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Una parabola attuale

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C’era una volta un medico che scambiò un tumore della pelle per un foruncolo.

Il malato, per la verità, sembrava in buona forma, andava al lavoro, faceva sport e, se non fosse stato per quella brutta escrescenza, non si sarebbe posto alcun problema. Il suo medico di fiducia lo rassicurò: «Tranquillo, non è nulla di grave. Fra poco passerà». Il foruncolo non passava. Alcuni familiari e colleghi cominciarono cautamente a suggerire: «Forse dovresti fare degli esami…». Ma il solito medico, consultato, ci rideva sopra: «Lei come si sente? Benissimo? Lo vede! Quelli sono solo iettatori, che le vogliono metter paura».

Il tempo passava, ma il “foruncolo” no, anzi l’escrescenza era sempre più vistosa. Alla fine cominciarono anche i disturbi e gli esami si dovettero fare. Il risultato fu inequivocabile e la prognosi infausta. Il medico di fiducia, cercato perché desse spiegazioni sulla sua superficialità, non si fece trovare e per un pezzo sparì dalla circolazione. In ospedale spiegarono al malato che, se avesse cominciato le cure qualche mese prima, quando il problema era sorto, tutto sarebbe stato meno traumatico, ma che ora era indispensabile, se si voleva evitare il peggio, una terapia d’urto molto pesante.

La chemio non è una bella cosa. Purtroppo finora non si è trovato di meglio per cercare di impedire la morte. Il malato si ridusse a una larva. Con la speranza, però, di potere un giorno guarire. Mentre faceva la cura, incontrò per caso il medico che era stato la causa del ritardo nella diagnosi e, conseguentemente, nella cura, contribuendo in modo decisivo a quel risultato devastante. Ma, invece di chiedergli scusa, quello gli disse: «Come si è ridotto! Stava molto meglio prima, quando la seguivo io. Sa che le dico? Farebbe meglio a venirmi a trovare nel mio studio. Le prometto che per prima cosa abolirò la chemio e lei avrà un immediato sollievo».

Che farà il malato? Dirà al medico incompetente e spudorato le parolacce che si merita, oppure, allettato dall’idea di interrompere una cura molto dolorosa, si rimetterà di nuovo nelle sue mani, chiudendo gli occhi sul passato (e anche sul futuro)? O magari, si darà intorno per capire se è possibile – continuando la sua chemio in ospedale, un diverso dosaggio, che sia più adatto al suo organismo consenta una migliore qualità della vita anche al presente? La parabola non lo dice. A dare una risposta, fra poco, saranno le scelte degli italiani. E speriamo, per il bene di tutti, che siano ragionevoli.

Giuseppe Savagnone

 

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