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Che ci combinerà stavolta lo Spirito Santo?

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Navigazione cieca. Questo Conclave non è diverso dagli altri: non si riesce a prevedere un bel nulla. Incerto il nome del futuro Papa. Incerta, ancora di più, la sua linea nel governo della Chiesa. Il card. Scola? Sembra quello che ha attualmente più voti, ma è già capitato, in passato, che il più votato sia stato bloccato da un numero consistente di oppositori, costringendo i cardinali a ripiegare su un nome di compromesso. E questa volta ciò è ancora più facile, perché la nuova norma introdotta da Benedetto XVI prevede che, anche dopo l’undicesimo giorno di votazioni, quando si va al ballottaggio fra i due candidati più votati, non basti, come era prima, la maggioranza semplice dei voti, ma sia ancora necessario averne i due terzi.

Ma non è solo questo. Il turbinio di volti e di nomi che sono passati sotto i nostri occhi in questi giorni stentano a fissarsi in immagini precise. La verità è che di questi uomini non sappiamo quasi nulla. La nazionalità dice ben poco. Le vecchie categorie di “conservatore” e “progressista” appaiono così palesemente inadeguate da essere ormai scartate anche dai mass media. Più in voga è la contrapposizione tra “curiale” e “anticuriale”. Ma nessuno sa dire che cosa significhi effettivamente. La si è applicata ai due favoriti della vigilia, Scola e Odilo Sherer. Ma sulla base del fatto che il primo è gradito più agli stranieri che agli altri italiani, mentre il secondo verrebbe, a quanto pare, ben visto dai cardinali di Curia. È sufficiente per caratterizzare due progetti di governo della Chiesa? Direi proprio di no. A parte il fatto che i rispettivi indici di gradimento possono benissimo dipendere da altre variabili – per esempio le perplessità dei prelati italiani su Scola potrebbero dipendere dalla sua storia, legata a un movimento ecclesiale fortemente caratterizzato, com’è CL – , vorrei capire che cosa possa significare in concreto “curiale” e “anticuriale”. Della Curia nessuno dei due potrà fare a meno. E un certo rinnovamento verrà sicuramente portato da chiunque dei due diventi Papa. E allora?

Il vero problema è quello che il nuovo Pontefice sarà in grado di fare. Per restare all’esempio del dualismo “curiale-anticuriale”, Benedetto XVI non è stato sicuramente un Papa curiale, ma alla fine la Curia romana ha avuto più peso nel corso del suo pontificato, con le sue lotte intestine e i suoi scomposti moti di ribellione, che sotto altri Pontefici.

La verità, dicevo, è che sappiamo troppo poco. E forse è meglio così. Visto da vicino, anche il personaggio migliore mostra le sue fragilità e i suoi limiti. Magari se avessimo conosciuto meglio Giovanni XXIII avremmo temuto la sua elezione. E invece Dio se ne è servito per far compier un salto di qualità alla sua Chiesa. Alla fine, i Papi passano. È lo Spirito che conduce la sua Chiesa. Vedremo che cosa ci riserva in questo Conclave.

 

Giuseppe Savagnone

 

 

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