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Sale e luce: l’identità del discepolo – Lectio Divina su Mt 5, 13-16

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Il passo del Vangelo

13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 15 né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

L’identità del discepolo

La Parola di questa domenica è centrale per la vita del discepolo. È direttamente rivolta a chi ha deciso di seguire Cristo: c’è un “voi” al quale ognuno si è sentito chiamato. Il cristiano (e la Chiesa) deve quotidianamente confrontarsi con quanto Gesù stesso ha detto in pagine evangeliche come questa. Il brano si colloca immediatamente dopo le beatitudini, quindi nel cuore del cosiddetto discorso della montagna, in cui l’identità dell’uomo e del discepolo viene delineata.

L’indispensabile

Due sono le immagini usate da Gesù: il sale e la luce. Entrambe rientrano nell’ambito dell’indispensabile per l’uomo, in particolare per gli uomini di Galilea al tempo in cui il Maestro parlava. La luce cadenzava il ritmo della vita attiva e sociale, senza di essa l’uomo era condannato all’inattività; il sale, oltre a dar sapore ai cibi, ne garantiva una più lunga conservazione. In queste due immagini, declinate nella vita dell’uomo, albergano somiglianze e differenze che arricchiscono di sfumature lo “stare al mondo” del cristiano.

Il sale

Il sale è qualcosa che si aggiunge alle pietanze per dare sapore, perché possano essere percepite con gusto. Esso non è la pietanza, è una esigua quantità rispetto al tutto, si fonde con il cibo al punto da non essere più identificabile, eppure fa una differenza enorme sul risultato finale della preparazione e migliora notevolmente il piatto. Il sale non è tale per se stesso, ma in relazione a ciò su cui si aggiunge. Così il discepolo è chiamato ad essere in primo luogo per gli altri, a dare “sapore” e “sapienza” alla vita di chi gli sta intorno, vivendo però un particolare nascondimento. Non deve essere centrato su se stesso, né costituire un “tutto” isolato dal resto: sta in mezzo, con la speranza e la consapevolezza di contribuire positivamente alla vita degli altri, con quel sapore che viene da Cristo stesso. Come per il lievito che è metafora del Regno (Lc 13, 20-21), c’è una commistione, una relazionalità importante che deve caratterizzare la vita del cristiano e che è segnata anche da una certa prudenza è misura: sappiamo bene cosa comporta una quantità di sale non ben dosata.

La luce

La luce è l’immagine più forte della presenza di Dio e di Gesù. Richiama al sole e alla vita, e ricorre molto spesso in tutta la sacra scrittura e, in particolare, nei vangeli in riferimento a Gesù: “la luce vera, che illumina ogni uomo” del prologo del vangelo di Giovanni, “io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), “figli della luce” (Lc, 16-8) eccetera. Anche la luce, in comune con il sale, ha una caratteristica che potremmo definire “relazionale” perché serve a illuminare le cose e non in quanto tale. Essa rende visibili le cose e dà colore e bellezza al mondo. A differenza del sale, però, affinché la luce sia “a servizio” della vita, deve esserci una distanza tra essa e le cose, e non quella prossimità e fusione con cui il sale dà sapore. La luce sta lì, ben visibile e non nascosta, come punto di riferimento: il centro non è la luce, né il suo scopo è abbagliare chi direttamente la guarda, ma indirizzare la vita e renderla bella. Allo stesso modo, il cristiano trova la sua missione nel essere punto di riferimento (identificabile ma non protagonista) e eventuale guida per la vita di chi lo circonda.

Non “nostro”

Emerge una grande responsabilità nella vita del discepolo, un delicato equilibrio tra rivelazione e nascondimento di cui luce e sale sono profonde metafore. Non bisogna incorrere nell’errore di considerarsi luce e sale come qualcosa di acquisito, qualcosa di “nostro”: il sapore e la luce del cristiano sono specchio e immagine della Luce e della Sapienza di Dio. Essere per gli altri, ed esserlo per rendere bella la vita degli altri, non viene da noi e non può quindi portare a protagonismo e trionfalismo. Il modello è Gesù.

Gettati e calpestati

C’è una minaccia che pesa su questo brano evangelico. Il sale che “perde sapore” sarà gettato e calpestato. C’è una identità che viene da Cristo e che deve abitare i cristiani, senza perdersi. Smarrita questa identità, conseguentemente viene meno la credibilità: si smette di essere a servizio della vita. E essere sale e luce significa, per i discepoli di tutti i tempi, essere immagine, imperfetta e fragile, del Dio della vita.

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