L’attacco all’Iran difesa o suicidio della democrazia?

Loading

Foto di Moslem Danesh su Unsplash

Il duplice obiettivo della guerra di Israele

L’attacco di Israele nei confronti dell’Iran è stato considerato da tutti i governi occidentali e dalla grande maggioranza dell’opinione pubblica e della stampa un prezzo necessario per la difesa – non solo dello Stato ebraico, ma delle nostre democrazie – dalla imminente minaccia atomica di un regime autoritario e terrorista.

Da qui reazioni che vanno dai toni più estremi della nostra stampa di destra – «Finalmente! L’Iran delle belve sta per cadere», («Libero»), – a quelli crudamente realistici del cancelliere tedesco Mertz, che ha definito l’operazione militare «il lavoro sporco che Israele fa per tutti noi».

In realtà, fin dall’inizio, all’obiettivo di fermare il programma nucleare dell’Iran Netanyahu ne ha collegato un altro, quello della caduta del governo degli ayatollah e del cambio di regime (regime change), rivolgendo un appello in questo senso al popolo iraniano.

Si spiegano così, oltre il bombardamento dei siti nucleari, la strategia di sistematica decapitazione dei vertici politici e militari di Teheran e le parole minacciose e sprezzanti del ministro della Difesa israeliano Israel Katz nei confronti del presidente iraniano Khamenei: «Avverto il dittatore iraniano: chiunque segua le orme di Saddam Hussein finirà come Saddam Hussein». Un riferimento all’impiccagione del capo dello Stato iracheno, dopo la sua sconfitta nella guerra del Golfo del 2003, che va certo molto al di là dell’obiettivo limitato della pura e semplice neutralizzazione dell’arma atomica, aprendo piuttosto gli scenari di una guerra totale.

Su questa linea, anche il presidente Trump ha rivolto a Teheran la sua richiesta, che non è stata di trattare sul nucleare ma, come ha scritto il capo della Casa Bianca a lettere cubitali sul suo sito, la «Resa incondizionata». E suonano altrettanto violente di quelle di Katz le sue parole riguardo a Khamenei: «Sappiamo esattamente dove si nasconde il cosiddetto “Leader Supremo”» – ha scritto sui social -. «È un bersaglio facile, ma lì è al sicuro. Non lo elimineremo, almeno non per ora. Ma (…) la nostra pazienza sta finendo».

Diversa la posizione dell’Unione Europea che, pur aderendo senza riserve alla guerra di Israele, ha espressamente preso le distanze dal progetto del regime change, sottolineando piuttosto la necessità di una de-escalation che porti di nuovo l’attuale governo iraniano al tavolo dei negoziati con gli USA. «Qualsiasi tentativo di cambiare il regime porterebbe al caos», ha avvertito il presidente francese Macron.

L’Iran agli antipodi delle democrazie occidentali

Non che il regime iraniano sia visto, in Occidente, di buon occhio. Su di esso gravano le fondate accuse di dissidenti interni e osservatori esterni, che da tempo ormai denunziano la sistematica repressione delle libertà civili e politiche, con particolare riferimento alle limitazioni imposte alle donne, sulla base di una applicazione rigida della legge islamica.

Siamo davanti a un fanatismo religioso che mescola senza distinzione le prescrizioni del Corano e le regole della convivenza civile e che sta all’origine stessa dell’assetto attuale dell’Iran, nato da una rivolta, nel 1979, contro il governo laico dello Scià, culminata con l’ascesa al potere dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, di cui l’attuale presidente è il successore.

Siamo lontanissimi dalla distinzione tra Stato e Chiesa a cui, pur senza rispettarla sempre di fatto, si è comunque ispirato, in linea di principio, la civiltà occidentale, alle cui radici spirituali non c’è un fondatore al tempo stesso religioso e politico, guida spirituale e condottiero di eserciti, come Mohamad, ma la figura di quel profeta disarmato che è stato Gesù.

Da qui la difficoltà di reciproca comprensione tra i paesi più fortemente legati alla loro matrice religiosa islamica – in realtà non solo l’Iran, ma anche un fedele alleato dell’Occidente come l’Arabia Saudita – e quelli eredi della tradizione cristiana, peraltro ormai, a sua volta, largamente secolarizzata. Da qui anche la critica a quella che, nella prospettiva occidentale, appare una chiara violazione dei diritti umani.

Si aggiunga a questa divergenza di fondo il fatto che l’Iran è l’ispiratore e il finanziatore di gruppi islamici estremisti come Hezbollah e Hamas e sta dietro atti terroristici contro Israele e contro l’Occidente. A questo titolo rientra nella lista degli “Stati-canaglia” stilato dal governo americano. Quanto basta a spiegare la soddisfazione con cui molti governi hanno accolto l’attacco di Tel Aviv, pur senza aderire, come gli Stati Uniti, all’idea della guerra totale e del regime change.

L’Occidente alle prese con le sue contraddizioni

Eppure, già a questo livello minimale, il conflitto esploso in questi giorni li ha spiazzati e costretti a significative modifiche del loro linguaggio e del loro atteggiamento.

Si pensi al principio, solennemente enunciato e ripetuto ad ogni occasione – prima per la guerra in Ucraina, poi per quella di Gaza – , secondo cui “non possibile mettere sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito”. È stato in forza di questo mantra indiscutibile che l’Occidente ha sostenuto compatto (fino all’avvento di Trump) l’impostazione data da Zelenskij alla guerra con la Russia, escludente a priori ogni negoziato fin quando l’aggressore non si fosse ritirato.

Ed è stato ancora più nettamente questo il principio che ha giustificato il pieno appoggio a Israele, per un anno e mezzo, chiudendo gli occhi sui metodi dell’esercito di Tel Aviv, in nome dello slogan “Israele ha il diritto di difendersi” e della giustificazione “Non sono stati loro a cominciare”.

Ogni tentativo, anche da parte di autorevoli personalità, come il segretario generale dell’ONU, Guterres, di far notare che nella complessità del corso degli eventi il confine tra l’aggressore e l’aggredito non è così netto, e che bisogna tenere conto anche del contesto, ha suscitato fino ad ora reazioni indignate da parte di politici e opinionisti infervorati nella difesa “a priori” dell’aggredito.

L’attacco di Israele all’Iran ha costretto, su questo punto, a cambiare precipitosamente linea. In questo caso, è diventato essenziale, per giustificare l’appoggio a questa aggressione, il richiamo al contesto e guardare a ciò che è accaduto prima del 13 giugno e che ne chiarisce il significato. Solo che, se si adotta questo criterio, bisogna retroattivamente dar ragione a Guterres, quando, nel suo discorso all’ONU del 24 ottobre 2023, dopo aver deprecato la ferocia del massacro del 7 ottobre, aveva fatto presente che «gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione».

E avrebbe anche potuto ricordare il dramma della Nakba, l’espulsione di almeno 300.000 palestinesi (secondo la stima moderata dello storico ebreo israeliano Ben Morris) dalle loro terre. Ma già è bastato questo accenno al contesto per far infuriare il rappresentante israeliano e indignare gli opinionisti di tutto l’Occidente («Un’enormità», aveva definito le sue parole il nostro Paolo Mieli). E il 7 ottobre è diventato l’inizio di tutto, mentre il 13 giugno va considerato “nel suo contesto”.
Anche la condanna unanime e indiscussa del terrorismo, come azione violenta contro singoli, anche civili, senza alcuna legittimazione giuridica, entra in crisi.

Nell’attacco all’Iran il Mossad ha ucciso, oltre a capi militari e politici, anche 14 scienziati – fisici e ingegneri – con attentati che li hanno fatti saltare in aria insieme alle loro famiglie. Cosa penseremmo se dei servizi segreti stranieri facesse questo nei confronti degli scienziati – ma anche dei politici e dei capi militari – responsabili solo di lavorare al servizio del nostro paese? Uccidendo anche le loro mogli e i loro figli innocenti? Probabilmente è anche a questo che si riferisce il cancelliere tedesco quando parla di un «lavoro sporco che Israele fa per tutti noi». Ma saremo ancora noi stessi avallando il terrorismo che giustamente condanniamo quando ne sono responsabili gli altri?

Ma c’era davvero la minaccia?

Il fatto è – si è risposto finora – che la minaccia atomica iraniana è un pericolo così grave, per Israele e per tutti, da giustificare anche questi compromessi. Ma esiste davvero questa minaccia? La domanda potrebbe sembrare provocatoria, se non fosse posta, in questi giorni, dal «New York Times» e dalla CNN, che, a proposito della possibile entrata in guerra degli Stati Uniti, hanno evocato lo spettro della guerra del Golfo del 2003, scatenata da George Bush jr sulla base di false prove che l’Iraq disponeva di «armi di distruzione di massa».

Richiamando quella bufala, i giornalisti americani riferiscono che nel mese di marzo la direttrice dell’Intelligence nazionale nominata dallo stesso Trump, Tulsi Gabbard, ha testimoniato davanti al Congresso che, secondo la comunità di intelligence statunitense, l’Iran non sta affatto costruendo un’arma nucleare.

Gabbard ha a questo proposito sottolineato che, secondo le informazioni raccolte dagli 007 americani, «la Guida Suprema Khamenei non ha autorizzato la ripresa di un programma di armi nucleari, sospeso nel 2003».

Da parte sua, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che aveva pubblicato il 12 giugno un rapporto nel quale dichiarava che l’Iran «ha violato i propri obblighi di fornire all’AIEA una cooperazione completa e tempestiva in merito al materiale nucleare non dichiarato e alle attività in più siti non dichiarati in Iran», ha precisato ora, per bocca del suo direttore Rafael Grossi, che questo non implicava un riferimento alla costruzione di una bomba: «Non avevamo alcuna prova di uno sforzo sistematico (dell’Iran) per arrivare a dotarsi di un’arma nucleare».

Chiamati a una scelta

E allora? In base a che cosa tutto questo sta accadendo, con i suoi immensi costi umani, morali, politici, economici? La risposta è semplice: in base alla parola di Netanyahu, il solo rimasto a garantire che l’Iran è sul punto di dotarsi di un’arma nucleare.

Solo che, se si crede a Netanyahu, in questi diciotto mesi l’esercito israeliano ha rigorosamente rispettato i diritti umani dei palestinesi, sia a Gaza che in Cisgiordania, e le denunzie rivolte non solo dalla Corte Penale Internazionale, ma ormai anche da governi che pure sono alleati di Israele, sono il frutto di una indegna “crociata antisemita”.

È difficile, a questo punto, scacciare il sospetto che l’improvviso attacco di Israele all’Iran, più che alla minaccia nucleare, sia stato deciso per stornare l’attenzione internazionale dalle violenze quotidiane sempre più gratuite e inaccettabili contro l’innocente popolazione palestinese, ricompattando in difesa dello Stato ebraico i governi che, come quello inglese, stavano ormai cominciando a varare sanzioni nei confronti dei ministri ultra-ortodossi di Tel Aviv.

Disegno, peraltro, coronato da successo, se è vero che i massacri a Gaza sono sempre più sanguinosi, ma l’opinione pubblica mondiale è polarizzata sulle «belve iraniane».

Quali che siano le colpe del regime di Teheran, in questo momento in gioco sono le nostre democrazie che le hanno sempre giustamente denunziate. Siamo noi, l’opinione pubblica e i governi occidentali, a dover decidere se seguire Israele in questa corsa verso il suicidio della democrazia – sempre più sganciata dai valori di verità e di giustizia che la rendono tale – , oppure avere il coraggio di prenderne le distanze e dire, con forza, il nostro «basta!».

6 replies on “L’attacco all’Iran difesa o suicidio della democrazia?”

  • E’ notizia di oggi l’arresto di diciotto ragazze in Iran operato dalle guardie della moralità (si fa per dire) che non indossavano correttamente lo hijab (il velo islamico). Questa è l’ultima delle tante vessazioni che un regime criminale, la Repubblica islamica dell’Iran, che da 46 anni affligge il popolo iraniano, un popolo colto e di grande storia. Un regime che non dico da cristiano, ma da occidentale geloso della storia della nostra civiltà, mi augurerei che crollasse dall’oggi al domani. Non sottovalutiamo il fatto che, in una Costituzione, si possa scrivere che finalità dello Stato sia la distruzione dell’entità ebraica, né sottovalutiamo che il regime sciita sia promotore e finanziatore di Hamas, degli Hezbollah, degli Houthi e del peggio dell’islamismo. Ne dimentichiamo che il regime della Repubblica islamica finanzia e promuove il terrorismo internazionale. Consentimi di dirti che mi fa specie affibbiare la qualifica di “presidente” al criminale Khamenei quando il presidente di quella speciale “democrazia” è tale Masoud Pezeshkian, che conta meno di niente, come mi lasciano perplesso le preoccupazioni per le sorti di questa “Guida suprema”, è mia opinione, assolutamente privo di qualsiasi umanità. Infine, la guerra è sempre un male e, senza arrivare all’iperbole di Agostino e della guerra giusta, la storia ci insegna che può essere anche opportuna

  • “E’ notizia di oggi l’arresto di diciotto ragazze in Iran operato dalle guardie della moralità (si fa per dire) che non indossavano correttamente lo hijab (il velo islamico). Questa è l’ultima delle tante vessazioni di un regime criminale, la Repubblica islamica dell’Iran, che da 46 anni affligge il popolo iraniano, un popolo colto e di grande storia. Non capisco la preoccupazione per il suo possibile crollo, a seguito dell’azione militare israeliana. Un regime che non dico da cristiano, ma da occidentale geloso della storia della nostra civiltà, mi augurerei invece che crollasse dall’oggi al domani. Non sottovalutiamo il fatto che, in una Costituzione, si possa scrivere che finalità dello Stato sia la distruzione dell’entità ebraica, né sottovalutiamo che il regime sciita sia promotore e finanziatore di Hamas, degli Hezbollah, degli Houthi e del peggio dell’islamismo. Ne dimentichiamo che il regime della Repubblica islamica finanzia e promuove il terrorismo internazionale. Consentimi di dirti che mi fa specie affibbiare la qualifica di “presidente” al criminale Khamenei quando il presidente di quella speciale “democrazia” è tale Masoud Pezeshkian, che conta meno di niente, come mi lasciano perplesso le preoccupazioni per le sorti di questa “Guida suprema”, è mia opinione, assolutamente privo di qualsiasi umanità. Infine, la guerra è sempre un male e, senza arrivare all’iperbole di Agostino e della guerra giusta, la storia ci insegna che può essere anche opportuna”

    • Caro Pasquale, nel mio chiaroscuro, parlando dell’Iran, riporto «le fondate accuse di dissidenti interni e osservatori esterni, che da tempo ormai denunziano la sistematica repressione delle libertà civili e politiche, con particolare riferimento alle limitazioni imposte alle donne, sulla base di una applicazione rigida della legge islamica».
      E aggiungo: «Siamo davanti a un fanatismo religioso che mescola senza distinzione le prescrizioni del Corano e le regole della convivenza civile». Non credo che la tua denuncia di singoli episodi angiunga nulla a questo quadro critico. Quanto alle preoccupazioni per la caduta del regime, non sono mie, ma dell’Unione Europea, Italia compresa, che, a torto o a ragione, ha preso espessamente le distanze dal “regime change”. Su una cosa la tua critica è centrata: il titolo di “presidente” che attribuisco a Khamenei è improprio, perchè lui si fa chiamare “Guida Suporema”. Detto ciò,, nel tuo intervento non dici una parola su quella che invece è la tesi centrale del mio articolo, e cioè che siamo davanti a reazioni, da parte di Israele, che – prtroppo con l’eslicita complicità dell’Occidente (il “lavoro sporco” approvato da Mertz) – delegittimano la democrazia, perchè la mettono sullo stesso piano del terrorismo che vuole combattere (rendendo così priva di senso la lotta). Io ho espresso chiaramente la mia condanna del reginme iraniano e del suo trrorismo. Tu sei dispoosto a essere altrettanto chiaro condannando a tua volta quello di Israele a Gaza e in Cisgiordania (dove il il livello di violenza contreo i civili innocenti, per riconsocimento universale, arriva a livelli che hanno fatto parlare molti di “genocidio”) e nei suoi metodi di guerra contro l’Iran? La tua giusta indignazione per le donne iraniane represse include anche quella per le circa venimila palestinesi massacrate, affamate, private di medicinali (con i loro figli) da Israele? Per le mogli e i figli uccisi insieme agli scienziati iraniani?

  • Carissimo prof.
    Ottima disamina su tutto ma con qualche ignoranza storica che mi permetto di correggere. Lei parla del dramma della Nakba come se Lei stesso fosse un palestinese che si tramanda di generazione in generazione la chiave della casa dei territori che furono assegnati dall’Onu allo stato d’Israele. Mentre – e ciò mi fa meraviglia – non è capace di mettersi anche dalla parte del nascente Stato d’Israele dopo lo sterminio di 6 milioni di ebrei.
    Dopo la II guerra mondiale la leadership ebraica accettò la proposta dell’ONU, e il 14 maggio 1948 David Ben Gurion, il presidente dell’Organizzazione sionista mondiale che poi sarebbe diventato il primo primo ministro israeliano, dichiarò la fondazione dello stato di Israele. Entrambe le grandi potenze del tempo, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, riconobbero il nuovo stato. I palestinesi invece rifiutarono la risoluzione e il piano di partizione dell’ONU. Ampie parti della società non accettavano l’idea che quello che fino a un secolo prima era stato territorio quasi interamente abitato da popolazioni arabe dovesse accogliere lo stato di Israele….Quindi lo Stato di Israele fu voluto e accettato dall’ONU ma non dai palestinesi !!
    Nei giorni successivi alla dichiarazione di indipendenza israeliana una coalizione di stati arabi solidali con la causa palestinese – l’Egitto, l’Iraq, la Giordania (che allora si chiamava Transgiordania) e la Siria – attaccarono lo stato di Israele appena nato da tutti i fronti. Diversi leader politici e militari di questi paesi ritenevano che sarebbe stato piuttosto semplice sconfiggere le forze militari di un nascente Stato ancora in formazione. Ma non fu così e subirono una grave sconfitta. Quindi anche qui la Nakba fu la conseguenza di una guerra scatenata da alcuni paesi arabi in chiave antisionista.
    Chi è l’aggressore allora ?
    Le ricordo poi che durante la II guerra mondiale molti soldati arabi e mussulmani furono reclutati e alleati col nazismo in chiave antisionista.
    A partire dal luglio del 1941, la Germania intraprese il reclutamento e l’addestramento di speciali unità formate da elementi musulmani asiatici, mediorientali, caucasici e nordafricani che avevano aderito alla causa nazista in funzione anti inglese, anti francese, anti sovietica e anti sionista. ( dal libro di storia di Alberto Rosselli ).
    I tecnici russi oggi lavorano nelle centrali atomiche iraniane. Pertanto Putin potrebbe già avere fornito l’atomica all’Iran. Certamente non ci chiederebbe il permesso. Cerchiamo allora di avere uno sguardo più ampio . In questa guerra Israele – Gaza c’entra anche l’Ucraina e Taiwan e le risorse delle terre africane e il BRICS e la criminalità mafiosa internazionale che offre i suoi immensi capitali ai nuovi potenti gerarchi di turno. Anch’io dico BASTA ! Ma lo dico per tutte le guerre in quanto collegate tra di loro. Basta alle inutili stragi dove stiamo perdendo tutti !! Dove la democrazia si va spegnendo in tutto il mondo ma assente in modo totale e irreversibile nei paesi autarchici e teocratici alleatisi oggi tra di loro.
    Cordialità

  • Indubbiamente la storia del medio oriente è caratterizzato da una cultura in cui il rispetto della persona umana è estremamente fragile, se non assente. Lo stato di Israele nell’attacco contro la striscia di Gaza, sta dimostrando di non aver capito la lezione dello Shoah, dimostrando che la persona umana ha un valore futile, tanto da giustificare il far morire di fame una popolazione inerme ,di bambini , anziani, donne, sparandogli sopra mentre vanno a racimolare del cibo. La conseguenza di questi gesti brutali sarà un odio che si protrarrà per secoli.Israele ha attaccato l’Iran , non considerando che può spingere il mondo verso una terza guerra mondiale conclamata. Non sono affatto filo iraniano. Di questo regime sono estremamente critico. Credo che la cosa più importante l’unica via di uscita, e’ una cosa rivoluzionaria : realizzare la via della pace. Buona serata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *