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Il Cortile dei Gentili ad Assisi

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di Giusto Sciacchitano*

Il 5 e 6 ottobre 2012 si è tenuta ad Assisi una sessione del “Cortile dei Gentili” dal Titolo “Dio, questo sconosciuto. Dialogo tra credenti e non credenti”, ed è stato introdotto da un dialogo tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il Cardinale Ravasi.

Il tema è stato poi sviluppato in quattro panels, uno dei quali era intitolato: “Dialogo interculturale ed interreligioso per la Pace”.

Sia il tema principale che quelli trattati nei panels spingono ad approfondire riflessioni sulle basi del dialogo, sulle finalità da raggiungere, sui metodi da seguire, sulle difficoltà di interagire tra culture, religioni, tradizioni, sistemi diversi.

Il Cardinale Martini, in un celebre discorso tenuto su questo argomento alcuni anni addietro, osservava che la differenza non è tra credenti e non credenti, ma tra credenti e non credenti intelligenti e credenti e non credenti non intelligenti: cioè tra persone pronte a “intelligere” e dialogare.

Il tema, però, mi porta a riflettere su un altro tipo di dialogo che oggi, nell’anno della Evangelizzazione voluto da Benedetto XVI, mi sembra altrettanto necessario, ossia il dialogo intraculturale e intrareligioso.

 

Il “Dio sconosciuto” cui era intestato l’incontro di Assisi, è tale non solo tra culture e religioni diverse, nel senso che l’una rifiuta il Dio dell’altra, ma anche all’interno di una stessa cultura e di una stessa religione.

Scoprirlo, in questi casi, può richiedere una riflessione e un impegno forse non inferiore a quanto si richiede per la ricerca tra culture diverse.

Questa considerazione credo che valga sia per la cultura e religione islamica, sia per la cultura e religione cristiana; spesso anche al loro interno Dio è sconosciuto.

Nella cultura islamica l’invocazione “Allah è grande” viene elevata contemporaneamente da assediati e assalitori gli uni contro gli altri, e ancora oggi, in suo nome vengono perpetrati omicidi e stragi, pur vivendo in pieno XXI secolo e non già nel Medio Evo all’epoca delle Crociate.

Nel mondo occidentale le democrazie sono sorte da un triplice Big Bang ossia dalle tre grandi rivoluzioni: la francese, l’americana, l’industriale, che hanno determinato profondi mutamenti nella coscienza personale e sociale, ci hanno fatto conoscere i diritti della persona, quei diritti cioè che formano l’essenza della civiltà.

L’Islam non ha avuto questo Big Bang; è però essenziale che anche all’interno di quei popoli venga sviluppata una profonda riflessione e una diffusione della cultura, al fine di estirpare vecchie concezioni e aprire la porta a un dialogo, questa volta veramente interculturale e interreligioso, reale e proficuo, altrimenti limitato in stretti ambiti.

Ma anche all’interno della cultura e religione cristiana e nello stesso mondo cattolico, Dio può ancora essere sconosciuto.

Questo avviene nei vari settori della nostra vita civile: nell’economia, nel sociale e ovunque dove i fattori materiali oscurano quelli spirituali o comunque quelli di maggiore comprensione dei bisogni dei più deboli.

Ma in talune particolari situazioni ambientali vi è di peggio.

Per rimanere nel tema “cultura e legalità” già avviato durante gli incontri del “Cortile” a Palermo, la mafia e la ‘ndrangheta giurano sul Vangelo di restare fedeli alla loro organizzazione; dicono addirittura: “facciamo il Vangelo”!

Ma il loro giuramento è di violenza e di morte e non già di diffusione del messaggio divino.

Nel libro “Il Contagio” di Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, viene riportato il seguente Testo: “Sotto il nome di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre e di Nostro Signore Gesù Cristo che dalla terra morto resuscitò al cielo, così noi saggi fratelli formiamo questo sacro vangelo. Giuro sopra questa arma e di fronte a questi fratelli di non partecipare a nessuna società e a nessuna organizzazione tranne al sacro Vangelo. Giuro di essere fedele dividendo sorte e vita con i miei fratelli”.

Questo testo non è scritto per persone consacrate; è invece la formula rituale di affiliazione, tratta dal codice sequestrato nel giugno 1987 nel covo del latitante Giuseppe Chilà!

Gaetano Badalamenti al momento del suo arresto teneva nel portafogli il santino con il Crocifisso della Chiesa Matrice di Cinisi, e Bernardo Provenzano nei suoi pizzini faceva continuo riferimento a passi della Bibbia.

Dio dunque è assolutamente sconosciuto in quella parte di popolazione di Sicilia, Campania, Calabria, che però usa quel nome e quel Dio per fini del tutto opposti.

Spesso anche chi deve e vuole modificare questa falsa religiosità non coglie appieno il messaggio subliminale celato in quelle manifestazioni di credenza religiosa.

E così vi sono preti, parroci e diocesi che ancora consentono che processioni sacre si fermino davanti alla casa di un boss, quasi per rendergli omaggio, o che ancora giustificano o coprono criminali, definendo la giustizia terrena dei Tribunali “meschina e gretta”, o che consentono che all’ombra di Santuari si tengano riunioni di associati, o che accettano facilmente elargizioni di denaro ritenendole spinte da motivazioni religiose.

Anche nel nostro mondo vi è quindi un Dio Sconosciuto, perché non è sempre e a tutti chiaro che il Dio invocato dai mafiosi non è il Dio cristiano.

Quanto differente è questa mentalità da quella di Padre Puglisi, che non si fermava alle parole e a certe manifestazioni esterne dei mafiosi, ma parlava alla loro coscienza; fu ucciso perché con le parole del Vangelo contrastava il dio-potere degli uomini d’onore e dimostrava la incompatibilità assoluta tra fede e organizzazioni criminali.

La decisione del Papa di elevare P.Puglisi agli onori degli altari proclamandolo Beato, come primo martire vittima delle cosche, costringe anche il nostro mondo ad una riflessione culturale, perché si giunga dopo ad un reale dialogo per la pace.

   

*l’autore è attualmento sostituto procuratore nazionale antimafia a Roma 

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