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“Con Economy of Francesco ci sentiamo vicini al grido della Terra”. Intervista a Giulia Gioeli

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Papa Francesco è tornato ad Assisi in occasione dell’evento Economy of Francesco. Centinaia di giovani economisti e operatori del sociale si sono dati appuntamento nella città umbra per approfondire e rilanciare la volontà bergogliana di avviare processi finalizzati a fare dell’economia una realtà più umana. L’idea del Papa, infatti, va al di là dell’invito a sostenere coloro che sono in povertà poiché spinge a studiare e a progettare un’alternativa ad un sistema che uccide l’uomo e l’ambiente. Di questo tema discutiamo con Giulia Gioeli. Dottoranda – su questioni connesse all’economia civile – presso la LUMSA di Roma, la Gioeli è membro dell’Economy of Francesco Board.

Dottoressa Gioeli, ad Assisi il papa ha ricordato che l’umanità in questi ultimi due secoli è cresciuta a scapito della terra. Una tendenza che non si è ancora arrestata. Cosa necessità per invertire la rotta?

Non sarà semplice invertire questa rotta ma ognuno di noi nel proprio piccolo può cambiare le cose. Come ci ha ricordato Papa Francesco ad Assisi noi giovani non siamo il futuro, siamo il presente, un altro presente che ha bisogno del nostro coraggio per pensare con la testa, sentire con il cuore e fare con le mani. Questo forte richiamo ci ha spinto a non cercare scorciatoie, con Economy of Francesco ci sentiamo vicini al grido della Terra che soffre, ai conflitti ancora in corso in Europa e nel mondo e soprattutto a quell’economia che uccide ed esclude. Partendo dalle nostre piccole scelte di consumo, da cambiamenti apparentemente minuscoli e da piccole azioni quotidiane, anche nei nostri posti di lavoro, possano fare la differenza. Ridurre l’impatto ambientale comporta talvolta qualche piccolo sacrificio. Piccoli gesti che non solo incidono positivamente sulla salute del pianeta ma anche sull’economia e sulle nostre comunità.

Ad Assisi, come Economy of Francesco, avete sostenuto che il primo capitale dell’uomo è quello spirituale cioè quello volto alla ricerca del senso della vita e delle azioni umane. Una riflessione che si contrappone al sistema consumistico- materialista della nostra epoca. È così?

Assolutamente sì. Oggi c’è il bisogno di coltivare una vita interiore. Il sistema in cui viviamo sta cambiando e ce lo sta chiedendo. L’economia ha bisogno di un capitale spirituale globale. Questo patrimonio oggi si sta esaurendo, perché il mondo cambia molto velocemente. Quindi serve reinventare una sorta di nuovo patrimonio spirituale delle persone, cioè un’etica di fondo, una capacità di vita interiore. In questa società consumistico-materialistica sembra quasi che non si possa coltivare la spiritualità perché richiede gratuità e non è a scopo di lucro. Questo primo cantale ci dà le ragioni per vivere e agire nel nostro quotidiano, per fare anche economia.

Viviamo in un mondo in cui consumiamo più delle risorse che possediamo, non possiamo più farne a meno. Oltre a chiederci il come e cosa di ciò che accade intorno a noi e di ciò che facciamo, dovremmo iniziare a chiederci perché. Andare oltre e vivere una triplice relazione. Prima con noi stessi, con gli altri e poi con l’ambiente circostante.

Bergoglio, attraverso l’iniziativa di Economy of Francesco, annuncia un cristianesimo che non si preoccupa soltanto del povero ma mira a generare processi in grado di superare le povertà diffuse. Di che si tratta?

Come ha affermato il Papa ad Assisi, senza stimare i poveri non si può combattere nessuna miseria. Per noi è tempo di osare il rischio di favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità in cui le persone, e specialmente gli esclusi, siano protagonisti. Dare voce e dignità ai poveri e agli scartati superando la logica del solo assistenzialismo. Accettando strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri tavoli, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case.

Dare voce a chi oggi non ce l’ha. E questo è molto più che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dell’altro nelle nostre politiche e nell’ordine sociale. Il Papa ci ha inoltre ricordato che “senza la stima, la cura, l’amore per ogni persona povera, per ogni persona fragile e vulnerabile, dal concepito nel grembo materno alla persona malata e con disabilità, all’anziano in difficoltà, non c’è Economia di Francesco” ed è questo il filo conduttore del nostro agire e del nostro vivere e costruire un’altra economia. In questo i francescani sono un grande esempio. Francesco abbraccia Madonna povertà, non amò la miseria ma proprio da quella sua scelta volontaria nascono le prime banche che diedero dignità e lavoro a molti uomini e donne nel Medioevo. Così seguendo i richiami di Papa Francesco non ci rivolgiamo contro qualcosa o contro qualcuno, ma cerchiamo di metterci a disposizione con le nostre proposte lavorando per far emergere ed amplificare, con fiducia, lo sviluppo umano integrale di ogni uomo e di tutto l’uomo nessuno escluso.

Per quali motivi, la vita e il pensiero di San Francesco – il “poverello d’Assisi” – sono alla base di un ripensamento dell’economia globale?

L’economia francescana ha tantissimo da insegnarci oggi. Con Economy of Francesco vogliamo cercare di mutuare le caratteristiche del pensiero francescano delle origini. Il francescanesimo, infatti, non ha mai voluto offrire soluzioni tecniche alle questioni economiche e sociali, ma il suo obiettivo era dare risposte concrete alla piaga dell’usura, alle problematiche sociali ed economiche andando incontro alle persone e riconoscendole.

Con la figura del giovane Francesco d’Assisi è chiara una svolta epocale. Solitamente quando si parla dei francescani si pensa prevalentemente alla povertà ma quando i francescani analizzarono il significato della povertà e la scelta volontaria che loro avevano abbracciato, analizzarono necessariamente anche la ricchezza, e scoprirono un discorso tutto nuovo da elaborare sull’economia. Il francescanesimo, quindi, rappresenta nella storia dell’economia e della società un momento di grande importanza e, al tempo stesso, un paradosso: da un lato, Madonna Povertà, il distacco dai beni come segno di perfezione spirituale, dall’altro, la prima Scuola socio-economica, che ispirerà i presupposti teorico- pratici del sistema dell’economia di mercato, dell’Economia civile di Antonio Genovesi nel Settecento e oggi di Economy of Francesco.

A differenza della stabilitas loci dei Monasteri benedettini, i francescani scelgono le città, lo stare in mezzo alla gente, per testimoniare e comunicare il Vangelo, predicando, lavorando ed entrando in tutti gli ambienti delle periferie della città ed ovunque ci fosse un bisogno da cogliere. In questo modo instaurarono, all’insegna della fraternitas, un legame con la gente, il territorio, le comunità, i gruppi dirigenti, i governi locali e le istituzioni socio-economiche e culturali. Un esempio e una guida per noi giovani di Economy of Francesco.

Sin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco ha messo al centro del suo discorso al mondo le periferie esistenziali e i movimenti popolari. Quale lezione può apprendere l’economia dalle questioni avanzate dal vescovo di Roma?

In questo periodo storico e non solo per quanto riguarda Economy of Francesco, Papa Francesco è un grande punto di riferimento e le sue parole sono molto spesso un monito per l’economia, la finanza. Grazie a lui oggi noi giovani ci sentiamo parte di una comunità mondiale di giovani che hanno la stessa vocazione e portano in cuore gli stessi sogni.

Come ci ha ricordato ad Assisi “quando un giovane vede in un altro giovane la sua stessa chiamata, e poi questa esperienza si ripete con centinaia, migliaia di altri giovani, allora diventano possibili cose grandi, persino sperare di cambiare un sistema enorme e complesso come l’economia mondiale”. E penso che questo non riguardi solo i giovani di Economy of Francesco ma tutti i Movimenti popolari e sicuramente grazie a Francesco viviamo la Chiesa come un luogo che si avvicina alle periferie, non solo quelle geografiche, ma soprattutto quelle esistenziali.

Sicuramente ciò che l’economia, ma la società in generale, può apprendere da Papa Francesco, credo possa essere racchiuso in tre temi molto importanti. Il primo è quello di essere realmente custodi del creato e della nostra Pachamama, salvaguardare ciò che ci circonda. Vivere secondo quello che in America Latina chiamano Buen vivir, cioè vivere in perfetta relazione con se stessi, con l’altro e con l’ambiente che ci circonda. Il secondo tema riguarda il sapere, informare per partecipare e conoscere, perché ancora oggi siamo senza risposte di fronte ai problemi globali quindi serve sostenere i gruppi capaci di elaborare cultura ed educazione. E il terzo e ultimo punto riguarda il dialogo fra generazioni, educazione e lavoro.

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