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Andar oltre lo scontro delle inciviltà

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di Giuseppe Savagnone

 

 

   I tragici eventi che ormai endemicamente si ripetono, sia in Europa che negli Stati Uniti, sotto il segno dell’estremismo islamico, rendono plausibile che lo scenario del nuovo millennio possa essere quello “scontro delle civiltà” che, alla fine del Novecento,  era stato prefigurato, in un famoso libro, dal politologo statunitense Samuel P. Huntington. Secondo Huntington, la fine del bipolarismo ideologico tra mondo comunista e mondo capitalista, simboleggiata dal crollo del muro di Berlino, piuttosto che dar luogo a una civiltà planetaria omogenea, egemonizzata dagli Stati Uniti, stava determinando una reviviscenza di quelle variegate identità culturali e religiose che la divisione in due blocchi aveva fino ad allora tenuto sotto il controllo delle rispettive ideologie. Così, da una parte, le politiche degli Stati sarebbero risultate sempre più condizionate dai fattori culturali e religiosi sovrastatali; dall’altra, la globalizzazione economica, invece di determinare una vera unità fra tutti i popoli, avrebbe comportato, a un livello più profondo, dei movimenti di chiusura particolaristica sempre più conflittuali.

 

   Questo quadro ha indubbiamente il merito di fornire una chiave di lettura di molte cose che stanno accadendo sotto i nostri occhi. Il tramonto del marxismo ha segnato la fine della lotta ideologica e il trionfo del liberalismo capitalistico, ma ha dato luogo a una nuova guerra, molto più insidiosa e strisciante, scatenata contro l’Occidente dal terrorismo islamico. E la globalizzazione serve a veicolare, con i mezzi di comunicazione, messaggi propagandistici di violenza.

 

   Si inserisce in questo contesto il dilagare del fenomeno migratorio, che apre un nuovo fronte  al confronto diretto – potenzialmente conflittuale – , delle diversità culturali (e spesso anche religiose) tra popolazioni che fino a pochi decenni fa avevano pochissimi contatti. A rendere più esplosiva la situazione, ora il movimento, oltre a diventare di massa,  si è invertito – in passato era l’Occidente a penetrare negli altri continenti – , e suscita in molti europei e americani la paura di una vera e propria invasione.

 

   Ciò che forse Huntington non aveva previsto era che il livello dello “scontro di civiltà” si abbassasse paurosamente, fino a trasformarsi uno “scontro di inciviltà”, per il deteriorarsi delle culture in gioco. Che cosa abbiano a che fare Boko Haram e l’Isis con l’autentica civiltà islamica è una domanda che molti musulmani da tempo si pongono, denunziando la strumentalizzazione del fattore propriamente religioso, da parte di questi ambigui soggetti, in funzione di interessi di tutt’altra natura. E che cosa abbiano a che fare Donald Trump e Matteo Salvini (recentemente associati in una foto) con la civiltà cristiana, è un mistero altrettanto insolubile.

 

   Questo non significa negare che in passato lo scontro tra civiltà islamica e civiltà cristiana ci sia stato davvero. Ma oggi sono le parodie, le controfigure, a scendere in campo. E a tentare di mascherare, con le loro esibizioni tragicomiche, il percorso che le vere civiltà – quella cristiana più nettamente, quella islamica ancora con più fatica – stanno facendo per uscire dalla logica dello scontro e aprirsi a quella dell’incontro.

 

   Dalla parte dei falsari giocano fattori primordiali, difficili da vincere perché profondamente radicati nel cuore umano: la diffidenza nei confronti del diverso, l’ignoranza della sua reale identità, la presunzione fanatica di essere nel giusto,  la paura, il gusto  della violenza. Ma il loro principale alleato è il vuoto culturale e religioso che  la globalizzazione promossa dall’Occidente sembra prospettare come unica alternativa al fondamentalismo identitario. È triste che la sola risposta alle fanfaronate di Trump, negli Stati Uniti, sia il vacuo libertarismo di Obama e di Hillary Clinton. Così come deprime profondamente, nel nostro Paese, il duello tra una destra fintamente fautrice della tradizione (a cui è in realtà lontanissima) e il radicalismo individualista della sinistra (all’insegna del “perché no?”). E non stupisce affatto che il frutto di questa pseudo-civiltà sia quel capitalismo colonialista più o meno abilmente mascherato,   una cui manifestazione è il traffico d’armi – questo sì, senza frontiere – con cui si alimentano le guerre che si dichiara a parole di voler sedare.

 

   Esiste una via d’uscita, in questa rissa tra un rozzo fondamentalismo, che distorce sia la civiltà cristiana che quella islamica,  e il sostanziale nichilismo dei suoi avversari? Forse proprio il richiamo alle originarie matrici religiose costituisce la sola risposta possibile. Perché, come si diceva, è la loro contraffazione a generare lo scontro. Certo, vi sono irriducibili diversità tra le rispettive fedi. Ma dei valori condivisi – pur nel rispetto di queste diversità – possono essere trovati. E un pontificato come quello di papa Francesco si presta in modo singolare a recuperare un terreno valoriale comune, non all’insegna del relativismo individualistico, ma del riferimento all’unico Dio e alla solidarietà che deve scaturire dal riconoscere negli altri esseri umani i suoi figli.

 

   Su questa strada si muovono, ormai da tempo, gli sforzi che, da parte di esponenti delle diverse religioni, mirano a sviluppare un serio dialogo per la pace. Che non è pura e semplice assenza di guerra, ma comune impegno per la verità e per la giustizia, in un mondo spesso dominato dalla menzogna e dallo sfruttamento dei più deboli. È in questo dialogo che possono e devono emergere le civiltà, quelle vere, nella loro diversità, ma anche nelle loro convergenze, riscattandoci, finalmente, dal duello avvelenato tra le loro caricature. 

 

 

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