Questa domenica celebriamo il sacramento fondamentale dell’essere cristiani, il cui tema centrale è il Sacrificio. Le letture ci accompagnano alla scoperta di questa magnifica realtà donata da Gesù a tutti e per sempre.
Il tema del sacrificio in tutte le religioni richiede la presenza di un sacerdote. La prima lettura dal libro della Genesi (14,18-20) ci presenta infatti Melchisedek, sacerdote e re di Salem, figura emblematica e misteriosa dell’Antico testamento e di cui si parla anche nel salmo 109. Sappiano che il suo nome significa “Re giusto” e Salem è la ”città di pace”.
Diversamente che per altri personaggi biblici, di Melchised non viene riportata la genealogia, a sottolineare la centralità dell’essere sacerdote e, nell’offerta di pane e vino ad Abramo, l’anticipazione profetica della venuta del Messia. Il Messia sarà l’autentico re giusto che dando la sua pace ci proclama figli.
Cristo, l’unto da Dio non ha bisogno di fare sacrifici, perché è il suo corpo, offerto una volta per tutte nel sacrificio della croce, che rinnova l’alleanza con Dio promessa ad Abramo: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.”(Ebrei 10,5-10).
È la seconda lettera di Paolo ai Corinzi (11,23-28) però che riporta letteralmente le parole e rievoca i gesti usati da Gesù nell’ultima cena per offrirci il dono dell’Eucarestia e rendere tutti noi celebranti di questo mistero.
“Eucarestia” vuol dire rendimento di grazie e il primo gesto di Gesù è quello di lodare e ringraziare il Padre dei doni ricevuti per offrirli a sua volta a noi. Il fare memoria della sua ultima cena non è soltanto ricordo, ma proclamazione delle meraviglie e del mistero che Dio ha compiuto per gli uomini. Nella celebrazione liturgica di questi eventi, essi sono presenti e attuali.
Nel mistero della transustanziazione noi offriamo a Dio quello che abbiamo ricevuto da lui e nel segreto delle nostre preghiere offriamo anche tutto il nostro vivere, fatto di sofferenze, gioie, impegni e responsabilità, affinché con lo Spirito Santo ci rinnovi e si realizzi il progetto che Dio ha preparato per ciascuno di noi .
Il brano evangelico di questa solennità è quello di Luca (Lc 9,11b-17) in cui il tema del “sacrificio offerto” si mutua in un miracolo di distribuzione moltiplicativa di cura, di tenerezza e di amore. Si tratta dell’unico miracolo di Gesù, a parte la resurrezione , ad essere presente in tutti e quattro i Vangeli.
L’evangelista rappresenta Gesù mentre parla alla folla, accoglie tutti, predica il Regno di Dio, guarisce gli ammalati, perché egli non trascura mai la sofferenza dell’uomo ma se ne fa carico, si intenerisce e ne prova compassione. Si era fatta sera, momento della giornata che suggerisce la confidenzialità familiare e gli apostoli consigliano di congedare le folle perché non hanno come sfamarle. A questo punto Gesù mostra come la sua compassione non è un vago sentimento, ma volontà di stare vicino agli uomini e di provvedere anche alla loro indigenza materiale. Così i soli cinque pani e due pesci nelle sue mani diventano cibo per tutti, passando significativamente dalle mani degli apostoli – “voi stessi date da mangiare” – a indicare il ruolo essenziale del servizio agli altri.
Il pane di Dio va condiviso, va distribuito agli altri. Il pane così indispensabile a ogni essere umano, tanto desiderato ancora oggi in tante parti della terra, è lo strumento della presenza di Cristo in mezzo a noi. Perciò lo invochiamo nella preghiera che Gesù ci ha insegnato: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Ed esso è il segno di riconoscimento della sua divinità: solo allo spezzare del pane i discepoli di Emmaus lo riconobbero (Lc 24, 13-35). E Gesù si serve ancora oggi del pane per rinnovare il suo sacrificio che si distende nello spazio e nel tempo, entra nella nostra storia e ci render partecipi del suo amore.
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