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Danisinni: un quartiere dove il cambiamento sta diventando risorsa

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street-in-palermo-327023_640Tra la gente, c’è tanta voglia di mettersi in gioco per migliorare il quartiere che per tanti anni è stato abbandonato dai servizi ed emarginato dal resto della città. Di questo è convinto il frate cappuccino psicoterapeuta Mauro Billetta che da 3 anni opera nel popolare quartiere di Danisinni che, come borgo rurale, è nato sul letto dell’ex fiume Papireto, nel cuore del centro storico a due passi da Palazzo dei Normanni e dalla cattedrale. L’obiettivo che resta alto, per questa parte della città che da molti anni ha sofferto le conseguenze del suo isolamento sociale, politico e culturale, è quello di riattivare i suoi presidi sociali: consultorio e asilo nido, la cui chiusura quasi dieci anni fa ha causato forte emarginazione e degrado.

L’unica realtà significativa che, attualmente, sostiene e valorizza famiglie, bambini e giovani è proprio la piccola parrocchia di Sant’Agnese con la sua fattoria didattica e l’orto sociale.

Danisinni è un’oasi dentro la città; in tre anni che cosa è cambiato? Quando sono arrivato, ho trovato un contesto molto povero, abbandonato da tutti, i cui abitanti che sono circa duemila, erano per certi versi rassegnati a causa di tante illusioni e delusioni subite. Una realtà sconosciuta al resto della città che appariva come un ghetto: una zona franca lasciata in balia di se stessa anche per precise ragioni socio-politiche. A poco a poco abbiamo cercato di scardinare quella povertà culturale e materiale che per anni ha spinto giovani donne e ragazzi a vivere in maniera precaria senza lavoro e progettualità precise. Questa gente è stata anche depredata dal politico o giornalista di turno che spesso attingeva, strumentalizzando i loro problemi e le situazioni con facili promesse o speculazioni.

Oggi che si sta facendo? Intanto a dicembre ufficialmente la fattoria didattica inizierà a lavorare nel ambito di progetti educativi con le scolaresche. Da due anni abbiamo iniziato un percorso di collaborazione con le istituzioni anche in termini di comunità educante dove insieme al centro Tau e le scuole lavoriamo in chiave sinergica e partecipativa per fare crescere e migliorare a poco a poco la società di questo territorio. Se i minori vedono e vivono in maniera separata tutte le esperienze senza una visione integrale che sia più armonica possibile inizieranno a non valorizzare pienamente le diverse realtà. Se invece tutto diventa un parte di una progetto integrato che cammina accade che il bambino sarà interessato alla scuola come allo sport e ad altre attività. Il successo più grande è quando riusciamo a fare proseguire gli studi a qualcuno dei nostri ragazzi. L’obiettivo è quello di trasmettere loro la continuità con cui devono intraprendere i diversi impegni. Sono molto bravi per esempio nella lotta greco-romana dove secondo quanto ci riferiscono i maestri volontari alcuni sarebbero pronti già a fare i campionati nazionali.

Per le donne di Danisinni che avete portato avanti? Il processo di cambiamento deve sempre comunque partire dall’interno e in questo caso le donne hanno un ruolo fondamentale. Per loro, infatti, si è intrapreso un percorso di mediazione territoriale: insieme all’ufficio di mediazione del comune, l’istituto valdese, l’istituto Arrupe e Don Calabria abbiamo portato avanti un percorso di formazione con 12 donne per farle diventare mediatrici di conflitti in vista di una loro partecipazione attiva alla progettazione sociale del territorio. Da poco abbiamo anche un laboratorio solidale con le donne dell’Amazzonia per la vendita e produzione di orecchini realizzati dalle donne di Danisinni con i semi di alcune loro piante. Crediamo in questo caso ad una sorta di economia di comunione che nel tempo potrebbe diventare una buona risorsa socio-economica per le donne.

Per gli uomini invece?

Stiamo cercando di trovare le strade per valorizzare le loro tante competenze professionali rendendole anche in grado di essere spendibili sul mercato come quello delle piccole attività artigianali, della ristorazione o del commercio ambulante. L’idea è quella di creare dei prodotti doc proprio di Danisinni da proporre ai visitatori esterni. Si sta pensando anche ad un sistema equo e solidale con una moneta interna per fare sì che i prodotti vengono certificati nell’ambito di una piccola economia condivisa. L’intenzione è quella di fare nascere, inserita nell’itinerario Unesco, un percorso di piccole botteghe artigianali.

Il passo più significativo sarà la riapertura dell’asilo e del consultorio?

Certamente sì. A questo proposito il comune si sta prendendo l’impegno, anche se non sappiamo con quali tempi, di iniziare il progetto complesso di riadeguamento del recupero della struttura per renderla nuovamente fruibile con tutti i suoi servizi. Siamo partiti intanto con il progetto Rambla insieme all’accademia di belle arti finalizzato proprio alla valorizzazione del quartiere. Rambla Papireto vuole ridare leggerezza al quartiere attraverso l’arte ed il ritorno alla sua bellezza. In questo modo Danisinni può diventare un’oasi culturale e un polo di attrazione sociale molto interessante da valorizzare come area protetta e non più ghetto. Inoltre ci stanno donando sette piccole case che ristruttureremo dove vorremmo creare una sorta di casa d’arte a cielo aperto dove ogni artista in cambio di ospitalità lascerebbe una sua opera. Contiamo anche di ospitare le comunità di permacultori che in Europa tengono alla trasmissione dei saperi della coltivazione permanente delle piante. Il primo passo, intanto sarà quello di togliere tutta la cancellata del giardino, dopo avere messo in sicurezza la struttura dell’asilo e del consultorio, restituendo alle famiglie quella parte importante della piazza come luogo di aggregazione significativo.

Altre proposte culturali?

Stiamo per aprire la biblioteca di quartiere dove ci saranno degli ambienti confortevoli di lettura ma anche una ludoteca per i più piccoli. I libri potranno essere presi e letti all’interno della fattoria. Al progetto stanno dando un contributo economico notevole l’Unicredit e anche alcuni donatori privati. Inoltre, abbiamo anche un teatro dove realizziamo piccole commedie, incontri e conferenze.

Come avete dovuto fronteggiare l’illegalità?

Il processo di cambiamento trova la sua principale forza nella partecipazione della comunità fatta da donne, da bambini e da giovani. Di fatto l’unione fa la forza e più si è a portare avanti certe cose più efficaci sono gli obiettivi che si raggiungono. C’è sicuramente adesso meno resistenza rispetto a prima ma la parrocchia è sempre stata comunque una chiave aperta di ascolto e di sostegno nei percorsi di aiuto e di recupero della persona che per ‘sopravvivere’ è a volte caduta in piccoli forme di illegalità. Se la gente viene valorizzata nella maniera più idonea possibile si riesce a creare quella positiva progettualità che partendo dal basso può portare a graduali cambiamenti.

Quali sono allora i tre aspetti su cui si sta puntando per leggere oggi in chiave diversa Danisinni? Prima di tutto la riscoperta del territorio come riqualificazione delle risorse, valorizzando la propria identità locale in un lavoro di promozione umana e sociale. Secondo la progettualità comunitaria che si esprime con la presenza di una comunità educante che lavora in sinergia con le diverse realtà pubbliche e private per un’azione collettiva sulle famiglie che parte dalla riqualificazione urbana e dalla promozione di attività artigianali nella prospettiva ampia di un sistema che possa crearsi, rigenerarsi e auto-sostenersi. Infine lo spazio partecipativo che abbiamo aperto con le istituzioni è un percorso che andrà avanti a più livelli rispondendo ai vari bisogni del territorio. Al tavolo tecnico vorremmo fare partecipare l’accademia di belle arti ma anche le donne che hanno fatto il percorso di mediazione territoriale per fronteggiare i conflitti e le questioni principali del quartiere “.

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