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Elogio del silenzio elettorale… e non solo.

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“Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa…la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale”. Ancora risuonano nei nostri orecchi le parole della celebre antifona natalizia (tratta da Sap 18, 14): nel silenzio si fa strada la Parola; il silenzio crea uno spazio accogliente perché si manifesti e si faccia carne.

Il silenzio riveste uno spazio particolare anche nella pratica degli esercizi spirituali ignaziani: benché nel suo libretto S. Ignazio non ne faccia cenno, il silenzio che accompagna i giorni di preghiera, interrotto solo dai colloqui con la guida spirituale, è diventato una caratteristica di questa esperienza spirituale che permette, proprio come quello della Notte di Natale, che la Parola pregata e interiorizzata si faccia carne nella vita di tutti i giorni, in particolare attraverso lo strumento del “discernimento degli spiriti”, per giungere ad operare delle scelte libere e
consapevoli.

Facciamo un volo apparentemente pindarico. Il primo comma dell’art. 9 della legge 212 del 4 aprile 1956 (recante “Norme per la disciplina della campagna elettorale”) così recita: “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda”. Un Decreto Legge del 1984 ha ulteriormente esteso il divieto di propaganda elettorale nel giorno precedente e in quello stabilito per le elezioni anche al mezzo radiotelevisivo.

Queste sono le norme che nel nostro ordinamento giuridico attualmente disciplinano il cosiddetto “silenzio elettorale”. Come si può notare, e per ovvie ragioni, i testi normativi vigenti non fanno alcun riferimento ad internet e ai social network. Questo vuoto legislativo appare tanto più interessante quanto più osserviamo il gran peso che internet ha avuto ed è destinato ad avere in tutte le competizioni elettorali. Tutti possiamo testimoniare quanto nell’ultima campagna referendaria sulla riforma costituzionale la propaganda con ogni mezzo su internet non si sia fermata nemmeno il giorno stesso del referendum, il tutto sfruttando la mancanza di regolamentazione in materia, e senz’altro quel senso di “impunità” che il mezzo telematico ancora tende a suggerire, per lo meno ai più ingenui.

Al di là di ogni interessante osservazione sull’opportunità di una normativa che intervenga finalmente a regolare il fenomeno, ci interessa qui un po’ di più il discorso di fondo: perché dovrebbe essere importante garantire uno spazio di silenzio precedente all’espressione di una scelta di voto? Nessuna legge o normativa in generale potrà mai realmente pretendere di divenire diritto “vivente” se non risulta realmente espressione di una sensibilità diffusa, di una esigenza che sgorga da un sentire comune riguardo al tema.

Il silenzio elettorale non pare a questo livello troppo distante dal silenzio necessario per operare un corretto discernimento (sempre per rimanere nella metafora della spiritualità ignaziana!), da quel distacco da stimoli e pressioni esterne che permetta di “partorire” una decisione ponderata e personale.

C’è forse qualcosa che stona in questo discorso? sembrerebbe di sì, in un’epoca in cui le decisioni, specialmente se politiche, vengono spesso prese d’impeto e “di pancia” (molti studi sono concordi nell’affermare che un numero rilevante di elettori sceglie cosa votare nei momenti
immediatamente precedenti all’ingresso nella cabina elettorale… se non addirittura dentro la cabina!).

Tuttavia non ritengo fuori tempo questo elogio del silenzio, elettorale e non solo: non un silenzio fine a se stesso o frutto di puro ascetismo, ma come il raccogliere le forze dell’atleta prima dello scatto, come quel momento di distensione in cui pensieri e desideri vengono a depositarsi in modo più vero nelle profondità del nostro essere; non da ultimo, esso rappresenta anche un momento in cui esercitare pienamente il libero uso della nostra ragione, delle nostre capacità di ponderare e soppesare adeguatamente pro e contro di una certa scelta, al di là di lusinghe, false promesse o poco limpidi scambi.

La decadenza di tali elementari regole di “decoro istituzionale” non fa che rendere evidente la crisi profonda che vive l’arte (perché di arte si dovrebbe trattare) del discernimento politico, inteso tanto come discernimento “dei politici” quanto come discernimento di tutti i cittadini in ambito politico, non da ultimo nella scelta dei loro rappresentanti. Credere che tutto questo sia ormai anacronistico significherebbe ritenere anacronistica la democrazia intesa nel suo senso più autentico.

Forse non abbiamo dunque bisogno di una legge che ci ricordi il cattivo gusto di chi si sbraccia in piroette propagandistiche, e con ogni mezzo possibile, fino all’ultimo minuto disponibile per cercare di accalappiare improvvisati sostenitori in cambio di promesse spettacolari quanto irreali (o anche solo di inutili vendette o improbabili rivincite, quando non di scambi illeciti di favori).

Forse ciò che a noi è richiesto, in quanto uomini, e aggiungerei anche in quanto cristiani, è invece di far risorgere un certo senso di “dignità civica”, uno scatto di sano orgoglio, che porti a diffidare di tali tipi di propaganda e di chi li propone, per difendere tenacemente il nostro diritto al silenzio, silenzio in cui valutare e scegliere con onore della nostra intelligenza e capacità di discernimento (che a nessuno è negata… tutt’al più deve solo essere educata).

Se il silenzio “cosmico” ha creato le condizioni che il Verbo venisse sulla terra, se tanta è la sua virtù, tanto più il nostro più umile silenzio elettorale ci potrà permettere di “partorire” un voto che sia un minimo più ragionato, più ponderato, più realmente nostro.

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