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Il dramma della sentenza di Catania

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Foto di Tingey Injury Law Firm su Unsplash

Primo atto

Non accenna a placarsi la tempesta mediatica che vede coinvolta la giudice del tribunale di Catania, Iolanda Apostolico, dopo la sentenza con cui non ha convalidato il fermo di quattro profughi minorenni ospitati presso il Centro di Pozzallo, definendo incostituzionale il decreto del governo nella parte in cui obbliga un richiedente asilo a pagare una «garanzia sanitaria» di 5mila euro per evitare di essere trattenuto nel Centro.

«Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania», ha commentato la premier Giorgia Meloni. Secondo la presidente del Consiglio, questa decisione «con motivazioni incredibili rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto».

Fin dal primo momento, da parte sua, il vicepremier Matteo Salvini ha insistito, più che sul testo della sentenza, sulla persona del magistrato: «Le notizie sull’orientamento politico del giudice che non ha convalidato il fermo degli immigrati sono gravi, ma purtroppo non sorprendenti».

Già in questa prima fase della polemica il leader della Lega ha promesso battaglia: «La Lega chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento, perché i tribunali sono sacri e non possono essere trasformati in sedi della sinistra».

Da parte sua, la segretaria del PD Elly Schlein, in risposta alle esternazioni della premier, le ha replicato: «La smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il paese. La smettano di cercare un nemico al giorno per nascondere le proprie responsabilità. Se cercano responsabili del disastro sull’accoglienza si guardino allo specchio».

E ha proseguito: «È la destra che scrive leggi palesemente incostituzionali e poi se la prende con i giudici che fanno il loro lavoro. È la destra che ha messo la firma su tutte le leggi che hanno prodotto questo caos, come la Bossi-Fini che alimenta l’irregolarità, è sempre la destra che non ha mai contrastato il regolamento di Dublino lasciando l’Italia più sola, per allearsi con Polonia e Ungheria che di solidarietà non ne vogliono sapere».

Sulla vicenda è intervenuta l’Associazione Nazionale Magistrati di Catania: «L’ANM di Catania esprime una posizione ferma e rigorosa a tutela della collega Iolanda Apostolico, persona perbene che ha lavorato nel rispetto delle leggi, e respinge con sdegno le accuse a lei rivolte. Il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario andrebbe improntato a ben altre modalità», si legge in una nota del presidente Alessandro Rizzo.

Da parte sua, Iolanda Apostolico non ha voluto commentare, limitandosi a dire: «Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».

Secondo atto

Ma la vicenda non si è conclusa qui. A distanza di pochi giorni, il leader della Lega ha postato su Internet un video che riprende una manifestazione svoltasi nel porto di Catania, in cui la folla rivolge cori contro i membri del governo, all’epoca guidato da Giuseppe Conte, accusandoli di essere «animali» e «assassini».

Tra i partecipanti c’è anche la giudice Apostolico, anche se per la verità non sembra partecipare attivamente alle proteste. Salvini commenta: «25 agosto 2018, Catania, io ero Vicepremier e Ministro dell’Interno. L’estrema sinistra manifesta per chiedere lo sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti: la folla urla “assassini” e “animali” in faccia alla Polizia. Mi sembra di vedere alcuni volti familiari….».

Su questi ultimi sviluppi è intervenuto il consigliere togato indipendente del Consiglio superiore della magistratura, Roberto Fontana: «L’iniziativa del ministro Salvini di inviare un video relativo alla manifestazione del 2018 a Catania vuole confondere i piani.

La giurisdizione si esprime attraverso i provvedimenti, che ovviamente possono essere criticati e impugnati sulla base di ragioni tecnico-giuridiche. Spostare l’attenzione sulla vita del magistrato e le sue eventuali attività esterne a quella giudiziaria, è un modo per eludere il confronto sul merito del provvedimento e un tentativo di delegittimare l’attività giurisdizionale».

Di parere opposto il consigliere laico del Csm Enrico Aimi, di Forza Italia, presidente della Prima Commissione del CSM – quella che si dovrà pronunciare sulla pratica a tutela della magistrata di Catania, chiesta da 13 consiglieri togati (la maggioranza del Consiglio) – il quale, a proposito delle «eloquenti immagini del giudice Iolanda Apostolico», riconoscibili nel filmato, scrive: «Il ruolo del magistrato richiede che l’autonomia e l’indipendenza non si limitino esclusivamente allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, ma deve riguardare anche la sua proiezione esterna». E aggiunge: «E’ opportuno non dimenticare mai che la Giustizia è – mutatis mutandis – come la moglie di Cesare: non deve essere solo terza e imparziale, ma deve anche apparire tale».

Su questa linea, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha chiesto in una nota che il ministro Nordio disponga un’ispezione a Catania. Più drastico il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, secondo cui  la giudice andrebbe «radiata immediatamente».

A questo punto è intervenuto il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia: «A cinque anni di distanza si riprende – non so bene come – un video, quando questo magistrato non convalida il trattenimento dei migranti. Non so bene come spunti il video, se era già online o se appartiene alle forze di polizia come sembrerebbe dal modo in cui sono state effettuate le riprese, alle spalle delle forze dell’ordine che contengono il corteo. Questo mi sembra più grave».

E ha aggiunto: «Inviterei a valutare la terzietà dei giudici sulla base dei provvedimenti che vengono assunti e delle motivazioni poste alla base, e a non fare invece lo screening al passato, alla vita privata di un magistrato».

La replica del Carroccio non si è fatta attendere: «Non è un preoccupante screening, siamo di fronte a una manifestazione pubblica al porto di Catania e a post pubblici di insulti contro il ministro Salvini».

In tutto questo, una domanda che affiora su tutti i giornali, e già presente nell’intervento del presidente dell’ANM, riguarda la provenienza del video postato da Salvini. I senatori del PD Anna Rossomando e Walter Verini hanno annunciato un’interrogazione sul tema al ministro Piantedosi.

«La caccia scatenata da Matteo Salvini alla persona della giudice Iolanda Apostolico», hanno detto, «è davvero incredibilmente grave e la vicenda merita risposte, che il ministro Piantedosi deve dare. Come è uscito e da dove quel filmato? Chi lo ha confezionato? Esistono forse archivi dedicati? Il fatto solleva interrogativi inquietanti».

Due considerazioni

Il dibattito è aperto e abbiamo preferito dare la parola ai protagonisti, lasciando al lettore di farsi la sua idea. Due sole considerazioni.

La prima è che, come già notavo in un precedente “chiaroscuro”, a proposito del libro pubblicato dal generale Vannacci, «il richiamo indiscriminato alla libertà di pensiero e di espressione prevista dalla Costituzione nasconde un evidente equivoco. Essa non esclude, infatti, delle precise limitazioni legate al ruolo e alla funzione che il singolo è chiamato a svolgere».

E citavo il caso dei magistrati e degli alti gradi dell’esercito. «Un giudice, a cui la comunità conferisce lo straordinario potere di decidere della libertà fisica di altre persone, non può dire, al di fuori delle rigide regole processuali, tutto ciò che sa e che pensa personalmente di un imputato, perché verrebbe immediatamente ricusato.  E un alto ufficiale, a cui è affidato il monopolio dell’uso delle armi, non può permettersi di esprimere opinioni che possano gettare una qualsiasi ombra sulla assoluta imparzialità del suo operato».

Naturalmente i due casi non sono del tutto simmetrici, però non si può negare che ci siano delle analogie. Ed è strano vedere Salvini, che ha difeso a spada tratta il diritto di Vannacci di esprimere pubblicamente il proprio pensiero, malgrado la delicatezza del suo ruolo, negarlo adesso con la stessa veemenza a Iolanda Apostolico. Come stupisce vedere, viceversa, la sinistra, che ha contestato al generale questo diritto, rivendicarlo adesso per la giudice di Catania.

Certo, il cittadino non può e non deve rinunziare ai suoi diritti costituzionali. E tra questi c’è sicuramente quello di manifestare ciò che pensa. Ma una certa prudenza, in considerazione delle proprie particolari funzioni pubbliche, sarebbe più che opportuna. La libertà è anche responsabilità.

La seconda considerazione è che – quale che sia stata l’inopportunità della sua partecipazione, nel 2018, alla manifestazione contro il governo – è sconcertante il linciaggio morale a cui Iolanda Apostolico è stata sottoposta in questi giorni, solo  per essersi permessa di esercitare la propria doverosa valutazione di un provvedimento governativo.

Una sentenza, secondo il nostro ordinamento, può essere impugnata e cambiata – e questa è la differenza rispetto all’eventuale comportamento sbagliato di un generale – , ma a partire da quello che dice, non cercando di infangare chi, facendo il suo dovere e in nome delle proprie competenze, l’ha elaborata.

A monte, però, c’è un equivoco ancora più grave di questa persecuzione, ed è quello – risalente già al “padre” di questa destra, Silvio Berlusconi – secondo cui ogni limite posto al governo è un attacco allo Stato e va denunciato come un tradimento. In quest’ottica, la magistratura ha sempre rappresentato, ieri per il “cavaliere”, oggi per Meloni e Salvini, un nemico da combattere e delegittimare.

In realtà, il governo non è lo Stato, ma è al suo servizio, come lo sono i giudici, a cui spetta vigilare sull’operato dei governanti per assicurare il rispetto della Costituzione e delle leggi.  Ma noi restiamo ancora in attesa di una destra che riesca a comprendere questa semplice verità.  

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