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Il Vangelo di Pasolini… secondo Maresco

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 di Rita Cirrincione

 

Nell’ambito de “I cantieri del Contemporaneo”, il ciclo di attività culturali in corso presso i Cantieri Culturali alla Zisaper riflettere sul nostro tempo attraverso i linguaggi delle arti e della cultura”, sabato 27 e domenica 28 settembre al Cinema De Seta ha avuto luogo una due giorni curata da Franco Maresco – in collaborazione con Mario Bellone e il Centro Sperimentale di Cinematografia – dedicata al cinema di Pier Paolo Pasolini e, in particolare, a “Il Vangelo secondo Matteo”. A margine, la mostra “Pasolini Matera”, che espone alcune foto scattate durante le riprese da Domenico Notarangelo, fotografo lucano che nel film di Pasolini fu anche attore.

Nel corso delle mini-rassegna è stato proiettato, appena restaurato in pellicola, “Il Vangelo secondo Matteo”, il capolavoro pasoliniano che all’epoca scatenò forti polemiche, considerato oggi da L’Osservatore Romano “il miglior film su Gesù mai girato”. Sono stati proiettati, inoltre, alcuni spezzoni di video inediti su Pasolini e l’intervista esclusiva rilasciata a Franco Maresco da William Dafoe, interprete di “Pasolini” nel recente film di Abel Ferrara.

Le proiezioni sono state intervallate dalle interviste del regista palermitano agli ospiti presenti – Enrique Irazoqui, indimenticabile volto di Gesù Cristo nel capolavoro pasoliniano, ed Emiliano Morreale, conservatore della Cineteca Nazionale – e dagli interventi di Giuseppe Marsala, direttore artistico de “I Cantieri del Contemporaneo” e Andrea Cusumano, neoassessore alla Cultura del Comune di Palermo.

In questa cornice, Maresco, maestro nell’arte di porre domande e di connettere elementi diversi, ha provato a ripercorrere la complessa vicenda artistica e intellettuale del regista, costruendo un soggetto multiforme fatto di rimandi e di inediti collegamenti in cui ha fatto dialogare memoria e attualità, realtà e finzione, biografia e narrazioni biografiche trasfigurate.

La visione de Il Vangelo ha condotto all’istante lo spettatore dentro l’universo poetico pasoliniano: l’ambientazione in una Matera “di dolente bellezza” e in altri luoghi di un meridione arcaico e preindustriale, il bianco e nero della fotografia, i volti degli attori – tutti non professionisti – reperiti nei due ambienti umani da lui prediletti, quello dei contadini e dei sottoproletari e quello degli intellettuali (nel cast Natalia Ginzburg, Alfonso Gatto, Enzo Siciliano ed Elsa Morante nelle vesti di assistente alla regia). Il volto di Cristo, fuori da ogni iconografia tradizionale, è quello di Enrique Irazoqui, giovane spagnolo ateo e antifranchista, appena diciannovenne, casualmente a Roma alla ricerca di fondi per la sua causa politica. La Madonna anziana ha il volto di Susanna, madre del poeta. I dialoghi, invece, sono ripresi fedelmente dal Vangelo di Matteo, senza parole o frasi di raccordo “perché nessuna immagine o nessuna parola inserita potrà mai essere all’altezza poetica del testo”. Il Vangelo secondo Matteo, infatti, nell’idea del poeta/regista, non è un’opera religiosa o ideologica ma un’opera di poesia, poesia come strumento per esprimere il sentimento irrazionale per la figura di Cristo da parte di un ateo che non crede in Cristo figlio di Dio ma crede nella sua divinità nel senso che “in lui l’umanità è così alta, rigorosa, ideale da andare al di là dei comuni termini dell’umanità”.

Proprio per la condizione di non cattolico, fuori dagli schemi canonici e conformistici, Pasolini riesce a restituire autenticità e freschezza al racconto evangelico di Matteo che ancora oggi – a cinquant’anni dalla sua uscita – conserva quel carattere paradossale, conservatore e rivoluzionario al tempo stesso, che allora riuscì a spiazzare sia gli ambienti della sinistra ortodossa, sia quelli dei cattolici tradizionalisti.

Nell’intervista di Maresco, Irazoqui – che ha perso buona parte della bellezza e del fascino che aveva ai tempi delle riprese del film ma che conserva intatto lo spirito battagliero e caustico di allora – rievoca il clima che regnava durante le riprese e narra aneddoti su Elsa Morante e Alberto Moravia o su altre figure dell’intellighenzia romana che Pasolini frequentava in quegli anni. Ricorda episodi relativi al backstage del film e alcune strategie registiche che Pasolini utilizzava per rendere efficace e vera la recitazione suggerendogli, per esempio, di vedere nei farisei gli odiati soldati franchisti o spingendo la madre a ricordare il dolore per la morte del figlio Guido – il fratello partigiano di Pasolini ucciso durante la Resistenza – per interpretare il dolore per la morte di Cristo. Il passato remoto si ricollega con il vicino passato, le lotte per la libertà e le conseguenti sofferenze si richiamano al di là di confini storici e geografici.

Maresco ritorna al presente con la sua intervista a William Dafoe in occasione dell’uscita del film “Pasolini” di Abel Ferrara in cui interpreta il ruolo del poeta-regista scomparso. Irazoqui, pur confessando di avere visto solo pochi minuti del film, interviene per esprimere con veemenza il proprio parere negativo sul film, su come Ferrara abbia trattato il personaggio di Pasolini e sulla scelta di un attore americano per interpretarlo. L’animato dibattito che segue, con il coinvolgimento del pubblico, arriva alla conclusione che probabilmente a essere fuorviante è il titolo, visto che l’intento di Abel Ferrara non era quello di riprodurre fedelmente la biografia del poeta ma di proporre una visione trasfigurata in cui Pasolini diventa quasi il suo alter ego: un biografema più che una biografia.

Dopo l’emozionante visione dell’ultima intervista inedita a Pasolini a poche ore dal suo tragico assassinio, ancora un salto spazio-temporale: Maresco propone la proiezione di alcuni clip di scarto del suo ultimo film Belluscone. Una storia siciliana. I volti terribili dei ragazzi di Brancaccio che orbitano attorno al mondo dei cantanti neomelodici che con spavalderia dichiarano tutto il loro odio per gli sbirri e per la legalità, richiamano quelli, appena rivisti ne Il Vangelo, dei ragazzi di borgata e del mondo contadino tanto cari alla poetica pasoliniana che vi vedeva una sorta di purezza incontaminata rispetto alla degenerazione della nascente società consumistica. Con lo sguardo contemporaneo sulle cose, colpisce e fa riflettere il carattere transitorio di certe posizioni ideologiche e l’evoluzione di quella parabola, dalla purezza alla corruzione. Tra i tanti ricordi di Enrique Irazoqui, quello di un Pasolini che, rivolgendosi a lui, giovane militante infiammato dalla lotta contro il regime franchista, gli dice: “Beato te che hai un nemico da combattere!Dichiarazione che, oltre a spiegare il motivo per cui il regista volle fortemente quel volto e quello sguardo per interpretare il suo Cristo, svela come per Pasolini certe battaglie siano state più esistenziali che politiche, per dare un senso alla sua “disperata vitalità”.

 

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