Rifare di nuovo grande l’Occidente con Trump e Meloni?

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Foto di Juliana Kozoski su Unsplash

Un progetto ambizioso

«Il mio obiettivo» – ha detto Giorgia Meloni al presidente americano Trump, durante la sua visita alla Casa Bianca dello scorso 17 aprile – «è rendere di nuovo grande l’Occidente e penso che possiamo farlo insieme», precisando: «Quando parlo di Occidente non parlo di uno spazio geografico, parlo di una civiltà, e io voglio rendere più forte questa civiltà» .

L’idea non è nuova: «Rendiamo di nuovo grande l’Occidente!», aveva già scritto, a novembre, in un post su Instagram, un altro leader della destra, Matteo Salvini, anche lui fervido ammiratore di Trump e convinto che solo insieme a lui e puntando sulla sua politica sia possibile realizzare questo ambizioso progetto.

A breve distanza di tempo, il 3 maggio, il noto storico e opinionista Galli della Loggia, sul «Corriere della Sera», ha pubblicato un editoriale dal titolo «La rinascita contestata dell’idea di Occidente». Nessun riferimento alle parole della Meloni, anzi il pensiero dell’autore è palesemente rivolto alle polemiche suscitate dalle «Nuove Indicazioni Nazionali» – recentemente emanate dal ministero della Pubblica Istruzione e del Merito e da lui coordinate nella sottosezione storica – in cui la superiorità dell’Occidente sulle altre culture viene decisamente affermata.

Ma la continuità con il discorso della nostra premier, al di là delle intenzioni, è oggettiva ed evidente. Anche Galli, infatti, parla non di un’area geografica, ma di una civiltà. Ed è riferendosi ad essa che, a suo avviso, «oggi ritorna prepotentemente sulla scena la categoria di Occidente».

La svalutazione dell’identità occidentale

Anche se, osserva lo storico, «alla parte dura e pura del pensiero progressista e a un certo cattolicesimo l’Occidente non piace». Di esso si parla solo per denunziarne «le malefatte», le prevaricazioni passate nei confronti degli altri popoli e delle altre culture, misconoscendo la ricchezza e la fecondità dei valori che esso ha elaborato e proposto. E cita, come esempio di questa peculiarità positiva, la «Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino».

Da questa rimozione del nostro patrimonio valoriale deriva, a suo avviso, lo smarrimento della nostra identità, in questo momento storico. «Mi chiedo», scrive Galli, «fino a che punto i progressisti si rendano conto che su questo terreno si gioca una partita che, ben prima ancora di riguardare il nostro rapporto con gli altri (…), riguarda invece direttamente noi stessi. Perché in realtà la questione del passato riguarda il legame sociale che tiene insieme la collettività (…), la base del consenso delle nostre democrazie».

C’è molto di vero in queste parole. Emblematico, anche se non se ne parla nell’articolo, l’acceso dibattito, nel  2004, sulla opportunità di inserire, nel preambolo della Costituzione europea un riferimento alle «radici cristiane dell’Europa», che evidenziò l’allergia di tanti “progressisti” nei confronti non solo del riconoscimento di un dato storico innegabile, ma anche di qualsiasi valorizzazione del patrimonio di valori umani che nel cristianesimo è implicito.

Quanto fosse difficile riempire questo vuoto lo dimostra il fatto che non è stato finora riempito. Con il risultato che oggi tutti vediamo: un’Europa incapace di andare oltre l’unificazione economica, perché priva di qualunque motivazione ideale che, in nome di un bene comune condiviso, possa giustificare il superamento degli egoismi nazionalistici.

Senza dire che, anche all’interno dei singoli paesi, la scristianizzazione dilagante ha dato luogo a una trionfante cultura individualistica, che dissolve le forme comunitarie e riproduce nelle relazioni tra le persone  la logica del mercato capitalistico, fondata sul do ut des e sulla libertà di rescissione dei contratti: «Stiamo insieme finché stiamo bene insieme». L’economia anche qui ha sostituito l’etica.

Il problema dei diritti umani

Ciò che balza agli occhi, però, nel discorso di Galli della Loggia, è il suo silenzio sulla prospettiva di rilancio dell’Occidente ricorrente, come si è visto, da parte degli esponenti della destra italiana e formulata pochi giorni prima dalla nostra premier, a cui – che egli lo volesse o no – il suo articolo fornisce un autorevole puntello culturale. Tanto più che, attribuendo univocamente ai “progressisti” la responsabilità di avere offuscato questa idea, egli ha implicitamente avallato la  sua rivendicazione  da parte delle destre.

Ma – ferma restando la tendenza di una diffusa cultura a svalutare la categoria dell’Occidente – , davvero sono loro a poterlo «rendere di nuovo grande»? E’  proprio l’esempio della «Dichiarazione dei diritti» come emblema della civiltà occidentale  a fornire  una risposta chiara e netta in senso negativo.

Perché ciò che accomuna Meloni e Trump – un tandem ormai consacrato da un rapporto di sintonia che entrambi hanno definito «privilegiato» – è precisamente l’esplicita subordinazione  del rispetto dei diritti umani agli interessi dei rispettivi Stati. La loro logica sovranista comporta che questo obiettivo sia primario rispetto a qualunque principio morale  e giuridico, rendendoli entrambi  sordi ad ogni appello  etico-religioso – come quelli loro rivolti da papa Francesco – e insofferenti di fronte ai limiti posti dalla magistratura, sia nei rispettivi paesi che a livello internazionale.

Il banco di prova più evidente è quello delle politiche migratorie. Alla «difesa dei confini» Meloni ha dato fin dall’inizio del suo governo un ruolo centrale, rendendo sempre più difficile l’opera di salvataggio in mare dei migranti da parte delle navi delle ONG e finanziando i campi di concentramento in paesi noncuranti dei diritti umani,  come la Libia e la Tunisia, dove essi sono oggetto di ogni sorta di violenze.

In questa logica ha varato il progetto di campi di detenzione in Albania, fallimentare sul piano funzionale ed economico, ma perfettamente riuscito sul piano dell’immagine, come modello per un’Europa che cerca di mascherare i suoi vuoti e la sua fragilità alzando barriere verso l’esterno.

Su scala ben più grande, Trump sta perseguendo la stessa linea. Frontiere blindate per i poveri e più di undici milioni di persone travolte dalla «più grande operazione di deportazione di massa della storia». Anche qui con violenze inaudite, tra cui il trasferimento in catene nella prigione di El Salvador (soprannominata «il carcere più pericoloso del mondo») di persone accusate – ma senza alcun processo! – di far parte di una banda criminale.

Entrambi i leader fanno di questa politica, contraria ai più elementari diritti umani, un fiore all’occhiello, da ostentare con fierezza di fronte ai loro elettori, vantandosi così di rispettare le loro promesse di fare gli interessi dei propri connazionali, all’insegna di slogan come «Prima gli italiani!» e «First America!» .

La divisione dei poteri e il rispetto della legge

Da qui anche la difficoltà del duo Trump-Meloni, di rispettare un altro principio fondamentale della civiltà occidentale, quello per cui il potere è limitato dal diritto e chi lo esercita deve fare i conti con organi di controllo che non dipendono dalla sua giurisdizione.

È la grande conquista della separazione dei poteri, che ha reso possibile l’instaurazione dello Stato di diritto, in cui la legge prevale sulla forza.

Basta leggere i giornali per sapere che lo scontro con la magistratura caratterizza la storia del governo di destra italiano fin dai suoi primi passi e si è riprodotto identico negli Stati Uniti dopo l’avvento di Trump.

Dove ciò che colpisce sono lo stupore e l’indignazione dei rispettivi leader e del loro entourage di fronte a sentenze che contrastano i loro progetti e che essi avvertono sinceramente come un inaccettabile sabotaggio.

L’avversione nei confronti della magistratura ha accomunato Trump e Meloni anche a livello internazionale. Il problema di fondo è, stato ancora una volta, il rispetto dei diritti umani, in nome dei quali la Corte Penale Internazionale – davanti all’embargo israeliano che ha privato dei mezzi di sopravvivenza due milioni di palestinesi, per la maggior parte donne e bambini –  nel novembre 2024 ha condannato  il premier israeliano Netanyahu per «crimini contro l’umanità».

Una sentenza che ha provocato da parte di Trump, alleato strettissimo di Netanyahu, sanzioni nei confronti della Corte. E, quando l’ONU e l’Unione Europea hanno protestato ufficialmente per questo attacco a un organo giudiziario istituito per garantire il diritto internazionale, il governo italiano si è rifiutato di unirsi alla protesta, dando così il proprio avallo a presidente americano e, implicitamente, al premier israeliano.

I nemici dell’Occidente

No, i nemici dell’Occidente non sono solo i “progressisti” di cui parla Galli della Loggia. Ancora più pericolosi sono coloro che oggi – sull’onda della deriva che sta portando gli elettori, su entrambe le sponde dell’Atlantico, ad appoggiare politiche miopemente nazionaliste (fino al ritorno di forme di nazismo, in Germania) – pretendono di ridefinire la civiltà occidentale secondo princìpi che sono agli antipodi della sua storia, ispirata, piaccia o no ai “progressisti”, dalla visione cristiana del primato della persona e della fraternità senza confini.

Non sono Donald Trump né Giorgia Meloni (per non parlare di Savini) che possono restituire all’Occidente la sua anima. Meno che meno quella cristiana.

Anche le loro ostentate professioni di cristianesimo – Trump ha istituito per la prima volta un Ufficio della fede, guidato da una telepredicatrice; Meloni continua a proclamarsi cristiana e si detta guidata dai consigli di papa Francesco; Salvini si è presentato ai comizi con vangelo e rosario in mano – hanno avuto solo l’effetto di evidenziare ulteriormente che i loro progetti, misconoscendo la dignità delle persone, non hanno nulla a che vedere con il Dio cristiano, che si è fatto uomo ed è presente in ogni essere umano .

Per rendere di nuovo grande l’Occidente occorre una rivoluzione culturale e spirituale che, sia o no ispirata esplicitamente al vangelo, ne raccolga l’idea che gli uomini e le donne sono sacri e devono essere rispettati quali che siano la loro nazione,  la loro razza, la loro cultura.

È il contrario di ciò che i partiti sovranisti oggi trionfanti affermano quando esaltano l’Occidente. Quanto a noi, anche se non possiamo fermarli, abbiamo il diritto e il dovere di ricordare che quello di cui parlano è solo una tragica caricatura.

5 replies on “Rifare di nuovo grande l’Occidente con Trump e Meloni?”

  • Condivido il tuo pensiero. L’occidente e le sue radici cristiane non sono flatus voci a sostegno di ideologie ma esistono in quanto ciascuno di noi ne è portatore nessuno escluso.

  • Caro Giuseppe, condivido la tua analisi che, come al solito, è precisa e puntuale; fai bene a mettere in guardia dall’attacco all’Occidente che viene fatto proprio dalle destre che se ne vorrebbero fare un trofeo, ma neutralizzandolo nelle sue migliori acquisizioni. Ma non sarebbe utile uscire dalla logica Occidente (contro Oriente), primato dell’Occidente (rispetto a tante altre culture e storie gloriose di altri continenti)? Il modo migliore per rilanciare la portata storico/culturale dell’Occidente forse è anche quella di riconoscere le tante contraddizioni di cui è stato capace (colonialismo, complesso di superiorità, enfatizzazione dei diritti individuali, finanza e scienza abbandonate a loro stesse…)- Un abbraccio

    • Caro Cosimo, è vero che per “grandezza” dell’Occidente si può intendere – e da parte di alcuni si intende – una sua superiorità, in contrapposzione e non in feconda comunicazione con le altre civiltà. Ma avrai notato che nella mia lettura il problema non è del nostro “primato” risptto agli altri (non uso mai, infatti, questo temine), bensì quello diella nostra identità, che è anche la condizione del disalogo con gli altri e una ricchezza per loro. La perdita dell’ “anima” delOcidente è un dramma anche per l’Oriente, a cui ormai possiamo offrire solo la Coca cola e i resort turistici, se è d’accordo, o la guerra commrciale e le bombe, se ci contrasta.E l’Occidente deve certamente anche riconsocere le sue contraddizioni e i suoi limiti. Ma questo si può fare solo se si è riusciti a ritrovarsi. Altrimenti si cercherà di nascondere il proprio vuioto, come l’Occidente attuale sta facendo, alzando muri per difendersi dal nemico che in realtà si porta dentro di sè e che è il proprio stesso vuoto.

  • Caro Giuseppe, il titolo dell’articolo del mio amico Ernesto, tradisce alquanto la realtà esaminata. L’Occidente non ha bisogno di essere fatto o rifatto grande, è infatti grande di per sé avendo, come correttamente sostiene Ernesto, elaborato portati culturali che non sono riscontrabili in nessuna delle culture presenti nel pianeta. Questa sua grandezza è figlia di un processo che, attraverso varie fasi, partendo dalle elaborazioni del mondo classico, fondamentale le speculazioni filosofiche dei greci, passando per la rivoluzione evangelica, arriva alla rivoluzione francese. L’idea d’Occidente, che ripeto, è singolare, sta tutta nella esaltazione della centralità dell’uomo che, prima di identificarsi come persona, è individuo a cui non possono non essere riconosciuti diritti, chiamiamoli naturali. Ricordarsi di questo, sfuggendo all’armamentario di chi liquida la possibilità di esercitare giudizio e pensiero critico con le banali accuse di suprematismo, e Galli della Loggia ce lo ricorda, è fondamentale per avviare qualsiasi discussione, ecco perché non mi pare che facciamo un buon servizio alla chiarezza se lo riduciamo a semplice polemica politica sul pur detestabile Trump o sulla aspirante democristiana, e magari raggiungesse tale obiettivo!, Giorgia Meloni.

    • Caro Pasquale, siamo d’accordo sulla parte positiva della tua riflessione, ma non penso che sia stato un buon contributo all’informazione critica, da parte di Galli della Loggia,ricordare solo il pericolo che viene da coloro che enegano il valore culturale e spirituale dell’idea di Occidente, tacendo sul fatto che oggi a rilanciare questa idea, facendola propria, sono personaggi come Trump e Meloni, che negano esplicitamente con le parole e con i fatti il significato stesso della categoria “Occidente”. All’indomani delle parole di Meloni, riferite da tutti i mezzi di comunicazione e di cui certamnte sarà stato informato, Galli non può fingere che questa pretesa non esista . Anche perchè essa ha una ricaduta molto concreta nella storia reale del nostro paese (per quanto riguarda Meloni) e del mondo intero (per quanto riguarda Trump).

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