverso una familiarità sempre più grande degli uomini e delle donne europee con la Sacra Scrittura, letta e pregata da soli, nei gruppi e nelle comunità, si ravvivasse quella esperienza del fuoco nel cuore che fecero i due discepoli sulla strada di Emmaus (cfr. Lc 24,32). E aggiungevo che, anche per la mia esperienza, mi sentivo certo che la Bibbia letta e pregata, in particolare dai giovani, sarebbe stata il libro del futuro del continente europeo.

 I. Noi ci interroghiamo anzitutto in quale situazione si trovi oggi il cristianesimo in Europa e più in generale quali siano le condizioni spirituali del continente europeo. Il tema ci porterebbe lontano, ma voglio solo accennare ad alcune caratteristiche tipiche del cristianesimo nel nostro continente oggi. Parlando di cristianesimo mi riferisco qui in generale a tutte le chiese cristiane presenti in Europa, prescindendo per il momento dal problema ecumenico.

 Alcuni problemi esistenziali sono infatti comuni in Europa un po’ a tutte le confessioni. Sottolineo tra i molti i quattro seguenti:

 1. Il primo potrebbe essere descritto come la frammentazione o la parcellizzazione della vita. Essa è causata dalle diversità tra luogo di residenza, luogo di studio, luogo di lavoro, luogo di svago, con una conseguente dispersione degli orari familiari, come pure dalla molteplicità delle appartenenze. 

 2. In secondo luogo il cristiano europeo vive convivenze logoranti e dirompenti. Designo con questa espressione la contiguità, nel mondo europeo, di ambienti vitali improntati ancora alla fede e ambienti vitali segnati da laicismo e indifferentismo. Per cui un cristiano dei nostri tempi può vivere magari per qualche ora alla settimana in un ambiente di tradizione religiosa ancora sentita e per tante altre ore in ambienti professionali o pubblici nei quali il nome di Dio è assente, la fede non influisce per nulla sulla vita e prevalgono modelli pratici di azione difformi dal Vangelo. La comunicazione di massa riflette per lo più l’ambito dell’indifferentismo e dell’agnosticismo. Così il credente vive la grossa fatica di passare, magari più volte al giorno, dall’uno all’altro ambito, che ciò determina un crescente logoramento religioso e spirituale.

 3. Appartenenze parziali, soggettivismo ed ecletticismo. A proposito di questa terza caratteristica, mi permetto di richiamare un’inchiesta sui valori europei che è stata aggiornata periodicamente in questi anni. Vi si propone una divisione tipologica secondo diverse categorie di persone rispetto al loro legame con una Chiesa. 

 4. Un quarto aspetto è di origine più recente. Esso non riguarda soltanto il dialogo ecumenico, che in Europa ha segnato in questi ultimi decenni grandi progressi ed è uno dei fattori che contribuiscono al risveglio spirituale dell’Europa e alla capacità di dialogo a livello europeo e mondiale, ma si riferisce al fatto nuovo della presenza in Europa di un numero sempre più grande di seguaci di altre religioni, soprattutto musulmani. Il problema della capacità di convivenza, del dialogo reciproco, della collaborazione e del rispetto per le varie religioni, della ricerca di valori comuni si pone dunque sempre più fortemente, se vogliamo evitare o la ghettizzazione di questi gruppi o lo scontro di religioni e di civiltà.

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 II. E’ in questo quadro che emerge il significato e l’importanza educativa della Sacra Scrittura per il futuro del continente europeo. Una delle esperienze che maggiormente mi hanno accompagnato in questi anni non solo nei miei contatti con gli episcopati e le comunità cristiane europee ma anche nelle missioni pastorali svolte in tante altre parti del mondo è che la Bibbia può essere a buon diritto considerata come il grande libro educativo dell’umanità.

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 III. Ma come valorizzare in pratica questa potenza educativa della Bibbia e farla giungere alla gente semplice, alle grandi masse anche nelle nostre metropoli, aiutandole a superare le difficoltà sopra descritte della frammentazione della vita, delle convivenze dirompenti, delle difficoltà del dialogo interculturale e interreligioso? Per quanto riguarda la mia esperienza pastorale, esprimo la seguente risposta: tra i mezzi che possono maggiormente aiutare i cristiani che vivono nel mondo contemporaneo a raggiungere quell’unità di vita e quella capacità di orientamento che è premessa a un vivere sociale costruttivo, v’è certamente l’esercizio paziente, metodico, tendenzialmente quotidiano della lectio divina.

Tale progetto è qualcosa di nuovo nella storia della Chiesa, perché suppone una situazione culturale non presente nei secoli precedenti. Anzitutto la capacità della massa della gente di leggere e di meditare; inoltre la disponibilità ad essere educati a un esercizio personale di riflessione e di preghiera, al di là del semplice ascolto di una predica. Mentre in una condizione culturale più omogenea i segni del divino presenti nell’ambiente quotidiano insieme con la predicazione e la catechesi domenicale potevano apparire sufficienti per la formazione di cristiani adulti, oggi non è più così. Non a caso dunque il Concilio ha proposto la lectio divina tendenzialmente per tutti, almeno come meta pastorale da raggiungere. Sono persuaso che il principio della lectio divina può ispirare tutta un’azione e un programma pastorale nelle grandi metropoli europee. Ci sono oggi molto molte premesse culturali e spirituali che possono far diventare la lectio parte di un programma organico. Essa può essere il luogo che suscita e vivifica iniziative valide per il cammino di una comunità cristiana.

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 IV. Vorrei da ultimo ancora ricordare l’importanza della familiarità dei cristiani con la Scrittura per affrontare il dialogo interreligioso e interculturale. Tutta la Scrittura è pervasa da questo dialogo, perché essa racconta la storia del popolo di Dio che entrato via via in contatto con nuove culture e correnti di pensiero e in parte le ha assorbite, in parte ha operato su di essere un discernimento illuminante. Ritengo dunque che la Sacra Scrittura sia davvero il libro del futuro dell’Europa. Se vogliamo costruire un unità di popoli cosciente dei propri valori e capace di promuovere dialogo, giustizia e pace nel mondo intero possiamo con sicurezza rifarci a quel libro che rappresenta tanta parte nella storia dei popoli europei, a partire da quel momento in cui Paolo accolse la richiesta di aiuto del Macedone e venne in Europa a portare il messaggio del vangelo. 

 

 (da La Repubblica, 13 luglio 2002){jcomments on}

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