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Chi sei? – Gv 1, 6-8.19-28

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Introduzione alla lectio divina su Gv 1, 6-8.19-28

        14 dicembre 2014 – III domenica del tempo di Avvento 

[6] Vi fu un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. [7] Egli venne a testimonianza per testimoniare della luce, affinché tutti potessero credere per mezzo di lui. [8] Non era lui la luce, ma (venne)  per testimoniare della luce. [19] E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Chi sei tu?”. [20] Egli confessò e non negò, e confessò: “Non sono io il Cristo”. [21] Allora gli chiesero: “Cosa sei dunque? Sei Elia?”. Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta?”. Rispose: “No”. [22] Gli dissero dunque: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. [23] Rispose: “Io (sono) voce di uno che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore (Is 40,3) come disse il profeta Isaia”. [24] Essi erano stati mandati da parte dei farisei. [25] E lo interrogarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?”. [26] Giovanni rispose loro: “Io battezzo in acqua; in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, [27] uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo”. [28] Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.”.

 

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Dierec Bouts il vecchio, Baptism of Christ;

Alte Pinakothek Museum, Munich, 1464

 

Per due domeniche successive del tempo di Avvento la liturgia ci spinge a meditare sulla figura di Giovanni, il Precursore, e sul suo ruolo nell’economia della salvezza. La vicinanza dei due brani permette anche di evidenziare le analogie e le differenze nella presentazione del Battista mettendo in risalto gli elementi che ne tratteggiano la figura in questo brano: la testimonianza e la sua identità.

Nel brano di Marco risulta centrale la predicazione nel deserto del Battesimo di conversione e la necessità di un radicale cambiamento di mentalità, qui nel quarto evangelo, nella solenne cornice del prologo giovanneo, dopo l’inno del Logos / Luce del mondo, Giovanni ci viene presentato come “uomo mandato da Dio” per la testimonianza. Se nel Vangelo di Marco lo scopo per cui Giovanni è mandato è la manifestazione del Messia ad Israele, e quindi la sua testimonianza è resa al Gesù storico, qui “è il testimone inviato da Dio affinché venga riconosciuta l’attività illuminatrice del Logos sulla terra” (Leon Dufour, Lettura dell’Evangelo secondo Giovanni, p.140). La finalità è che tutti, al di là di ogni confine spaziale e temporale, credano, ossia riconoscano la luce che il Verbo di Dio irradia nel mondo. La funzione di Giovanni è dunque di essere anticipatore anche nel ruolo di mediazione tra il Verbo e l’umanità.

 

La parola “testimonianza” (gr. martyrìa) ritorna quattro volte nella prima parte del brano ed è strettamente connessa con il tema della luce: Il Logos splende come luce di vita che brilla nelle tenebre (vv. 4-5). Giovanni viene nel mondo per dare testimonianza alla luce. L’incarico di proclamare agli uomini la presenza della luce è affidato ad un uomo e il compito di quell’uomo si manifesta non tanto nell’azione del testimoniare ma nell’atto e nella situazione esistenziale che da esso ne deriva: la testimonianza, l’essere permanentemente nella condizione di testimone.

 

Dal v. 19 il brano attualizza la testimonianza di Giovanni attraverso una serie di dialoghi a partire dai quali il racconto assume un andamento inquisitorio giudiziale. Giovanni viene interrogato dalle autorità religiose del tempo, in particolare i farisei (v. 24) che, insospettite dal consenso generato dalla sua persona, lo avvertono come una presenza scomoda da smascherare. Ecco quindi che viene posta a Giovanni una domanda che risulta centrale in ogni esistenza “Chi sei tu?” e che interpella ogni uomo nel suo essere nella storia e nella sua relazione con il Padre, dal momento che ci fa conoscere e ri-conoscere alla luce della Parola. In questo senso, “il testimone non è tanto qualcuno che prende l’iniziativa di rivolgere la parola agli altri, ma è piuttosto una persona la cui vita è tale – ed è tale il modo in cui guarda il mondo e gli esseri – che agli altri accade di interrogare se stessi e di porre loro la domanda sull’origine della propria singolarità. Il testimone appare così come una persona capace di suscitare domande” (Manicardi, Eucaristia e Parola).

La testimonianza di Giovanni viene resa prima in negativo, attraverso un non-essere: “Non sono io il Cristo”. Questa affermazione, attraverso la negazione, si giustifica con il fatto che al tempo di Gesù vi erano molti che ritenevano che il Battista fosse il Cristo, un profeta simile a Mosé (Dt 18, 15-18) o anche Elia, atteso come precursore del Figlio di Dio (Ml 3, 23; Sir 48, 10-11). Proprio per queste possibili interpretazioni della sua persona, Giovanni “confessò e non negò” (v. 20) di non essere né l’uno né l’altro. Testimoniare è per Giovanni il decidere “chi si è” davanti a se stesso e in relazione con Dio. È rimandare all’Altro da sé. Proprio per questo Giovanni è figura dell’attesa che ci accompagna nell’Avvento, perché ad-tende, è “rivolto verso”, in direzione di un Altro, a partire da cui trova senso la sua identità. In questa prospettiva, la testimonianza coincide con l’ identità del cristiano che è rivolta verso il Cristo, nella relazione con Lui.

Giovanni afferma la sua identità, definendosi in positivo, nel suo ruolo profetico di colui che deve preparare la strada per il Veniente.

Differentemente dai sinottici, in questo brano non c’è nessun cenno alla descrizione fisica o ai comportamenti assunti dal Battista, manca la figura del predicatore minaccioso, del Battezzatore che attira le folle, Giovanni rimane come “voce”, che fa risuonare la profezia della salvezza e che ne attualizza la promessa.

Nella sua risposta ai farisei c’è la risposta di un uomo che ha fatto discernimento e che interpreta la sua vita alla luce della Parola «Io, voce di uno che grida nel deserto» (Is 40, 3).

Come afferma Origene “è mediante una voce che la Parola viene resa presente” e nel suo essere “voce” Giovanni testimonia la vicinanza della salvezza e il cammino che conduce al Messia.

 

Luisa Amenta

(Comunità Kairòs)

 

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