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Aristotele e i politici di oggi

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di Luca Grecchi

 

Negli ultimi tempi si è assistito, in Italia, alla emersione di un nuovo gruppo di politici, di area democratica ma non solo. Mi pare che tre siano le caratteristiche più presenti in questa nuova classe dirigente, almeno rispetto al recente passato: la giovane età; la provenienza dal mondo economico; l’atteggiamento pragmatico. Si tratta di caratteristiche che la maggioranza delle persone, oggi, è portata ad apprezzare. Tuttavia, può essere interessante conoscere cosa avrebbe pensato, in merito, colui che è stato forse il più grande filosofo dell’Occidente, ovvero Aristotele.

In merito alla prima caratteristica, ossia alla giovane età, l’antico filosofo riteneva che essa, a causa della connessa mancanza di esperienza, fosse un difetto, non un pregio per un politico. Noi oggi consideriamo un pregio essere stati poco coinvolti nelle vicende degli anni passati, ma Aristotele rimarcava che la politica, come l’etica, ha a che fare con cose mutevoli, che “possono stare diversamente”, ed in questo genere di cose l’esperienza, ossia l’avere già affrontato situazioni simili, aiuta a risolvere i problemi. Per questo, ossia poiché “è la lunghezza del tempo che produce esperienza”, anche Platone riteneva che un buon politico fosse tale solo in età matura.

In merito alla seconda caratteristica, ovvero alla provenienza dal mondo economico, Aristotele avrebbe ancora una volta avanzato qualche riserva. Oggi si ritiene infatti che chi è stato bravo a curare interessi privati, propri od altrui, sarà sicuramente bravo anche a curare l’interesse pubblico. Aristotele notava tuttavia che chi è bravo a curare interessi privati è abile a realizzare fini particolari, ma avere cura della comunità richiede di essere abili a curare l’interesse pubblico, a realizzare cioè un fine universale. Particolare ed universale sono tuttavia contenuti fra loro opposti, sicché risulta assai difficile che chi è abile nel perseguire il primo sia anche portato a perseguire il secondo; un po’ come chi passa tante ore al giorno davanti alla televisione difficilmente potrà essere molto bravo nella corsa campestre.

In merito infine alla terza caratteristica, ovvero l’atteggiamento pragmatico, anche in questo caso Aristotele avrebbe avuto qualcosa da dire ai nostri giovani politici. Egli, a differenza di Platone, non credeva certo che i politici dovessero essere sempre anche filosofi (o comunque accettare di farsi consigliare da buoni filosofi). Tuttavia, a differenza di quanto sembra ritenere l’attuale Presidente del Consiglio, il quale ricorda spesso che quello da lui presieduto è un “Governo del fare”, e che il partito di cui è Segretario non è un “club di filosofi” – bensì un organismo che “decide”, che “fa” –, Aristotele riteneva che la teoria dovesse sempre avere priorità sulla prassi. La prassi infatti, senza la teoria, è cieca (così comunque come la teoria, senza la prassi, è vuota). La teoria per Aristotele, ovvero un chiaro progetto su cosa sia bene e necessario fare, è prioritaria perché detta il fine della azione, mentre la prassi è solo strumentale, perché si occupa dei mezzi della azione. Il fine era per i Greci sempre la buona vita, la realizzazione di una compiuta umanità, il raggiungimento della armonia comunitaria. La teoria era per loro superiore alla prassi, come il fine è superiore al mezzo. Oggi tuttavia i fini sembrano dettati dall’economia, dai mercati, sicché la politica sembra limitarsi ad una gestione dei mezzi, perdendo in questo modo la propria autonomia, e con essa la propria funzione. Inutile allora affannarsi – avrebbe detto Aristotele – in un continuo “fare”, se non si può nemmeno determinare il fine di questo “fare”; tanto più, poi, se si intuisce che il fine dettato dall’economia non coincide affatto con  il bene della comunità.

Vi sarebbe in ultimo da affrontare la questione per cui una assenza di capacità teoretica determina inevitabilmente anche una assenza di capacità critica, il che si nota chiaramente nell’atteggiamento spesso molto acquiescente di questi giovani politici nei confronti dei loro leader. Riflettere anche su questo tema ci porterebbe tuttavia troppo lontano.

Concludo pertanto sottolineando che la filosofia serve per chiarire le tematiche generali, universali – essendo essa scienza dell’intero –, ed è dunque la base necessaria di ogni buona politica. Questo il messaggio di verità, e di libertà, che ancora oggi proviene da Aristotele e dai filosofi antichi.  

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