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Il pane invalido

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di Luciana De Grazia

 

Sapevate che le ostie completamente prive di glutine sono “materia invalida” per l’eucarestia?

Certo non è una di quelle domande che sorgono spontanee e, onestamente, non sarebbe sorta neanche a me se la vita non mi avesse portato a conoscere la celiachia, un’intolleranza permanente al glutine, sostanza presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. 

L’incidenza della celiachia è andata aumentando notevolmente nel corso degli ultimi anni, si stima che in Italia una persona ogni 100 abbia questa intolleranza e ogni anno vengono effettuate 10.000 nuove diagnosi, secondo quanto riportato nel sito dell’Associazione Italiana Celiachia.

 Attualmente non esistono medicine per curare la celiachia, è solo la dieta priva di glutine che permette al celiaco di godere di buona salute, poiché l’assunzione anche di piccole quantità può far stare molto male e nel tempo avere conseguenze anche gravi.

 

 Secondo le norme stabilite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede (lettera circolare  del 19 giugno 1995 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali) “le condizioni di validità della materia per l’Eucarestia sono le ostie nelle quali è presente la quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di materie estranee e purché il procedimento usato per la loro confezione non sia tale da snaturare la sostanza del pane”. Le ostie, pertanto, devono contenere amido di frumento.

Sollecitata per le difficoltà nella comunione eucaristica dei celiaci, la Congregazione per la dottrina della fede ha deciso che “sono materia valida le ostie parzialmente prive di glutine e tali che sia in esse presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane” (lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali del 24.7.2003). 

I celiaci possono, quindi, fare la comunione usando delle ostie con un più basso contenuto di glutine rispetto a quelle usate da tutti gli altri, ma non possono avere delle ostie completamente prive di glutine, le uniche che realmente gli permetterebbero di seguire con scrupolosità la dieta.

Esistono in commercio due tipi di ostie, prodotte in Germania e commercializzate da due aziende italiane, che riportano la dicitura “senza glutine”  e che hanno un contenuto massimo di glutine di 20 mg/kg e quelle “con contenuto di glutine molto basso”, che contengono massimo 100 mg/kg di glutine.

Il problema è che la celiachia si manifesta con una sintomatologia che può variare molto a seconda della sensibilità delle persone e solo la completa assenza di glutine garantisce il benessere fisiologico. Chi è celiaco, o conosce questa intolleranza, sa quanta attenzione bisogna prestare per evitare contaminazioni, poiché anche solo minime quantità di glutine possono far stare molto male. Difficile accettare che per potere partecipare alla comunione eucaristica, momento di gioia e di condivisione, si debba assumere una sostanza che, nella quotidianità, si cerca di evitare in tutti i modi, con attenzione e sacrificio.

Nelle linee guida che l’Associazione Italiana Celiachia ha predisposto per i parroci si sottolinea l’importanza di conservare le ostie per celiaci in un contenitore a parte, in modo da evitare qualsiasi contaminazione con ostie normali e si consiglia di tenere le ostie per celiaci, durante la celebrazione, in una pisside a parte, in modo da evitare ogni forma di contatto con le ostie convenzionali.  

Eppure tanta attenzione da parte del parroco è  in parte vanificata dalla presenza del glutine nelle ostie per celiaci, seppure in misura minore rispetto alle altre. Il fatto che la quantità di glutine presente nelle ostie commercializzate come idonee per i celiaci sia priva di conseguenze per alcuni celiaci, non esclude che ci sia una parte di intolleranti che sta male anche con quella piccola quantità. Infatti la determinazione della soglia di glutine tollerabile dall’organismo (il cd. cut off) non è univocamente determinabile per tutti i celiaci.

 Direte che c’è sempre la possibilità di bere il vino consacrato, scelta però non sempre praticabile, soprattutto per i bambini.

In più, la Congregazione ha previsto che “data la centralità della celebrazione eucaristica nella vita sacerdotale, si deve essere molto cauti prima di ammettere al presbiterato candidati che non possono assumere senza grave danno il glutine o l’alcool etilico” (lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, 24.7.2003).

Difficile definire il tipo di cautela che debba essere richiesto, impossibile considerare che un celiaco possa assumere glutine senza averne un serio danno per la salute. Conseguenza di questa normativa è limitare la possibilità di un celiaco, che certo non ha scelto la propria intolleranza, di perseguire la propria vocazione. Magari la comunità perderebbe l’occasione di avere un ottimo parroco, seppur celiaco.

L’incontro con l’Eucarestia non dovrebbe andare oltre la materia con cui è prodotta un’ostia?

 

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