La liturgia dii questa domenica inizia con una domanda che contiene all’interno già una risposta: ”Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo? Il Signore verrà” (Antifona d’ingresso).
La domanda introduce l’Ascesa di Gesù al Padre, solennità celebrata nel clima gioioso della Pasqua e che precede la Pentecoste. Anticamente le due solennità erano celebrate contemporaneamente a sottolineare la connessione tra l’ascensione e l’effusione dello Spirito Santo.
Dell’ascensione si parla esplicitamente solo nel vangelo di Luca e il racconto si completa con il brano deagli Atti degli Apostoli (1,1-11), dove si parla anche del congedo di Gesù dai suoi discepoli.
Ci sono cinque momenti prima del saluto finale; è come se Gesù si attardasse perché non ha concluso il suo progetto, come se avesse sempre qualcosa da aggiungere, da donare. I momenti sono: il pranzo, l’attesa, il condurre fuori gli apostoli , la benedizione e l’ascesa.
Inizialmente Gesù si trova ancora una volta a tavola con i suoi, contesto amicale in cui le parole, gli atteggiamenti infondono affetto, comunione e fanno stare bene tutti. Bisognerebbe rivalutare anche oggi lo stare a tavola e lasciare circolare tra gli sguardi le relazioni, la comunicazione di sentimenti, di sensazioni e di idee. Durante quel pranzo Gesù dice ai discepoli di non allontanarsi da Gerusalemme ma di fermarsi e attendere perché sta per realizzarsi la promessa già più volte preannunciata: il dono dello Spirito, a cui si dovrà il battesimo che completa quello in acqua dato da Giovanni e che trasformerà i discepoli in testimoni.
Successivamente li conduce fuori, al monte degli ulivi in Betania perché ha bisogno di spazi, di aria, di cielo per vivere questa straordinaria esperienza di saluto e di abbracci. Egli usa ancora parole di bene che possiamo pensare cariche di amicizia e di amore per ciascuno. Gesù guardandosi intorno vuole bene e dice bene di tutti e di tutto ciò che lo circonda: degli alberi, dell’acqua, del suolo di tutto il creato che ha acquistato una nuova bellezza dopo gli anni del suo passaggio. Fatto questo scompare dagli occhi dei suoi, dice l’evangelista Luca e gli atti degli apostoli aggiungono “ tratto da una nube”. La nube è simbolo della trascendenza ed epifania di Dio , la stessa che ha guidato nella grande Alleanza Mosè e il popolo ebreo nel deserto e che ha avvolto Gesù sul monte Tabor con Elia e Mosè nella Trasfigurazione.
Si può pensare che con quest’ultimo evento si ricomponga il cerchio di congiunzione dal cielo alla terra e dalla terra al cielo e il “gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà” della notte Santa si concretizzi con ”egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso”(. Eb 9,24-28; 10,19-23) tuttavia sarebbe una semplificazione ; in realtà l’Ascesa non è il termine, la fine di una storia, ma l’attesa di altro e lo sguardo non sarà solo verso il cielo ma multidirezionale. Infatti Gesù si allontana da quella terra e ritorna al Padre ma contemporaneamente coinvolge noi in una missione: .”Mi sarete testimoni fino ai confini della terra”(Atti degli apostoli).La sua ascensione verticale in realtà comporta il nostro metterci in un cammino orizzontale per le vie che lui stesso ha tracciato.
Il suo tornare al Padre è l’inizio della nostra testimonianza di Lui agli altri tra le nostre case, nei luoghi di lavoro, tra gente incredula e indifferente, afflitta e bisognosa, rendendoci credibili con la nostra umile esistenza. In questo cammino di testimonianza lui ci sta accanto, ci guida con il suo Spirito senza il quale non avrebbe senso il nostro andare. “Non temete, io sarò con voi fino alla fine dei tempi“.
E’ grave l’affermazione del ministro degli Esteri perché sa di dire una bugia, ma vuole salvare la faccia, come d’altronde fa quotidianamente questo governo. Servi al carro dei potenti, e non liberi. Solo la verità ci fa liberi