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La Chiesa nella tempesta insieme al mondo: piangere al tempo del coronavirus

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La Chiesa deve piangere con il mondo

La mattina della V Domenica di Quaresima papa Francesco, all’inizio della celebrazione eucaristica a Santa Marta, ci ha invitati a piangere, come Gesù sulla tomba di Lazzaro, come Gesù su Gerusalemme, la città amata.

Piangere con tutti coloro che hanno perso il lavoro e non sanno cosa succederà dopo, piangere con chi si vede sprofondare nella povertà e non ha più nulla da dare a mangiare ai propri figli, piangere con chi è ristretto in spazi angusti (alcune famiglie ne approfittano per riscoprire valori dimenticati; per altre famiglie è, invece, un momento tragico di tensione, conflitto, violenza.), piangere con gli anziani soli, piangere con chi è recluso in carceri sovraffollate, piangere con chi muore lontano dagli affetti più cari, piangere con i parenti che non possono dare assistenza e conforto.

Piangere contro le disuguaglianze; piangere contro il nostro individualismo

Quando tutto si ferma le conseguenze non sono uguali per tutti. Anzi, le differenze sono messe in evidenza più crudelmente. Le ferite non sono più coperte e silenziate dal frastuono quotidiano.

L’elenco del Papa era aperto. Ognuno può aggiungere quelle povertà e ferite alle quali la propria empatia da visibilità.

All’Angelus della stessa domenica ha rivolto un appello perché cessi ogni conflitto. Piangiamo, allora, anche per tutti coloro che sono stritolati dalle guerre fatte dai potenti di turno!

A che serve piangere? “Fa bene” dice il Papa, perché non basta darsi da fare e spesso, per giunta, non possiamo far nulla, reclusi nelle nostre case. Ma, piangere “ammorbidisce il cuore”, ci tira fuori dal nostro individualismo, come Lazzaro dalla sua tomba. Ci dà occhi per vedere e sentire come intollerabile quello che la fretta dei giorni senza COVid-19 oscura.

Un giudizio sul nostro tempo

Spesso ci scandalizziamo per i comportamenti dei nostri simili, credenti e non credenti, dei secoli passati, per le ingiustizie, le ristrettezze mentali, le crudeltà nei confronti dei propri simili, per comportamenti sociali e credenze che oggi riteniamo aberranti. Mi chiedo spesso, però, come tra qualche decennio saranno giudicati i nostri tempi. Come sarà giudicata un’Europa che vive di egoismi nazionali? che non sente come inaccettabile che decine di migliaia di uomini donne bambini vivano nell’isola di Lesbo come scarto da buttare nella pattumiera della storia? che sopporta le torture dei campi libici? che getta nella spazzatura tonnellate di cibo preparato ma non consumato ( in Italia lo spreco alimentare è di circa 15 miliardi di euro annui; l’80% dopo essere stato preparato; https://www.foodscovery.it/foodheroes-magazine/lo-scandalo-dello-spreco-cibo/)? Come sarà giudicata una cultura che inquina l’aria che respira e l’acqua che beve?…

Come saremo giudicati per l’isola di plastica, grande come il Texas, che galleggia nell’oceano Pacifico? per le torture inflitte a tante creature abitanti come noi di questa nostra Terra? per gli ecosistemi devastati, per la Querida Amazonia, alla quale nell’ultima esortazione apostolica il Papa invia, attraverso tanti suoi poeti, parole d’amore e di stupita meraviglia per la sua bellezza ferita?

La Chiesa nella tempesta come tutti noi

La preghiera del Papa si unisce a quella di tanti vescovi italiani, i quali pregano insieme al popolo, soffrono insieme al popolo, invitano all’obbedienza alle autorità e alla resistenza, offrono momenti di spiritualità. Ma quasi con pudore.

A differenza di altri stimoli paternalistici, più che paterni, i nostri vescovi si sono messi accanto al popolo con umiltà, non come chi presiede ma come chi accompagna, non come chi guarda la tempesta da una riva sicura, ma come chi, al pari di tutti, ci si trova dentro.

Anche loro, come tutti noi, sono sgomenti, anche loro partecipano all’ansia per l’arrivo del “picco”, sperando che non sia un picco ma un’onda smorzata. Anche loro sono nel lutto insieme e tutti coloro che stanno perdendo i loro cari, gli anziani di famiglia, senza poterli accompagnare, al di là del confine. Li hanno visti entrare in ambulanza, vengono loro restituiti dentro bare. In alcune città del Nord Italia “scompare una generazione” (sono parole del Presidente S. Mattarella) di medici, di sacerdoti, di figure laiche di riferimento.

Comunità e comunione

Papa Francesco e i vescovi italiani si rivolgono, quasi con ammirazione e tenerezza, a tutti gli attori attivi e passivi di questo dramma inedito. Vedono la Provvidenza all’opera nel dare coraggio a tanti operatori della sanità e dei servizi essenziali. La ringraziano per i sentimenti di solidarietà che rinasce in un paese che si era incattivito. La chiesa non ha, per fortuna, l’esclusiva della solidarietà. E questa sembra stia rinascendo in tanti contesti, indipendentemente dalla propria consapevolezza di fede. Si moltiplicano le iniziative di aiuto per anziani isolati e di raccolta fondi per ospedali, per la protezione civile, per luoghi di ricovero di poveri e di senza tetto

Papa Francesco e i nostri vescovi, nelle loro preghiere e invocazioni, con affetto, con discrezione, con sollecitudine manifestano la loro vicinanza e la loro partecipazione a tutti gli invisibili delle nostre città e a quanti si sentono fragili di fronte alle conseguenze della pandemia da CoViD-19.

Siamo privati della eucarestia. Ma stiamo riscoprendo la bellezza dell’essere chiesa, la bellezza dell’essere comunione, dell’essere uomini capaci di condividere dolori e speranze. Come non ricordare, allora, l’incipit della Gaudium et Spes!

Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.

La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti.

Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia.” (GS, 1).

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