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I volti della misericordia (seconda parte)

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di Pietro e Nadia Palumbo

 

   Se il nostro rapporto con la realtà è determinato dai sensi, non è detto che basti avere occhi e orecchi per saper vedere e saper udire. Come non è detto che basti credere in Dio per saper pregare. La nostra percezione e comprensione del mondo esterno e del mondo spirituale passa attraverso i sensi, ma coinvolge a tal punto tutta la persona che, per cogliere i significati dei segni e dei suoni, la mente ed il cuore hanno molta più importanza di quanto ne abbiano gli occhi e gli orecchi. Si dice che “la comunione col mondo morale e spirituale avvenga infinitamente meglio attraverso l’udito che la vista, perché gli uomini sono naturalmente più portati alla musica e alla poesia che alle arti del disegno” (Marangoni). La parola è infatti ancora oggi l’elemento costitutivo dell’assemblea cristiana. D’altronde la difficoltà di esprimere il mondo morale e spirituale più alto, il sacro, nel linguaggio figurativo è talmente elevata che ha trovato nella tradizione ebraica, in quella platonica e in quella islamica delle interdizioni assolute. Nella cultura cristiana, invece, l’esperienza del sacro ha cercato e trovato non solo una espressione verbale e musicale ma anche una pittorica e figurativa, e ha dato vita a tanti capolavori artistici che hanno alimentato la nostra immaginazione e la nostra vita spirituale.  Attraverso il simbolismo e poi, timidamente, anche il naturalismo, si è osato rappresentare il soprannaturale. Il sacro ha assunto dei “volti”.

 

   L’arte è un’esperienza particolare che ci insegna a guardare le cose non solo con gli occhi, ma anche con la mente ed il cuore, proprio perché ci “commuove” e ci coinvolge profondamente.  Infatti chiamiamo bello tutto ciò che ci attrae, ci coinvolge, ci affascina, ci piace e ci “muove all’indugio e al consenso come se si trattasse di un riconoscimento” (Gadamer). Ciò che ci attrae sembra destinato a noi, il desiderio di possedere le cose belle è naturale. Ma più del possesso dobbiamo cercare di capire il messaggio che proviene dalla bellezza. Essa, infatti, sembra mostrare una intenzionalità che ci spinge al dialogo, alla relazione. A chiederci: “perché quel colore, quel segno, quel suono,  quel gesto particolare, non casuale, che viene rivolto a me”?  L’opera d’arte non è soltanto un gradevole ornamento, ma è un luogo privilegiato per imparare a relazionarci con  l’altro, perché ci induce al rispetto, all’ascolto, alla lettura attenta, alla domanda pertinente. L’opera d’arte, infatti, non è soltanto coinvolgimento emotivo,  ma via alla scoperta di noi stessi. L’opera d’arte può, allora, insegnarci a costruire una “disponibilità spirituale” verso il mistero dell’altro o verso l’Altro come mistero. E può aiutarci anche a saper vedere, e a liberarci dalle false bellezze che non educano ma seducono lo spirito.

 

 

   “Saper vedere” significa, quindi, possedere quel bagaglio culturale e quella disponibilità spirituale che ci consente di dare ai segni un significato adeguato e pertinente, e quindi ci consente di trasformare immagini e suoni in messaggi significativi. O addirittura ci aiuta a vedere ciò che non si può vedere.

 

   L’obiettivo del nostro progetto di catechesi sul mistero della misericordia non è stato dunque quello di accompagnare un discorso spirituale con belle immagini, ma quello di saper sostare di fronte ad alcune opere d’arte appartenenti alla nostra tradizione per decifrarne il messaggio culturale e spirituale che ci viene comunicato, e cercare di vedere l’invisibile. Contemplare il mistero della misericordia attraverso l’arte può significare, dunque, meditare su questa esperienza spirituale attraverso uno strumento particolare che ci induce a guardare meglio, e ci insegna a saper vedere, a saper ascoltare e a saper pregare.

 

 

   Per contemplare il volto della misericordia noi abbiamo scelto di partire dalla immagine della “mater misericordiae” come ci viene offerta da Piero della Francesca nel suo famoso “Polittico della misericordia. Dopo avere spiegato il senso della nostra proposta abbiamo mostrato l’opera, anche con opportuni ingrandimenti di particolari che di presenza non si possono apprezzare, e ne abbiamo illustrato gli aspetti biografici, artistici, storici, teologici, necessari per poter leggere il testo pittorico.   Poi abbiamo lasciato il tempo per una contemplazione silenziosa del capolavoro con pochi inserimenti musicali del coro che ha intonato alcuni canti sul tema della misericordia. I nostri Interventi, presentati su  PowerPoint, sono visibili  al link  http://nadiascardeoni.blogspot.it/

 

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